Tolmezzo: l’80 per cento del legno friulano finisce in Austria

di Maura Delle Case.

La filiera regionale del legno vive una vera e propria emergenza. Non c’è più, non solo, l’urgenza di aumentare il prelievo di materia prima, che oggi langue raggiungendo a malapena un quinto della quota di accrescimento legnoso annuo. Pari a meno di 200 mila metri cubi su un milione. Più grave e urgente è il grido d’allarme che arriva da segherie e boscaioli, relativo alla sempre più ingombrante presenza dei competitor austriaci, che portano il legno friulano oltre confine dove lo lavorano per poi rivenderlo, non di rado, a imprese del Friuli Venezia Giulia. La delegazione di Confindustria di Tolmezzo stima che oggi circa l’80% del legno prelevato in regione sia riconducibile a ditte austriache. Ma se per loro – tiene a precisare il capo delegazione Vittorio Di Marco – si tratta di una quota risibile rispetto alla mole di legno lavorato ogni anno (16 milioni di metri cubi), per il Friuli Venezia Giulia è la quasi totalità del legno prelevato nell’arco dei 12 mesi. Le imprese della nostra regione impegnate nel settore rischiano così di scomparire schiacciate da una concorrenza sempre più aggressiva. Perché troppo piccole. Perché molto meno competitive per tante ragioni che passano, tra l’altro, dal maggior costo del carburante. Ma a dir loro, anche per la scorrettezza delle imprese austriache. «Spesso – denuncia l’Aibo, associazione che rappresenta una quarantina di aziende boschive del Friuli Venezia Giulia – sono sprezzanti delle regole locali. Molti proprietari sono entusiasti per gli alti prezzi pagati per le piante in piedi (il prezzo al tondo è di circa 100 euro), ma siamo poi sicuri – continuano i boscaioli – che tutto il legname acquistato venga misurato? Il continuo andirivieni di autotreni ad ogni ora del giorno e della notte crea qualche legittimo dubbio». L’Aibo segnala diversi casi “anomali”, con intermediari locali che acquisiscono lavori per conto di ditte austriache, nella val Venzonassa così come a Resiutta e Canebola. Per frenare tale deriva, l’appello che arriva dai boscaioli è a far crescere le ditte regionali in un contesto di filiera: «Anche quest’attività altrimenti non sarà fonte di reddito per l’economia regionale e montana», ammonisce il presidente dell’associazione Mirco Cigliani. Che fare? Confindustria sta lavorando a una sua ricetta. «Dobbiamo creare un circuito regionale basandoci sulla sostenibilità ambientale – afferma il capo delegazione Di Marco –. Abbiamo un sistema di trattamento del legno fatto in ambienti più piccoli, in cui si sfrutta meglio la resa tra legno e tavola, arrivando anche al 70% quando in Austria i grandi impianti si fermano a meno della metà». «Certo, loro hanno indubbi vantaggi, penso al sistema di leggi che gli permette ad esempio di avere altri impeghi, come pannelli e pellet, per far fronte alla perdita di lavorazione, ma in Friuli Venezia Giulia, complice la sostenibilità, ci sono tutte le condizioni per dar corpo alla filiera corta», continua il numero uno di Confindustria Tolmezzo, alla guida della delegazione carnica dallo scorso giugno quando ha ricevuto il testimone dalle mani di Federico Gollino. C’è però un ma. La filiera si può fare, si deve fare, ma condizione necessaria è per Di Marco che si superino le divisioni esistenti. «Non ci devono essere più boscaioli e segherie – afferma – dobbiamo essere un’unica cosa». Anche per chiedere alla Regione che accompagni la montagna in questo processo con norme ad hoc, capaci di favorire, a esempio, nell’ambito degli appalti pubblici non solo le offerte economicamente più vantaggiose «ma di riconoscere un peso importante alla filiera corta, come già è stato fatto in altre regioni», propone Di Marco che annuncia a breve la presentazione di una sintetica proposta alla Presidente della Regione, Debora Serracchiani. «L’ho incontrata nei giorni scorsi a Enemonzo, a un convegno, e mi ha detto “portatemi un progetto sintetico, articolato in pochi punti, e ne discutiamo”. Al progetto stiamo lavorando, abbiamo le idee chiare – conclude Di Marco – e contiamo di presentarlo alla governatrice al massimo entro 4 settimane».