Friuli: ghiaia, incentivi a scavare in montagna

di Antonella Lanfrit

Sghiaiamento e attività estrattive: in Friuli Venezia Giulia si volta pagina. Non più il «far west», ma un’attività regolamentata secondo un programma regionale dettagliato, che ha individuato le aree puntuali o estensive ove l’attività è consentita ed anzi necessaria. Non più la richiesta di autorizzazione da parte dei soggetti interessati, ma bandi di gara emessi dalla Regione (l’obiettivo è di emanare i primi entro l’anno) in cui saranno previste anche incentivazioni per andare a prendere la ghiaia anche in luoghi non comodi o sotto casa.
      È quanto prevede il “Piano per regolamentare le estrazioni di inerti dagli alvei dei fiumi del Friuli Venezia Giulia” approvato dalla Giunta regionale, in applicazione della legge regionale 6/2011, e presentato ieri dal vice presidente e assessore regionale all’Ambiente, Luca Ciriani.
      D’ora in poi «non è più possibile sfruttare in maniera intensiva gli alvei dei fiumi senza un progetto globale e coordinato – ha sottolineato Ciriani -, che tenga conto di tutti gli elementi e di tutto il territorio regionale». Un’azione che si è resa necessaria perché «l’ambiente è una realtà unica e viva e qualsiasi azione incide non solo puntualmente e localmente, ma in maniera più ampia».
      Per dare solo un’idea della condizione cui si intende porre rimedio, sono sufficienti alcune cifre: negli ultimi 10 anni i 5 milioni di metri cubi di materiale litoide estratto dai fiumi in Friuli Venezia Giulia sono stati prelevati essenzialmente dal Meduna (3 milioni di metri cubi) e dal Tagliamento (1,160 milioni). Molto meno presi in considerazione, invece, i corsi d’acqua in montagna, ma anche i depositi che si sono creati negli anni nei bacini, in prossimità delle dighe e di altre tipologie di manufatti.
      «Il nostro è un approccio strategico e non certo ideologico – ha sottolineato l’assessore -, con il quale trovare l’equilibrio tra le necessità delle imprese e quelle del territorio».
      Su questi presupposti, lo studio elaborato dagli uffici regionali ha individuato aree dei corsi dei fiumi nelle quali non è più possibile, a priori, richiedere ed effettuare sghiaiamenti in alveo, e si individuano aree nelle quali gli sghiaiamenti sono da incentivare, altre in cui sono ammissibili se effettuati in maniera corretta. Il tutto sulla base di un piano globale a dimensione regionale.
      «Una gestione coordinata – ha concluso l’assessore – è da considerarsi atto di prevenzione».