Tolmezzo: un capolavoro artistico di Mikhahil Aleksandrovich Vrubel al Museo Carnico delle Arti e Tradizioni popolari

La valchiria di Vrubel

di Ermes Dorigo.

Nel Museo Carnico delle Arti e Tradizioni popolari di Tolmezzo è possibile ammirare un capolavoro dell’arte russa, La valchiria di Mikhahil Aleksandrovich Vrubel (o, in tedesco, Wrubel), il cui genio, in bilico tra follia e misticismo, lasciò un segno profondo nella pittura europea del primo Novecento. Un olio su tela inserito in una larga e ricca cornice dorata, donato al museo da Bianca Marini Solari (probabilmente acquistato dal marito Fermo in seguito a un suo viaggio di lavoro in URSS, per allargare il mercato della sua famosissima fabbrica di orologi di rilevanza mondiale) assieme a una monografia sull’artista, scritta da Stepan Yaremich nel 1911.

StepanYaremich

Credo sia l’unica sua opera esistente in Italia:  nel Museo Russo di San Pietroburgo c’è un quadro simile (la figura leva una spada) rinominato Serafino con le ali del 1904. L’opera è senza dubbio autentica, in quanto  

Serafino..._San Pietroburgo

il Ritratto del figlio del 1902 si trova una firma identica a quella della Valchiria. Per quanto riguarda la datazione, mancante, si ritiene sia stata eseguita nel 1903/4, vista la straordinaria somiglianza appunto col Serafino (del quale forse rappresenta una ridotta fase preparatoria, vuoi nell’impostazione da busto (neo)classico della figura, vuoi nel cromatismo con predominanza del violetto, vuoi nella pennellata tormentata). Gli studi e l’interesse per Vrubel si sono intensificati nel secolo scorso dagli Anni ’60 in poi fino a culminare in un congresso mondiale, Vrubel and Klimt, Moscow and Vienna. New perspectives on Russian and Soviet artistic culture. In effetti Vrubel è una figurachiave, in quanto nella sue opere si fondono, tragicamente, tradizione e sensibilità moderna, segnando il passaggio dall’antico al moderno e aprendo la strada alle successive sperimentazioni delle avanguardie sovietiche: in pratica, dalle Icone al Suprematismo di Malevic e al Costruttivismo di Tatlin.

Autoritratto_Vrubel

Nato a Omsk nel 1856, viene avviato agli studi di storia, arte, teatro, musica e letteratura nelle lingue latina, francese e tedesca e dal 1864 frequenta le lezioni di pittura presso la Società per la Diffusione delle Arti. Dal 1874 al 1879. studia legge e si laurea all’Università di San Pietroburgo; qui comincia a dipingere e a leggere i filosofi tedeschi Kant e Schopenhauer e, con grande entusiasmo, le teorie di Nietzsche. Dal 1880 al 1884 sempre in questa città frequenta l’Accademia d’Arte sotto la guida di P. Chistyakov, che ha un ruolo fondamentale nel suo sviluppo artistico, facendogli apprendere l’importanza primaria del disegno, della forma attraverso il colore, e l’ammirazione per la monumentalità e l’arte classica. Tra il 1891 e nel 1892 è a Roma, Milano, Parigi (nel 1884/85 aveva soggiornato a Venezia, donde aveva maturato l’amore per l’arte bizantina e per la pittura veneta). Dal 1896 cominciano gli anni più fecondi, ma anche più tragici della sua vita. A Mosca, dove la cultura è dominata dal movimento Mondo dell’arte e successivamente dalla generazione dei simbolisti della Rosa azzurra, centri generatori delle successive avanguardie, subisce gli influssi dei movimenti artistici contemporanei (le sue opere moscovite, per la maggior parte, vengono ascritte al simbolismo). Nella crisi di identità provocata dall’irruzione nella psiche, già minata da gravi turbe, della modernità (non è casuale che nel 1904/6 esegua il suo teso e realistico Autoritratto) dagli Angeli di Kiev passa a rappresentazioni demoniache, che divengono quasi ossessive; sono una dozzina i quadri con questo soggetto e culminano nel tragico e tormentato The Demon Downcast o Fallen, ispirato al poema di Lermontov, Il demone, «un ribelle, non disposto ad accettare la banalità del  reale, tragicamente isolato».

La morte nel 1903 dei figlio aggrava depressione e pessimismo e la sua malattia mentale, che nel 1905 entra in una fase senza ritorno, per cui viene internato in un manicomio di San Pietroburgo, dove muore di polmonite nel 1910. L’affetto che i russi provano ancor oggi nei confronti di Vrubel è confermato dal fatto che gli è stato dedicato pochi anni fa   – 2006 – addirittura un francobollo con un suo autoritratto.

Frncobollo_Vrubel

Vrubel rimane senz’altro il gioiello del Museo, però altre donazioni gli fanno da degna corona: quadri che costituiscono una vera e propria pinacoteca. Cito alcuni artisti e relative opere:Giovanni Pellis, Casa di Forni di Sopra; Arturo Cussigh, Uomo che macella un maiale, (un suo quadro, Ronda di rastrellamento del 1942, fu esposto alla XXIII  Biennale d’Arte di Venezia); Albino Candoni, I lottatori, bronzo; Marco Davanzo, Prato con alberi e casolare; il morandiano Giobatta Foschiatti, Fiori appassiti; Pietro Fragiacomo, Notturno (nel 1880 partecipò all’Esposizione nazionale di Torino e nel 1887 a Venezia all’Esposizione nazionale artistica di belle arti); Gianni Quaglio, Ritratto di Anna Marchi Quaglio; Carlo Cuccioli, Ragazza con orecchini,  direttore della Scuola Vaticana del Mosaico; Leonardo Cominotto con uno splendido Ritratto di Enrico Fruch (si dedicò prevalentemente ai ritratti, ed eseguì quello della Principessa Elena di Grecia, moglie del Re Carol II di Romania); e si potrebbe continuare. In conclusione mi pare che sarebbe opportuno allestire una Sala apposita per questi capolavori; in tale maniera il Museo coniugherebbe tradizione e modernità, oltre che suscitare interesse e motivo di attrazione soprattutto col capolavoro di Vrubel.