Udine: la Procura sequestra il video sul mostro di Udine in onda a “Chi l’ha visto?”. Indagini riaperte?

Ne avevamo parlato in questo precedente post e dopo ben due settimane di ritardo la trasmissione “Chi l’ha visto?” ha mandato in onda un servizio in cui si ricostruisce uno dei delitti riconducibili a quello che è stato ribatezzato il mostro di Udine. E il risultato è stato immediato : il Procuratore capo di Udine, Antonio Biancardi, ha dato incarico ai Carabinieri di sequestrare il video sul caso del cosiddetto ‘mostro di Udine’, risalente a oltre venti anni fa, messo in onda ieri sera durante la trasmissione tv di Rai3 ‘Chi l’ha visto?’. ”Qualcosa si fara’, senza giustizia spettacolo – ha dichiarato Biancardi – intanto vediamo di acquisire la cassetta e sentire le persone informate dei fatti”. Probabilmente verra’ sentita anche la figlia di Marina Lepre, la maestra elementare di Cividale del Friuli (Udine), uccisa a 40 anni il 25 febbraio 1989

Una risposta a “Udine: la Procura sequestra il video sul mostro di Udine in onda a “Chi l’ha visto?”. Indagini riaperte?”

  1. aggiornamento del 27/01/2012

    di Alessandra Ceschia

    A distanza di 23 anni si riapre il caso sull’omicidio di Marina Lepre. All’indomani del servizio della trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?” che ha prodotto un nuovo reperto, uno scialle della vittima sul quale potrebbero esserci tracce biologiche importanti per individuare il profilo dell’assassino, le indagini ripartono. «Qui non c’è posto per la giustizia spettacolare – tiene a chiarire il procuratore della Repubblica di Udine Antonio Biancardi che annuncia – ho chiesto ai carabinieri di acquisire la cassetta, verranno sentite le persone. Qualcosa sarà fatto nei limiti del possibile». Dunque si riparte del 1989, dall’omicidio di Marina Lepre, perchè è lei la chiave dell’intera vicenda. Con la speranza che, trovando il nome del suo assassino, si possa dare un volto anche a chi ha ucciso Maria Bellone, Luana Giamporcaro e Aurelia Janusheviz. Infatti le indagini dei carabinieri ora ricominciano da quei 4 fascicoli e dallo scialle sul quale l’analisi del Dna potrebbe individuare il profilo dell’assassino. Un’operazione complessa poichè quel reperto potrebbe essere stato inquinato, chiariscono dalla questura gli uomini della scientifica che, con i carabinieri, indagarono su alcuni degli omicidi che oggi vengono ricondotti a un’unica matrice: quella del mostro di Udine. Nel 1995 il fascicolo fu riaperto alla luce della relazione del medico legale Carlo Moreschi. «Pur non avendo effettuato le autopsie – racconta il Moreschi – ho rivisto tutti i casi e ho individuato forti analogie per quattro delle vittime che presentavano ferite nette praticate con strumenti da taglio simili tra loro». E in quel periodo fu indagato un medico, sorpreso dagli inquirenti nei pressi della scena del delitto, che avrebbe potuto maneggiare con maestria un bisturi. La sua posizione fu archiviata nell’aprile ’97. Sul provvedimento si spiegava che nei confronti di quell’uomo si erano addensati sospetti che però non avevano assunto rilevanza penale. Nel febbraio 2007 il fascicolo fu nuovamente aperto in seguito al ritrovamento delle chiavi che la vittima stringeva in pugno. Non si scoprì mai a quale serratura appartenessero; quella del medico indagato, fra l’altro era stata sostituita nel frattempo. Ciò che gli inquirenti e i magistrati che si occuparono delle indagini tengono a chiarire, però, è che non ci fu minore attenzione a queste vittime in quanto provenienti da ambienti degradati. «Ci abbiamo messo l’anima» testimonia l’ex ispettore Giovanni Fantini. Lo ribadisce il procuratore della Repubblica di Tolmezzo, Giancarlo Buonocore. «Oggi vi sono potenzialità investigative di tipo genetico che, oltre un ventennio fa non avevamo, non è escluso che si possa trovare una traccia. Io ho seguito in dibattimento il caso di Sebastianis condannato a 26 anni per il delitto Zanette, le fasi investigative su Donatella Cordenons, parte delle indadini sulla Lepre e la Bellone ed ero coassegnatario del fascicolo per la Giamporcaro e la Janusheviz. Se c’è una cosa che grida vendetta – aggiunge il dottor Buonocore – è l’idea che uno si impegni di meno perché l’omicidio è in danno di una prostituta. Al tempo mettemmo in campo tutti i mezzi di cui disponevamo» assicura.

I commenti sono chiusi.