Friuli: la tradizione di Santa Lucia


di CRISTINA BURCHERI

«A Udine e nel Friuli pianigiano, i regali non li porta San Niccolò, ma Santa Lucia, il 13 dicembre» . Scriveva a fine Ottocento lo studioso di tradizioni popolari Valentino Ostermann aggiungendo «e a Udine stessa si fa nell’occasione una grande fiera». Intendendo con “grande fiera” le bancherelle di dolciumi e di balocchi che allora, spiega Ostermann, «ingombravano i pressi della chiesa del Redentore dove si venera, come m’informa il dottor Corgnali, Santa Lucia». Santa Lucia, rientrando nello schema solstiziale, porta tradizionalmente l’annuncio della nuova luce. Molto venerata nei Paesi nordici, in Friuli è una Santa portatrice di doni. La sua festa pare sia stata importata da Venezia e acquisita specialmente a Udine città a livello borghese-signorile. In alcuni centri si tenevano mercati e fiere in suo onore: nella stessa Udine (in borgo San Lazzaro), ad Arta Terme, a Caneva. Anticamente a Venzone Santa Lucia era giorno di mercato, forse l’ultima occasione di scambio con le comunità della val Resia che, con le prime nevicate, restavano isolate fino alla primavera seguente. «Santa Lucia prosegue l’azione di San Nicola, anzi assume precisi significati simbolici entro il quadro dei riti stagionali del solstizio» ricorda Mario Martinis dalle pagine de “Il grande lunario del Friuli” edito da “La biblioteca del Messaggero Veneto” proseguendo: «Anche Santa Lucia, come la Befana, è comunque una figura simbolica bipolare, metà positiva perché legata al sole che comincia a crescere e metà negativa perché il lei convive anche l’oscurità invernale, regno del potere ctonio e negativo”. Ad Adorgnano di Tricesimo, ricorda Andreina Nicoloso Ciceri (“Tradizioni popolari in Friuli”, Chiandetti editore), la chiesa distribuiva pani benedetti. A Preone invece, il 13 dicembre, il “nonzolo” girava per le case in questua. Per la Nicoloso Ciceri «in molti luoghi il culto sottolineava l’aspetto miracoloso della Santa protettrice della vista». Considerata dai devoti protettrice degli occhi, degli oculisti, degli elettricisti e degli scalpellini la Santa di Siracusa, per contropartita, come per altri Santi adiutori, comportava nel giorno della sua celebrazione la proibizione di lavorare. In particolare i tabù riguardavano la sfera femminile. La notte del 13 dicembre era vietato filare altrimenti si rischiava di perdere la vista. Non a caso è citato il filo perché quest’attività, unita alla conoscenza e al trattamento delle fibre, era anticamente guardata con il sospetto di essere una pratica magica. <br />