Gemona: convegno “Il doping? Mi offende!”


Maura Delle Case dal MV di oggi

Telefonate incredibili di gente che per vincere una gara amatoriale è disposta a prendere qualsiasi cosa, scivolando così nel doping. Nei suoi due anni e mezzo d’attività il centro per lo studio, l’informazione e la formazione sul doping dell’Università di Udine, diretto dal professor Massimo Baraldo, di chiamate così ne ha ricevute ben 220 . Appelli di atleti che, certi dell’anonimato, si sono lasciati andare a una serie di richieste capaci di rivelare d’un tratto un sommerso a dir poco preoccupante: il doping nello sport amatoriale, declinato in casi più e meno gravi. Se infatti un gran numero di chiamate all’800 838 800 (numero verde del centro) hanno sottoposto agli esperti domande inerenti gli integratori alimentari, ce n’è state altre che si sono spinte ben oltre: ammissioni di avere assunto pesanti sostanze dopanti, già causa di carcinomi, e richieste se l’assunzione continuata di queste avrebbe potuto provocare in futuro una recidiva del male.<br />
Lo ha raccontato, ieri, proprio il professor Baraldo di fronte a una stupefatta platea di studenti riuniti nell’aula magna dell’Isis D’Aronco di Gemona per il convegno “Il doping? Mi offende!”, promosso dalla Provincia in collaborazione con il Consiglio provinciale della Federazione italiana di atletica leggera (Fidal) e dei Comitati Fair play e Euretica. Ad aprire i lavori, dando il benvenuto ai ragazzi dei tre istituti superiori di Gemona – D’Aronco, Magrini e Marchetti – è stata l’assessore provinciale alla cultura, Elena Lizzi, che è entrata senza filtri al cuore della questione: «Perché non si può vivere una vita vera, invece che artificiosa? Perché si cade nella rete del doping? Cosa si può fare per contrastarlo?». Moderati dall’assessore provinciale allo sport, Mario Virgili, hanno cercato di rispondere gli studenti, con un’efficace performance teatrale, e naturalmente gli esperti. Baraldo quindi, ma anche il presidente della Fidal provinciale, Adriano di Giusto, i presidenti del comitato Fair Play Fvg, Alessandro Grassi, e provinciale, Giovanni Pullini. Infine i comandanti provinciali di Carabinieri, Giorgio Salomoni, e Polstrada, Giuseppe Stornello. Ognuno ha consegnato agli “atleti di domani” il suo messaggio anti-doping. Efficace quello di Baraldo, che oltre ad aver ammonito la platea sui rischi e gli effetti dannosi del doping, dimostrato come uno smilzo corridore, medaglia d’oro nelle olimpiadi del 1900, corresse i 200 metri in 22 secondi, soli 2’’ e 21 in più di quanti ne impiegherà sulla stessa distanza Shawn Crawford per vincere, nel 2004, la stessa medaglia. 2’’ e 70 in più del fenomeno Usain Bolt a Pechino. Cosa significa? Che i “limiti” dell’uomo restano tutto sommato gli stessi e che val dunque la pena misurarsi coscientemente con quei limiti, in modo pulito, senza scorciatoie, forti delle giuste alimentazione, motivazione e allenamento. «Dobbiamo combattere il doping – ha concluso Baraldo – integrando conoscenze ed esperienze».
«Facendo cultura, formazione e informazione», ha aggiunto Grassi, «ricordando che esiste anche la sconfitta e che anche quest’ultima dev’essere considerata un valore».