Friuli: wwf contro Promotur, ci sono alternative per il rilancio della montagna


Per quanto tempo ancora la collettività dovrà sobbarcarsi il peso di questo buco senza fondo?”: A chiederselo è il WWF all’indomani della notizia che, per l’ennesima volta, la Regione si appresta ad appianare gli ormai cronici buchi milionari di Promotur, che anche nel 2012 ha chiuso il bilancio con un passivo di 3 milioni e mezzo di euro.

“Spiace doversi ripetere – attacca Guido Pesante, responsabile montagna e vicepresidente del WWF Fvg -, ma è almeno dal 2005 che lo andiamo dicendo: Promotur è preda di un deficit strutturale ed in costante incremento. Da almeno dieci anni è chiaro che un ciclo di massicci investimenti sulle stazioni sciistiche regionali avrebbe incrementato il debito senza produrre incrementi di utenza capaci di migliorare il rapporto tra entrate ed oneri di gestione”.

E le prospettive, secondo il WWF, sono, se possibile, anche peggiori: “Intanto – sottolinea Pesante – perché la configurazione di quel deficit, parte determinato da squilibrio tra entrate ed oneri di gestione, parte determinato dal servizio al debito, cioè dal pagamento degli interessi sui mutui, è altamente preoccupante; in secondo luogo perché in Italia, come in tutta Europa, il mercato neve è un mercato estremamente maturo, che ha ormai consumato i propri margini di implementazione: basti pensare alla composizione  generazionale della popolazione; alla concorrenza di altri mercati turistici, sempre più economicamente appetibili; alla dinamica costi della neve, sempre più in ascesa; alla disponibilità decrescente della materia prima di cui tale mercato vive e cioè la neve (e l’acqua); al fatto che il paesaggio non può più sopportare ulteriori deturpamenti, senza l’innesco di disfunzioni boomerang sul settore turistico che le ha prodotte”.
 “Non pare nemmeno del tutto confortata da evidenze statistiche – continua il WWF – la tesi che vuole  Promotur come il pilastro al quale è ancorata la tenuta demografica della montagna carnica e friulana, ma che appare piuttosto un’operazione propagandistica azzardata: infatti tra Comuni che hanno goduto di imponenti stanziamenti di spesa pubblica su impianti da sci, e Comuni che ne sono rimasti privi, non si registrano differenti andamenti demografici”.
 A fronte dell’incalzare della crisi Promotur, di quella dei conti pubblici nazionali, e di quella ambientale, almeno tre sarebbero le cose da far subito: bloccare ogni ulteriore investimento in espansione dei poli sciistici regionali e affrontare un ampio dibattito sulle politiche del turismo montano con l’obiettivo di ridurre la dipendenza delle popolazioni dalla monocultura sciistica.
“Da sempre – conclude Pesante – affermiamo che le alternative ci sono: la montagna può investire sul turismo non sciistico, sul potenziamento dell’attività imprenditoriale dell’agricoltura, sulle aree protette e i parchi, che invece vengono privati di ogni forma di sostentamento mentre i soldi per appianare i buchi di Promotur, quelli si trovano sempre”.