Friuli: io guardia forestale, nei boschi tra animali feriti e morenti

di LAVINIA GARIBALDI

Sono guardia forestale da tre anni. Si può dire che sia una novellina del mestiere. Eppure ho già assistito a molte dolorose situazioni, che mi hanno toccato profondamente. Ho trovato piccoli di capriolo feriti, doloranti, moribondi o appena morti. Ho visto una giovane femmina di capriolo con la spina dorsale spezzata dopo essere caduta da un alto muro, probabilmente per fuggire da un cane; è morta fra le mie braccia dopo l’iniezione letale di un veterinario. Ho recuperato i corpicini senza vita di piccoli ungulati morti di freddo e fame, rimasti senza mamma, caduta nella battuta di caccia. Ho accarezzato una cerva appena uccisa, ancora calda e con occhi neri pieni di vita, un gallo forcello ucciso di frodo, di cui ricordo ancora il forte umido odore di sangue, un capriolo morto, con lo sguardo privo di rabbia verso colui che l’aveva abbattuto fuori periodo. Ho visto animali feriti da un colpo sbagliato, che vagavano sanguinanti inseguiti dai cani da traccia Eppure, nonostante tutto ciò e molto altro, il mio cuore non si è abituato a queste sofferenze. La situazione peggiore mi è capitata circa tre settimane fa. Avevo appena finito il turno quando ho ricevuto la chiamata di un signore che aveva trovato un capriolo ferito. Quando io e il collega siamo arrivati sul posto il mio cuore ha avuto un sobbalzo. Era un bel maschio di due o tre anni, accoccolato vicino a un fienile appena fuori dall’abitato. Senza più forze, ferito e disidratato, era circondato dalle mosche che lo stavano letteralmente mangiando vivo. Aveva uova, larve e insetti ovunque, sulle zampe, sulla schiena, sul muso. Puzzava di marcio. L’animale era stato ferito da un colpo di fucile all’attaccatura della zampa sinistra e ormai da almeno cinque giorni vagava ferito e infettato dagli insetti. Il veterinario ha dovuto sopprimerlo poiché la situazione era irrecuperabile. La scena è stata penosa. Era stato necessario far alzare il capriolo perché il veleno non faceva effetto; quando si è accasciato a terra morto, non sono riuscita a trattenere le lacrime. Mi sono chiesta con rabbia come ha potuto quel cacciatore lasciar vagare un animale in quelle condizioni, per non ammettere di aver sbagliato il colpo e chiedere l’aiuto di un cane da traccia. Nel corso dei giorni via via la rabbia ha lasciato il posto a un’infinita tristezza ripensando a queste cose. Tristezza e compassione per quella povera creatura e per gli altri animali selvatici la cui vita già dura è resa ancor più difficile dall’esercizio venatorio. Forse ci si dovrebbe chiedere se non sia ormai una tradizione vetusta e senza più senso. I congelatori traboccano di carne ed è già capitato di trovarne nei cassonetti delle immondizie… Animali inseguiti dai cani, braccati, terrorizzati, costretti a vivere perennemente nella paura dell’uomo e del suo fucile. Quando li vedo vagare tranquilli per i boschi penso a come potrebbe essere il nostro rapporto con loro, senza cacciatori. Penso a come sarebbe bello se non ci guardassero più con paura ma solo con la curiosità di quei piccoli che non conoscono ancora la cattiveria umana. Invece vedo con rammarico che ci sono sempre meno cervi, caprioli, volpi, camosci, galli forcelli, coturnici. Eppure restrizioni alla caccia non ce n’è o sono ridicole, quasi si aspettasse di veder estinguere una specie prima di prendere seri provvedimenti. Anzi, le leggi sono sempre più favorevoli ai cacciatori, che fanno spesso i censimenti autonomamente, possono andare a caccia per periodi prolungati per limitare l’espansione di questa o quella specie e che, se vengono beccati a cacciare di frodo, se la cavano con un’ammenda neanche tanto salata. Dall’altro lato il personale di vigilanza (e penso a noi forestali) si ritrova in numero esiguo, demandato a mille compiti, poco aggiornato sull’argomento, quasi sia auspicabile una certa ignoranza in materia per evitare di infastidire la lobby dei cacciatori. Questo è ciò che ho visto, da novellina del Corpo Forestale Regionale, e vorrei che si sapesse cosa fanno, nascosti agli occhi dei più, i cacciatori. Proprio loro che si professano “protettori della natura”. Mi sembra che più che gestione sostenibile si tratti spesso di inutile barbarie.


3 Risposte a “Friuli: io guardia forestale, nei boschi tra animali feriti e morenti”

  1. Non ho parole……una grande tristezza.
                                                              Gloria

  2. Grazie Lavinia per averci riportato quello ce hai visto. E' molto importante denunciare e urlare il proprio sdegno.
    I cacciatori si difendono affermando che esiste una forte differenza fra cacciatori e bracconieri.
    In realtà è una lobbi la loro.
    Trovo nel giardino del mio vicino di casa trappole, reti, vischio e richiami vivi per uccelli…nella mia ingenuità penso siano per topi…il giorno dopo trovo passeri e pettirossi impigliati, feriti, doloranti ma ancora vivi. Provo a liberarli, uno mi muore tra le mani..
    Li aveva presi solo per fare una "polentata " la domenica…
    Ma si può ??
    Si può ??
    Denunciamo. Denunciamo. Denunciamo

  3. Cara Lavinia, grazie per queste tua sensibilità nei confronti della Natura. Provare compassione, tristezza, rabbia anche “solo” per un animale ferito, morente, ti rende degna di far parte del corpo forestale regionale (e spero di entrarne a far parte pure io,ma..non assumono più nessuno??). Il tuo cuore non si abituerà mai a queste scene, anche (ma si spera di no) se faranno parte del tuo quotidiano. Continua a voler bene e a difendere la Natura con passione.
    Andrea

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