Tolmezzo: rimane incinta dopo sterilizzazione, Ass 3 condannata a mantenere il bambino

Azienda per i Servizi Sanitari n 3 - Alto Friuli | Regione Friuli Venezia Giulia
di Guido Surza

Dopo il quinto figlio si fece sterilizzare, ma poi rimase incinta. Ora l’Ass 3 Alto Friuli è stata condannata a risarcire 150 mila euro per il mantenimento del sesto bambino della coppia fino al compimento del suo 23º anno di età. Una causa civile, quella decisa dal presidente del tribunale del capoluogo carnico, il giudice Antonio Cumin, durata poco più di due anni e che ha riconosciuto come la legatura delle tube di Falloppio non fu eseguita a regola d’arte. Il giudice ha stabilito 260 euro al mese per il mantenimento del bambino, ritenendo di fissare i 23 anni di età come momento della sua possibile autonomia economica. Trentamila euro sono anche stati stabiliti per i genitori, a titolo di danno non patrimoniale per violazione del diritto costituzionale alla autodeterminazione della persona. Nel totale ci sono anche diecimila euro per l’invalidità temporanea della donna. Punto fondamentale è stata la valutazione del cosiddetto consenso informato firmato dalla donna prima dell’intervento. Il tribunale – in sintesi – ha stabilito che il consenso assume valore soltanto in presenza di un intervento chirurgico eseguito a perfetta regola d’arte. Avuto il quinto figlio una decina d’anni fa, una signora friulana, d’accordo con il marito, decise di farsi sterilizzare. Eseguito l’intervento subito dopo il parto all’ospedale di Tolmezzo, poco dopo la donna rimase incinta di nuovo. I medici le eseguirono la sterilizzazione attraverso la legatura delle tube di Falloppio. Al sesto parto, che la donna decise di effettuare all’ospedale di San Daniele, i medici si accorsero che una delle due tube non era legata. La causa è stata seguita dall’avvocato Paolo Persello per stendere l’atto di citazione contro l’Azienda per i servizi sanitari numero 3 Alto Friuli e dall’avvocato Maurizio Miculan per la comparsa di costituzione dell’Ass. La causa è stata la conseguenza logica al fatto che il Centro servizi condivisi dell’Ass 3 respinse la prima richiesta di risarcimento danni avanzata dalla coppia friulana, ritenendola non accoglibile. La causa contro l’ospedale è un’azione di accertamento d’inadempimento contrattuale, oltre che di risarcimento dei danni. In questo caso, il fatto che una tuba sia risultata mal legata o comunque non sezionata era da ritenersi un inadempimento della prestazione dedotta nell’obbligazione e come tale direttamente da imputare all’Ass. Nella causa, c’era un ampio spettro di situazioni che la coppia individuva chiedendo il risarcimento del danno. A iniziare dal costo di mantenimento del sesto figlio – che entrambi poi fortemente vollero, non interrompendo la gravidanza –, per proseguire con il danno biologico da invalidità temporanea conseguente al parto cesareo (il sesto), da quella permanente perché il sesto parto acuì alcune patologie di cui la donna soffriva. Tecnicamente – ha spiegato il consulente professor Fortuni – il chirurgo si era limitato a sezionare la tuba dopo averla legata; cioè risulta sia sia limitato a interrompere la continuità dellla tuba senza però asportare un tratto sufficientemente ampio


Una risposta a “Tolmezzo: rimane incinta dopo sterilizzazione, Ass 3 condannata a mantenere il bambino”

  1. aggiornamento del 14/09/2011

    Era stato proprio un medico dell’ospedale carnico a consigliare alla donna la sterilizzazione. Ma siccome «non si operò con la dovuta diligenza e prudenza», la signora rimase nuovamente incinta. Un paradosso che ora vedrà l’Ass 3 Alto Friuli costretta a “mantenere” il sesto figlio della coppia fino al compimento del 23º anno di età. In totale, circa 150 mila euro. Continua a far discutere la sentenza del tribunale carnico sulla “sterilizzazione sbagliata”. Se da parte dell’Ass e del suo avvocato non arriva alcun commento, anche l’avvocato Paolo Persello, che ha seguito la coppia nella causa, si limita a dire poche cose. «La cliente è una persona riservata, con lei e il marito ci sono stati soltanto i contatti formali per sbrigare le pratiche legali. Posso dire che i motivi che hanno spinto la signora sono stati soprattutto di carattere morale, perché si è trovata in una situazione ingiusta in seguito all’intervento non riuscito. Certamente cercava anche un aiuto economico – conclude l’avvocato –, ma non è stato quello il motivo più importante». Come detto, l’Azienda per i servizi sanitari non ha inteso commentare. Il direttore generale Beppino Colle, attraverso una segretaria, ha fatto sapere che ogni eventuale sua dichiarazione avverrà soltanto dopo la lettura della sentenza. Al di là delle valutazioni tecnico-scientifiche che hanno convinto il giudice a condannare l’ospedale, la sentenza cita la cosiddetta giurisprudenza di merito che afferma come, «in un rapporto professionale di tipo medico avente per oggetto un intervento di sterilizzazione, l’evento procreativo non desiderato costituisca di per sè prova del mancato raggiungimento del risultato voluto».

I commenti sono chiusi.