Udine: Carlo Faleschini lascia Confartigianato dopo 12 anni di presidenza

di Federica Barella

Lascia la presidenza dell’associazione di categoria più importante in provincia di Udine in un momento difficilissimo, in cui la crisi, come sottolinea lui stesso, rischia di diventare «da una crisi di tasca anche una crisi di testa». E con la preoccupazione di cosa ne sarà delle piccole aziende friulane dopo la crisi. Carlo Faleschini a gennaio lascerà la guida di Confartigianato Udine, dopo 12 anni di presidenza. Anni durante i quali il numero di iscritti, a quota circa 8.000, è rimasto sostanzialmente invariato, con una leggerissima ripresa (pari a un +0,5%) negli ultimi due anni. Presidente Faleschini, l’arcivescovo di Udine ha detto che la crisi è colpa soprattutto di una certa generazione e che i giovani ne stanno pagando le conseguenze. Le sembra una considerazione condivisibile? «Sono d’accordo con monsignor Mazzocato. Per i giovani facciamo poco. Hanno bisogno di esempi. Di buoni esempi. Invece noi sappiamo riempirli o di divieti e critiche, oppure di contagiarli solo con atteggiamenti sbagliati. Basta guardare la politica, soprattutto quella nazionale. Invece di unirsi e separare le posizioni politiche, a lungo hanno litigato su tutto. Il modello doveva essere invece quello che è stato fatto in Friuli all’epoca del sisma. Siamo infatti in una situazione di totale emergenza». Ma alcune decisioni della manovra Monti sembrano essere prese soprattutto “contro” le piccole imprese, o no? «Sul governo Monti mi permetto di fare un’analisi a prescindere dalla manovra. L’elezione di questo esecutivo è stata la sconfitta della politica. Sconfitta nata dall’attuale legge elettorale. Chi siede attualmente in Parlamento è innanzitutto nominato dai vari “capipopolo” e non dalla gente. Alla fine è ovvio che lo sfascio politico, ma anche morale e sociale non può che aumentare». Sì, ma le decisioni della Finanziaria? Di fronte a quella sui pagamenti “tracciabili” oltre i mille euro, molti hanno gioito dicendo che così anche per gli artigiani sarà più difficile il “nero”… «Questa degli artigiani sempre e comunque evasori è una delle affermazioni che mi fa più male. Anche perché non è veritiera. E noi come categoria stiamo lavorando da tempo per sfatare questo mito. Ci siamo battuti perchè il Governo rendesse detraibili molti interventi sulla casa. I nostri associati poi sanno quali sono le nostre regole. E quelle etiche sono le più importanti. Come anche quelle di legge, ovviamente». Sempre in tema di pagamenti, continua a essere difficile riuscire ad ottenerli anche in caso di lavori importanti? «E’ una delle tante emergenze. Non è che manchi il lavoro, manca l’incasso. A volte un’impresa riesce a ottenere il dovuto anche solo dopo 6 mesi. Sei mesi in cui il datore di lavoro comunque deve mandare avanti l’attività, pagare i dipendenti e le materie prime. E anche le tasse». Come si può uscire da questa spirale? Con maggiori strumenti di credito? «Certo, il nostro sportello credito lavora tantissimo. Ma noi cerchiamo sostenere i nostri associati anche in altro modo. In associazione tra i vari servizi che abbiano attivato c’è quello dedicato all’energia per contenere le bollette energetiche, attraverso contratti ad hoc». Lei però ha dichiarato di aver paura che questa crisi si trasformi. Che significa? «Ho paura che da crisi di tasca, per qualcuno diventi crisi di testa. Penso a esempio all’imprenditore artigiano che si è ucciso in Veneto. Ma ho paura anche che dopo tutti gli sforzi di questi anni, alla fine, terminata la crisi (perchè questa crisi un giorno finirà) le nostre piccole imprese non siano in grado di agganciare la ripresa. Questo è il mio pensiero più grande». A chi appellarsi? La politica nazionale a quanto pare aiuta poco il vostro settore. E Trieste? «E’ vero. Roma non considera molto il nostro settore. E a torto, visti l’importanza e il “peso” dell’artigianato. Per fortuna la Regione Fvg ha sempre capito e supportato le nostre esigenze. A parte l’errore di aver chiuso anni fa l’Esa. I nostri artigiani sanno fare, ma qualche volta la commercializzazione è più complicata. Ultimamente però la Cciaa ci sta dando un aiuto in questo». Una delle vostre iniziative che ultimamente hanno fatto più notizia è il corso per genitori. Che c’entra la Confartigianato con un corso per genitori? «La famiglia è il nucleo dell’artigianato. Ci eravamo accorti che la crisi del reperimento degli apprendisti coincideva con una certa crisi della famiglia. Da qui l’idea. Parallelamente abbiamo sviluppato anche gli interventi nelle scuole e un corso universitario, grazie anche all’aiuto della Fondazione Crup». Siete quindi meno sindacato e più realtà di servizi? «No, la forte vocazione sindacale resta sempre. Ma forse siamo più vicino agli associati. Ora abbiamo ben 27 uffici in tutto il territorio provinciale, con 160 addetti al servizio di imprese e artigiani». In 67 anni di vita della vostra associazione, lei è stato il terzo presidente, dopo Diego di Natale e Beppino Della Mora. Chi verrà dopo di lei? «Non so chi chi sarà eletto. Ma spero di sapere come. Vorrei una scelta per acclamazione. Non è tempo di divisioni. Serve una persona capace, che abbia una buona squadra e sappia raccogliere un consenso pressochè totale».