Tolmezzo: “Umanisti a Tolmezzo” l’opera definitiva, disponobile alla “Corte del libro” e da “Molinari”

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Immagine di copertina:  Madonna col Bambino, particolare dell’affresco di Anonimo della facciata del portico, seconda metà del sec. XV, chiesa di San Giacomo, Forni di Sopra (Ud)

Umanisti a Tolmezzo nel 1500” è il titolo dell’opera definitiva che Ermes Dorigo, intellettuale di punta della Carnia, pubblica in questi giorni per Andrea Moro Editore (460 pagine), pubblicazione consentita da: Camera di Commercio di Udine, Comunità Montana della Carnia, Città di Tolmezzo. Frutto di un lavoro di tre anni la vera finalità di fondo è ridestare l’interesse sempre più sbiadito per la classicità e i suoi valori perenni del Bene, Bello, Vero, come ben chiarisce l’Autore:

«Per ogni opera del genere qui presentato viene fornito un percorso di lettura, che rassicuri e non disorienti il lettore, tanto più per un libro come questo, che si colloca in un settore e in un contesto preciso, apparentemente specialistico, ma in realtà, con le mie traduzioni e note ai testi latini, alla portata di qualsiasi lettore medio, anche non conoscitore della lingua classica. Perché, in effetti, la vera finalità di fondo é quella di ridestare l’interesse sempre più sbiadito (come l’affresco di copertina, scelto appunto con questo intento) per la classicità, che ci permetta di evidenziare i disvalori attuali: per cui esso assume anche una connotazione d’impegno, oltre che culturale, civile attraverso il recupero della propria memoria storica, per far uscire una comunità dall’isolamento e dai complessi di inferiorità, motivata anche dal fatto che è tenuta in una condizione di lateralità, per cui sembra, anche sulla stampa, che la “CULTURA” finisca sulla  linea collinare: questo libro rompe la consolidata  stereotipata geografia culturale e accanto alla esaltata Scuola umanistica di San Daniele colloca con forza e determinazione la Scuola umanistica Tolmezzina, e fa di Tolmezzo uno dei poli culturali più importanti della regione (si pensi che l’unico Canzoniere petrarchesco nel Friuli Venezia Giulia è stato scritto a Tolmezzo: per la stampa in genere la Carnia culturalmente è solo una ‘pecora nera’ nonostante gli Spinotti, L. Zanier, G. Ferigo, lo scrivente…

Sulla letteratura quattro-cinquecentesca a Tolmezzo sono stati fatti studi approfonditi su Girolamo Biancone (Pellegrini), il maggior poeta in lingua friulana del secolo; su Fabio Quintiliano Ermacora (Tremoli) per il suo monumentale De antiquitatibus Carneae (Gli antichi avvenimenti della Carnia) – qui é riportato un lungo brano relativo ad una contesa tra Cadorini e Tolmezzini -; e l’edizione critica (Dorigo) di un Canzoniere petrarchesco del XVI secolo di Anonimo da Tulmegio. Nel libro si raccolgono tutti i rappresentanti di questa cultura; naturalmente anche quelli che per inquietudine o prestigio o concrete possibilità di lavoro vissero a lungo o si trasferirono in altre città, particolarmente significativi e famosi al di fuori dell’ambito locale come Raffaele Cillenio – Venezia, Vicenza -; quelli che, come egli scrive, non rimasero «chiusi, senza infamia e senza lode, solamente nella paterna e avita contrada, litigandovi al modo di galli domestici, né mai manifestarono l’intenzione di uscirne qualche volta, e in genere amano solo i campi, i monti, i fiumi e i boschi della terra natia»; come il medico Giuseppe Daciano, a Udine, e il giurista Francesco Janis, a Udine e Venezia.

Una scorsa all’indice ci dà l’idea della ricchezza e qualità di questo libro:

JACOPO VALVASONE DI MANIACO , Descrittione de la Cargna, 1565; ANONIMO DA TULMEGIO, Biobibliografia, Canzoniere petrarchesco del xvi secolo; ROCCO BONI, Biobibliografia, Austriados, libri quattuor, 1559 (traduzioni e note); ANTEO CILLENIO, Biobibliografia, De peste Italiam vexante, 1577 (traduzione e note); NICOLÒ CILLENIO senior, Biobibliografia, Psyches – Rapsodiae duae, post 1577 (traduzioni e note), Breve introduzione alla favola di Amore e Psiche, Sulla”Virtù”; NICOLÒ CILLENIO junior, Biobibliografia, Carmina (traduzione); RAFFAELE CILLENIO, Biobibliografia, Uincentio Longo ,Orationes decem, Oratio ad cives foroiulenses,Oratio ad cives utinenses habita pridie Nonas Decembris 1594 ,Carmina (traduzioni e note); GIUSEPPE DACIANO, Biobibliografia, Trattato della peste e delle petecchie,1576, Peste e letteratura nei secoli di nicola corbelli; FABIO QUINTILIANO ERMACORA, Biobibliografia, De antiquitatibus Carneae, post 1584 (traduzione); FRANCESCO JANIS, Biobibliografia, Viaggio in Spagna del 1519-1520.

Siccome Venezia tiene lontana la nobiltà e l’alta borghesia dal potere “il latino – scrive Tremoli – é sì simbolo di distinzione, ma diviene anche strumento difensivo, utile e necessario per trattare alla pari con i nuovi padroni. Anche per questa ragione si spiegano le cure speciali dedicate all’eccellenza delle scuole – a Tolmezzo fu molto curata la scuola di grammatica e retorica – e la considerazione di cui vien fatto oggetto chi conosce il latino”. Certamente rispetto ai grandi umanisti toscani, i tolmezzini sono dei ‘minori’, anche se quell’umanesimo civile latino, soprattutto fiorentino, comincia a declinare verso la metà del 1400 a favore del volgare, che nel corso del Cinquecento si impone definitivamente con i capolavori dell’Ariosto, di Machiavelli, del Tasso; continua però un filone di letteratura nelle lingue Latina e Greca, tanto é vero che in un testo addirittura del 1596 si pone in premessa una lettera del 1511 circa di Andrea Navagerio al pontifex maximus Leone X Medici, protettore degli umanisti, per giustificare e difendere la loro produzione letteraria nelle due lingue classiche e per tutelarsi dagli inquisitori domenicani della Controriforma, che li consideravano paganeggianti. Inoltre, come scrive ancora Tremoli, “hanno la loro importanza perché rappresentano, quale che sia stata, la cultura della loro terra, e perché ci tramandano con la loro opera una preziosa serie di testimonianze su quella che fu la condizione sociale del loro tempo”. Basti leggere di Anteo Cillenio il suo poemetto De peste Italiam vexante (La peste che devasta l’Italia) del 1577, che ci dà in chiave controriformistica un quadro apocalittico del passaggio dalla società feudale a quella borghese, caratterizzato dalla crisi della famiglia e del matrimonio; dall’adulterio; dalla lotta di tutti contro tutti; dalla smania del denaro; dalla pratica dell’usura: una società rissosa e violenta, insomma».

 

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