I Cosacchi (re)invadono la Carnia

cosacchi

In Friuli si sta verificando un interessante fenomeno, impensabile sino a pochi decenni fa: quello di persone che da diverse aree dell’ex Unione Sovietica tornano a cercare notizie, dati, memorie della esperienza che ha legato i cosacchi ai nostri paesi durante l’ultima guerra: è un fenomeno che nasce dal mutamento delle condizioni sociopolitiche degli Stati, dal superamento dei blocchi e dalla diffusione di nuovi mezzi di informazione e conoscenza (Internet in primo luogo), che consentono l’accesso a dati e il collegamento tra persone e istituzioni in tempo reale. Così, negli scorsi giorni, un gruppo di una cinquantina di persone dell’Associazione “Verein zum gedenken an die Lienzer Kosakentragodïen von 1 june 45” (che ricorda ogni anno il dramma della Drava, con celebrazioni e una messa di rito ortodosso), è tornato nei luoghi dell’esperienza friulana dei cosacchi: da Timau, (dove si conserva una parte di un loro carro e una salma tumulata nel vecchio cimitero, e dove, nella parrocchiale, è stata celebrata una messa con la benedizione con il vin santo) fino a Villa di Verzegnis, dove sorgeva il quartier generale dell’atamano Krassnov (oggi locanda Stella d’Oro).<br />
A questo fenomeno fornisce un contributo di ricostruzione storico-culturale Pieri Stefanutti, con la ricerca Cosacchi che tornano pubblicata sul primo numero del 2008 della rivista della Filologica Friulana “Sot la nape”. La ricerca tenta di offrire un primo quadro relativo a casi personali di "ritorno" al Friuli in relazione, più o meno diretta, alle vicende del 1944-45. Vengono così citati i casi di Vladimir Saprudskij, da ragazzo ospite della comunità cosacca di Verzegnis, trasferitosi dopo la guerra in Brasile, diventato uomo d’affari affermato, tornato con suo figlio in Carnia due volte, nel 1982 e nel 2000, per rivedere le persone e i luoghi che gli erano rimasti impressi nella memoria, o quello di Jerman Yermolayev che, arrivato in Friuli il 19 agosto 1944, dopo le vicende della ritirata cosacca in Austria, vi è rimasto studiando filologia slava all’università di Graz, emigrando poi nel 1949 negli Stati Uniti e ottenendo l’incarico di docente di letteratura russa all’Università di Princeton. Yermolayev è ritornato nell’agosto 2001 ad Artegna per rievocare, con Adalgisa e Assunta Comoretto, la singolarità di un’esperienza di vita.

Nell’articolo di Stefanutti sono descritte le vicende di Ljuba Michailovna, ragazza trovatasi, durante gli ultimi mesi della seconda guerra mondiale, in Carnia a Villa Santina. Ora vive a Rostov, in Russia, e da anni si occupa della ricostruzione della storia del popolo cosacco attraverso articoli e altre iniziative culturali. In quest’ottica, nel 2005 ha ottenuto un visto per venire in Italia e ripercorrere i luoghi che hanno visto protagonisti i cosacchi tra il 1944 e il 1945.

Walentyna Havrosz invece risiede in Canada da una cinquantina d’anni. Nel 2006 per la prima volta è tornata in Europa, alla ricerca delle radici. Sua madre, Lidia Havrosz, era una bielorussa giunta in Friuli al seguito dei cosacchi e alloggiata ad Alesso (il paese che i cosacchi del Don avevano ribattezzato Novocerkassk). Proprio ad Alesso, il 13 marzo 1945, è nata Walentyna. Madre e figlia (col padre si erano persi i contatti, nel turbine degli ultimi giorni di guerra) hanno seguito le vicende della ritirata russa in Austria, per poi trasferirsi in Canada. Walentyna è stata accompagnata sulla piazza di Alesso, dove una targa fatta apporre dal Comune di Trasaghis ricorda l’occupazione cosacca e i sacrifici della popolazione. Con comprensibile emozione ha potuto rivedere i luoghi, radicalmente mutati dopo il terremoto del 1976, che si richiamano alle vicende del 1945.

Leyla Sugaipova, moscovita di origine caucasica, ha invece deciso di venire in Friuli dopo aver riconosciuto, in una foto di caucasici insediatisi in Friuli, il nonno Movla Sugaipov, nato a Riga nel 1918, di cui si erano perse le tracce dal 1944. Le tappe del suo viaggio, intrapreso nel giugno 2007, sono state le località di Alesso, Amaro, Arta e Ampezzo. Vassilj Barcenko, di Stavropol, è arrivato in Friuli al seguito del gruppo folcloristico Volnaja Step (“Steppa libera”) e qui ha cercato di rintracciare notizie di uno zio che aveva raggiunto l’Italia con le truppe cosacche, e di cui si erano poi perse le tracce. Il suo appello è stato raccolto da Pietro Qualizza, del circolo culturale "Il castagno" delle Valli del Natisone, e da Beppino Matiz di Timau, appassionato di storia locale, e assieme hanno ripercorso le località friulane che hanno ospitato i cosacchi.

Gli studenti dell’Istituto Marchetti di Gemona, dopo aver svolto, insieme con gli studenti del Ginnasio 69 di Krasnodar (Russia meridionale), una ricerca di carattere storico sui due diversi territori, offrendo spunti di riflessione sul fenomeno dei cosacchi, sono riusciti a predisporre una serie di scambi, con la visita in Italia degli studenti di Krasnodar e la trasferta russa degli studenti friulani. I cosacchi insediatisi a Cavazzo Carnico provenivano proprio da Krasnodar (con quel nome avevano anzi ribattezzato il villaggio della montagna friulana). E a Cavazzo gli studenti di Krasnodar hanno fatto tappa, nella loro prima visita in Italia, in un incontro significativo con la popolazione locale. La memoria dei cosacchi è particolarmente viva e, pur nella drammaticità dei momenti, non sono state rare le occasioni di confronto e talvolta di amicizia.