Letture di fine estate: Mobilità. I Segni del Collasso

Studiare i movimenti dei branchi di cetacei per capire le possibilità di mobilità umene è sicuramente un punto di vista inusuale ed interessante  In questo libro Frederic Vester descrive, partendo dal suo principio di pensiero intrecciato, la situazione fuorviante provocata dalla tendenza verso una automobilità, non delineando scenari senza via d’uscita, bensì proponendo con chiarezza di stile soluzioni concrete per il futuro del traffico che delineano una nuova definizione di mobilità.

Riportiamo la manchette promozionale di presentazione del volume redatta da Annalisa Pini: Quando un delfino ‘triangola’ per individuare la sua posizione, ha un comportamento analogo al nostro, quando diamo un nome e confrontiamo le "cose" incontrate nella vita quotidiana, e stabiliamo così il nostro posto nel mondo. (da "Le vie dei canti", Bruce Chatwin) <br />

A tutt’oggi restano sconosciuti i motivi che, talora, inducono branchi di cetacei ad un suicidio collettivo attuato con il cosiddetto "spiaggiamento", con lo spingersi, cioè, su di una spiaggia e lì restare, deliberatamente, a morire.
Altrettanto sconosciute rimangono le cause profonde che spingono le società umane ad attuare un progressivo e sempre più rapido suicidio di massa attraverso l’inquinamento.

Mobilità significa movimento, vitalità, mutamento. Questo vale soprattutto per il pensiero. Solo un pensiero che si trasforma può andare aldilà degli orizzonti dati. Ma siamo ancora capaci di mettere in moto il nostro corpo, la nostra anima, i nostri pensieri?
In realtà, oggi, a muoversi sono le macchine e noi diventiamo sempre più statici, sempre più riluttanti ad ogni cambiamento. Non riusciamo a "triangolare". Privi di punti di riferimento, non riusciamo a dare un nome alle "cose", a confrontarle, a comprenderne gli intrecci. E il nostro posto nel mondo, dov’è?
Figli di una società che tende ad identificare il "progresso" con l’avanzamento della tecnologia, ci affidiamo alle macchine, impiegando tutte le risorse disponibili per rendere loro la vita facile, mentre i nostri spazi vitali diventano sempre più angusti. La nostra era, infatti, è contraddistinta da una mobilità solo apparente.
Da questa premessa parte l’esigenza dell’autore di esporre, in modo comprensibile a tutti, l’intero fenomeno della nostra attuale mobilità. Non è un caso che Frederic Vester sia un oncologo.

Forse questo farà storcere il naso ai "tecnici" e ai super-esperti del settore, ma il superamento della settorialità e della sua visione parziale dei problemi, è proprio uno dei presupposti per il cambiamento della mentalità riguardo al traffico, sulla base di quello che Vester chiama "pensiero intrecciato".
La salute dell’uomo e l’ambiente in cui egli vive sono parti fondamentali di questo intreccio. Ecco perché l’autore, da profondo conoscitore, quale egli è, dei meccanismi che riguardano il funzionamento del corpo umano, usa spesso la metafora medica parlando dei "disturbi del traffico come malattia della civilizzazione".

Affidare le soluzioni, come avviene purtroppo attualmente per quanto riguarda la cura delle malattie, ad una tecnologia riparativa, seppur sofisticata, volta unicamente alla rimozione del sintomo, significa, alla lunga, favorire la degenerazione e la cronicizzazione dei problemi, aggravando la situazione complessiva. Dobbiamo desistere – dice Vester – dal mettere in pratica una mobilità, allettata da vantaggi economici a breve termine, i cui costi ecologici e, quindi, a lungo termine anche economici, vanno a compromettere i postulati basilari della vita sociale e delle generazioni future. Una mobilità che porta alla paralisi. Perché le conseguenze di questo modo di concepire la mobilitˆ, tutto volto ad un profitto "tutto e subito", è sotto gli occhi di tutti. Anche in economia ci avviamo verso la paralisi. Il fenomeno della mondializzazione, il movimento incessante delle merci, dovuto al trasferimento della produzione nei paesi a basso salario, sono un altro esempio di mobilità che non produrrà, a lungo andare, ricchezza per nessuno ma, semmai, più sfruttamento nei paesi poveri e più povertà nei paesi cosiddetti "progrediti" a causa della crescente disoccupazione e della stagnazione conseguente al blocco salariale. Ma è ancora possibile uscire dall’emergenza?
Chi pensa di trovare in questo libro toni apocalittici, rimarrà deluso. Vester traccia gli scenari della mobilità attraverso un’attenta valutazione di tutti i fattori in gioco ed illustra, con grande lucidità, le possibili vie d’uscita, offrendo soluzioni concrete e vantaggiose.

Beppe Grillo, cui va il merito della scoperta, lo presenta come "un libro straordinario che dovrebbe essere regalato agli assessori al traffico, all’urbanistica e al ministro dei trasporti pubblici, con l’obbligo di meditarne venti pagine ogni sera prima di coricarsi". Noi non arriviamo a tanto. Ci limitiamo a dar loro un buon consiglio.
Forse, leggendolo con attenzione, potrebbero trarne proposte nuove, più fantasiose, sicuramente diverse da quella di costruire nuove strade o nuovi parcheggi per fronteggiare il traffico, poiché – come dimostra l’autore – "Se lo si affronta con misure parziali, lo si appesantisce anziché alleggerirlo".
Insomma, ormai è matematico: più strade – più auto – più parcheggi; uguale: più traffico.

Ma pensiamo di consigliarne la lettura anche agli ambientalisti che si sono scordati di pensare globalmente per agire localmente. Vester, infatti, mette in guardia dall’uso disinvolto di una politica tutta rivolta a ricercare le compatibilità. Spesso piccoli successi parziali, fini a se stessi, riaddormentano le coscienze dei cittadini e di coloro che avevano dato vita ad importanti iniziative civiche.