di Federica Barella
C’è chi “vendendo” la propria invenzione all’azienda giusta (grazie al supporto magari di una società specializzata nella registrazione di brevetti) è riuscito a ricavarne anche più di due milioni di euro. Ma c’è anche chi, pur incassando oltre 240 milioni di euro per la vendita della propria azienda, si è fatto sfuggire tutti i possibili introiti dalla cessione e sfruttamento da parte di terzi di brevetti. Ne aveva depositati soltanto 10-11, mentre i neuro e finanziate 90 imprese. I nuovi proprietari nel giro di breve, solo su quanto già trovato, ne registrarono il doppio. Il Friuli è infatti terra di inventori. Per qualità di marchi e brevetti ma anche per quantità. Nel 2011 in tutta la regione stati registrati 1.379 marchi e brevetti, di cui il 56 per cento in provincia di Udine. Il che significa una media di circa 2 brevetti, marchi, disegni industriali e/o invenzioni depositati ogni giorno. Cifre importanti, che portano il Friuli Venezia Giulia al terzo posto tra le regioni italiane, dopo l’Emilia Romagna e la Lombardia. Cifre significative soprattutto se si tiene conto che la crisi comunque sta influendo decisamente sul numero di depositi dei titoli di proprietà industriale che, dopo gli anni 2008-2009 hanno subìto una decisa flessione. Per la maggior parte si tratta di brevetti del mondo metalmeccanico, ma non mancano anche molti del settore della sedia (per i quali oltretutto la Cciaa fa tempo ha attivato un progetto con finanziamenti ad hoc), come pure gli ultimissimi legati allo sviluppo dell’ingegneria robotica e dell’industria legata alla medicina e alla salute in generale. Ma tantissimi sono anche i brevetti e i marchi registrati anche dai singoli, soprattutto, ultimamente, di tipo informatico, con una preponderanza per il software. Persone che hanno “l’idea” e che decidono così di tutelarsi, prima di andare, magari, a proporla a una grande azienda. Registrare un marchio costa come tre pieni di benzina, mentre il prezzo di un brevetto è legato soprattutto ai paesi dove se ne vuole fare uso. «Purtroppo anche nella storia provincia ci sono decine di marchi, anche di grandi aziende, non registrati – è stato detto ieri in Cciaa, nel corso della presentazioen di un nuovo progetto (di cui riferiamo meglio nel box sopra) -. Purtroppo i brevetti, i marchi registrati e la tutela della proprietà intellettuale in generale sono ancora pochi rispetto al reale patrimonio e questo è un ulteriore handicap per le aziende in questi momenti di crisi». Nel mondo il terzo “brand” più diffuso dopo quello della Coca-Cola e quello della Visa è il “Made in Italy”. Per contro gli italiani effettuano ogni hanno una media di 9 mila registrazioni di marchi e brevetti contro oltre 1 milione della Cina.
articolo dal sito del Messaggero Veneto