Venzone: Simonitto ripercorre le scelte che portarono alla ricostruzione del paese


di LUCIANO SIMONITTO
La mia lettera non vuole minimamente scalfire l'attaccamento del venzonese alla sua terra. Nella ricorrenza del 35° anniversario del terremoto, sento l'obbligo di confutare, per correttezza informativa, quanto letto su un giornale nazionale. Scorrendo il servizio si legge che «dopo il sisma del '76 i furlani hanno rifiutato di lasciare i paesi distrutti così come avevano resistito all'Austria nel 1848». Nulla di più inesatto. La legge sulla ricostruzione prevedeva il trasferimento del contributo sino al limite della zona terremotata, nei comuni limitrofi a Udine, subordinato però al parere favorevole di una commissione composta da quattro consiglieri comunali. Ricostruire il centro storico comportava tempi lunghi e costi maggiori per l'adeguamento alle normative architettoniche, ci furono perciò molte richieste, umanamente comprensibili di trasferimento, pochissime accolte, solo quelle suffragate da gravissimi motivi di salute. Il categorico diniego della commissione, volto ad evitare il regresso demografico della cittadella murata, ci tolse il saluto di molti per decenni. Il secondo terremoto fu una novella Caporetto, la ripresa svanì nel nulla, pochissimi evitarono l'esodo e la stragrande maggioranza della popolazione trasferita sul litorale fece nascere il quesito su dove tenere il consiglio comunale, a Lignano o a Venzone tra pochissimi? Dire che a Rivoli Bianchi ci fu un animato dibattito è un eufemismo perché allora gli animi su accendevano facilmente, alla fine prevalse la tesi che la "vis politica" locale rimanesse a Venzone, come suggello e volontà di ripresa. Sembra poi che a Venzone non esistesse un'amministrazione comunale, che la ricostruzione ideale prima, burocratica e materiale poi, sia stata voluta e operata da congreghe o comitati locali, arrogandosi meriti non dovuti. La filosofia del «dov'era com'era» è stata una scelta unanime dei consiglieri espressi ed eletti da Dc, Psi, Pci, Psdi nel '75 quando le sezioni di questi partiti erano palestra di scontro-incontro-dialogo e alla fine di democrazia e non i lupanari d'oggi. Inizialmente questa filosofia non riscontrava il plauso popolare, le tante vittime facevano aleggiare un livore iconoclastico verso l'"antico". Per soddisfare i legittimi desideri dei compaesani bastava poco. Sì, perché anche a Venzone ci furono riunioni in cui si postulava la cancellazione parziale del centro storico e la casa subito. Costruire condomini sarebbe stato facile sotto l'aspetto sia economico sia cronologico, avrebbe evitato dieci, quindici o più anni di baracca. Sarebbe stato politicamente, ma solo momentaneamente redditizio. Ma a quale prezzo? La perdita di uno scrigno d'arte medioevale che tutti ci invidiano, un libro aperto di storia unico nel suo genere nella Regione. Se Venzone è rinata come prima o meglio di prima, lo si deve "in primis" a un sindaco sagace, Antonio Sacchetto. Caro sindaco tu hai difeso con ogni mezzo la cittadella murata, siine fiero delle scelte operate, i venzonesi e il mondo della cultura ti saranno sempre debitori. Nel 35° del terremoto diventa un imperativo ringraziare i sindaci che si susseguirono, Fiorenzo Valent, Duilio Copetti, Sergio Cescutti, Amedeo Pascolo in carica, cui auguro di cancellare l'ultimo segno lasciato dal mostro, «il bel San Giovanni». Un ringraziamento vada a tutti i parlamentari friulani che operarono nell'Urbe e hanno tenuto un filo diretto con i consiglieri, ad Antonio Comelli, guida della Regione, alla stampa che mi ospita, prodiga di servizi sull'"orcolat" che ha allungato i suoi tentacoli sui nostri palazzi, le nostre chiese, i nostri affreschi, alla Chiesa friulana retta da una provvidenziale eccellenza monsignor Alfredo Battisti, agli Alpini che, distribuiti nel Comune in ben tre caserme, fin dal primo giorno non fecero mancare alla nostra gente disorientata la classica pastasciutta, contribuendo anche così alla ricomposizione del lacerato tessuto sociale, all'ex provveditore Valerio Giurleo, responsabile della scuola friulana trasferitasi sul litorale, per le attività didattiche mirate a superare il disagio dei discenti, al prof. Guido Clonfero che ha lasciato un patrimonio immenso di rilievi grafici e fotografici fondamentali per la riedizione della cittadella murata. Un grazie particolare giunga al ministro socialdemocratico ai beni culturali, Luca Ariosto il primo a finanziare lautamente (quattro miliardi nel 1978) il centro storico. Ricordare tutti coloro che ci hanno teso la mano è utopistico.


Una risposta a “Venzone: Simonitto ripercorre le scelte che portarono alla ricostruzione del paese”

  1. Sono arrivato da Roma a Venzone due giorni dopo il terremoto, e mentre eravamo accampati al Campeggio prima di Venzone (non ricordo il nome) Ci furono molte altre scosse e danni !!!!
    Noi venivamo da Roma e lavoravamo in un azienda del comune di Roma che edsso non c’è Più La SOGEIN .Si occupava dei rifiuti solidi urbani del Comune d Roma!!
    Assistemmo al crollo spettacolare del campanile di una chiesa che riprendemmo con la telecamera, mentre andavamo nei paesi circostanti a soccorrere la cittadinanza!!
    Io ero addetto al ricevimento e la catalogazione del materiale che arrivava da tutta l’Italia e non solo, eravamo un gruppo di 10 persone tutti naturalmente giovani!!!
    Ricordo che per fare il magazzino requisimmo un autotreno di Legname !!!!!
    Adesso ho 70 anni , non sono più tornato a venzzone e nelle zone terremotate e forse non ci tornerò più ma a me piacerebbe vedere come si è ricostruito e se ci sono ancora i segni del terremoto come in Irpinia o addirittura in Sicilia che dopo 60 anni ancora è evidente il disastro non solo prodotto dal terremoto ma dagli uomini che si sono succeduti al potere in quelle aree grazie Nello Paolacci

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