Libera rete e libero blog in libero stato

Ne abbiamo già parlato in passato, ma negli ultimi mesi sono diversi i parlamentari che hanno tentato di introdurre norme per ridurre la libertà della Rete: oltre alle proposte di legge dell’onorevole Gabriella Carlucci e di Gaetano Pecorella pende ancora sulla testa degli internauti italiani l’articolo ammazza-blog contenuto nel disegno di legge sulle intercettazioni scritto dal ministro Alfano e di prossima discussione in Parlamento .
Ancora non si sa invece quali saranno le norme contenute nel prossimo disegno di legge "minacciato" da Roberto Maroni a seguito del caso Tartaglia: dopo aver parlato di possibili "filtri" e "oscuramenti", il governo ha deciso di rinviare tutto a dopo Natale, con l’intenzione di ‘sanzionare chi supera determinati limiti’, come ha spiegato il ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli. <br />

Resta del tutto oscuro quali siano questi limiti e chi dovrà stabilirli, ma gli organizzatori del sit-in del 23 dicembre ritengono che abbia invece ragione l’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, che in Parlamento ha detto: ‘Non serve nessuna nuova norma per Internet, bastano quelle che già ci sono. In America è pieno di siti con contenuti inaccettabili nei confronti del presidente Obama, ma nessuno si è mai sognato di chiedere censure’.

Tra le altre cose, continua a suscitare polemiche la cancellazione di alcune pagine operata da Facebook dopo il caso Tartaglia: fa specie che le "hate pages" contro Berlusconi siano state chiuse, ma ne restino aperte decine di altre (tipo: ‘Uccidiamo Balotelli’) per censurare le quali evidentemente non era intervenuto il governo italiano. Evidentemente si teme, oltre a possibili nuove norme, anche che il governo crei un rapporto diretto con i proprietari di alcuni siti (da Google a YouTube, allo stesso Facebook) per ottenere la rimozione delle pagine indesiderate.

Fa inoltre discutere la proposta del viceministro Paolo Romani di obbligare chiunque faccia "livestreaming" (cioè immetta video in diretta nel suo sito o nel suo blog) di chiedere un’autorizzazione al governo come se fosse una televisione commerciale. Questa norma, oltre a tarpare le ali a centinaia di siti e blog, è anche in odore di conflitto d’interessi, perché favorisce le corporation che si stanno preparando a offrire contenuti video via Internet in modo professionale: come Mediaset, che sta lavorando a un sito sulle orme dell’americano Hulu.