Per Picco le Comunità montane non hanno motivo di esistere

Comunità Montana della CarniaIl consigliere regionale Enore Picco è decisamente uno che non le manda e non le ha mai mandate a dire e anche queste sue ultime affermazioni fanno scaldare gli animi in Carnia, ma non solo. –br Massimo Radina dal Gazzettino di oggi. Nel corso del congresso nazionale della Lega (svoltosi domenica scorsa al Fiera di Udine, ndr), il già sindaco di Bordano e assessore provinciale, ha tuonato contro le Comunità montane e in particolare contro i politici che operano in montagna. Parole forti, concetti come clientelismo e caporalato, sono stati avanzati dal consigliere leghista, che ha scatenato le reazioni del mondo politico della Carnia. Picco torna anche sull’argomento della Provincia di Tolmezzo «l’unico mezzo ha detto per eliminare il clientelismo che affligge il territorio montano».

E la semplificazione tanto cara alla Lega deve partire dalle Comunità montane, il "parcheggio di molte persone" ha sentenziato Picco. «Sono enti che, per come gestiti negli ultimi venti anni, non hanno motivo di esistere. Ormai sono il parcheggio di molte persone che non hanno trovato spazio nelle amministrazioni comunali. Quindi non c’è alternativa, così come sono vanno contro l’interesse della nostra gente e non favoriranno mai il nostro sviluppo». Il consigliere però non si ferma qui: «Non è possibile che le Comunità montane impieghino più tempo per investire rispetto alla Regione. La gente ha bisogno di cose semplici che rispondano veramente ai problemi della nostra terra». Ed è qui che ricompare la Provincia di Tolmezzo. «Non va concepita come provincia tradizionale ha detto in merito il consigliere ma sarebbe un elemento per eliminare burocrazia. Lo sbaglio è identificarla con Tolmezzo perché così si innescano campanilismi inutili. Se vogliamo andare avanti non abbiamo alternative, serve la provincia della montagna per eliminare tutti gli interessi che tanti caporali stanno portando avanti». Il leghista nel suo finale di intervento usa parole forti. «Nel nostro territorio siamo in mano a ciò che nel meridione chiamano caporalato. In mano a tanti caporali che ubbidiscono all’assessore di turno per avere privilegi e clientele. Conosco bene il mio luogo e posso permettermi di dire che negli ultimi anni la nostra terra possiamo chiamarla Calabria Carnica. Questo non lo accetto e noi cercheremo di lavorare per sconfiggere questa cosa». Parole e paragoni che non potevano passare senza lasciare traccia, ma questo il consigliere Picco lo sapeva. E come lui stesso ha immaginato, le contestazioni in Carnia non sono mancate

Una risposta a “Per Picco le Comunità montane non hanno motivo di esistere”

  1. Dal MV del 5 maggio 2008

    di PASQUALE D’AVOLIO *

    Si fa presto a dire che occorre sciogliere qualche ete o istituzione o parlare di enti inutili specie quando non se ne fa parte: normalmente si ottiene il plauso della “gente” (uso non a caso questo termine), portata a vedere nelle istituzioni democratiche un “covo” di apparati politici e burocratici, per lo più improduttivi e fonti di clientelismo o di corruzione. Non che non esistano situazioni del genere; ma ci si dimentica che questi mali sono diffusi un po’ in tutti i settori, pubblici e privati, e tra i beneficiari ci sono magari gli stessi che spargono discredito a piene mani. Negli ultimi tempi va di moda sparare sulle Comunità montane: dopo Tondo ecco ora Enore Picco, entrambi “montanari”, eppure così avversi a questa istituzione, che vorrebbero sparisse. Per sostituirla con cosa? Picco ripropone la provincia dell’Alto Friuli, su cui tornerò dopo (Tra parentesi, non si chiedeva a gran voce anche la soppressione delle Province?).

    Abbiamo letto in tanti la denuncia di Stella e Rizzo sulla “Deriva” italiana (i casi di Comunità montane… sul mare!), ma lo stesso Stella in un articolo sul Corriere invitava a non fare di ogni erba un fascio, citando proprio la Comunità montana della Carnia, assieme ad altre due in Italia, come esempi di buona amministrazione. Naturalmente non basta citare Stella. Chi scrive ha fatto parte per 20 anni (fino al ’95) della Comunità montana della Carnia (sempre all’opposizione, attualmente da qualche mese come delegato di Paularo e non ha “poltrone” da difendere) e se volessi potrei citare tante scelte sbagliate di quegli anni. Ma sarebbe ingiusto se non riconoscessi il ruolo che la Comunità ha avuto nel dopo-terremoto e successivamente nel cercare di dare una voce più autorevole a un territorio disperso in 28 piccoli comuni (a parte Tolmezzo) nei confronti della Regione e della Provincia di Udine. Fabris, Mainardis, Moro, Martini, D’Orlando per fermarmi a quegli anni potrebbero dire la loro, a parte il compianto D’Orlando.

    Se veniamo a tempi recenti, bisogna partire dai fatti e di “fatti” ne esistono. A partire dagli anni 90 c’è stato l’impegno per lo sviluppo dell’artigianato e della piccola industria attraverso l’acquisizione o la costruzione dei capannoni (una scelta oggi da ripensare certo, ma che allora fu apprezzata da tanti), la costruzione di centraline idroelettriche che fruttano svariati centinaia di migliaia di euro, l’avvio di una politica energetica d’avanguardia rispetto ad altre zone, e infine l’avvio di una politica delle infrastrutture tecnologiche che nel giro di qualche mese porrà la Carnia alla pari di zone più fortunate dal punto di vista geografico. Non parlo di opere pubbliche, di interventi nel settore agricolo-forestale, perché ciò fa parte della normale attività di un ente montano. Poteri citare nel settore culturale la bella realtà di “Carnia Musei”, che altre zone ci invidiano, ma soprattutto mi pare importante sottolineare la messa in rete di servizi amministrativi a favore dei piccoli comuni, che da soli non ce la farebbero. Tutto bene quindi? Niente affatto. Sarebbero tante le cose da fare e da cambiare, ma non si può attribuire alle Comunità montane le colpe di un ritardo nello sviluppo le cui origini risiedono altrove. Si vogliono abolire le Comunità montane? Lo si faccia pure, ma si dica anche come portare avanti una politica di concertazione e di coordinamento tra i piccoli Comuni nei vari settori citati prima. Con la Provincia di Udine? Ma occorrerebbe dotare l’attuale Area montana di Tolmezzo di personale e risorse simili a quelle in dotazione alla Comunità. Con quale vantaggio? Forse si eviterebbe la duplicazione di interventi, ma mancherebbe la partecipazione dal basso dei Comuni e il potere decisionale verrebbe ancora una volta centralizzato nelle mani dell’assessorato alla Montagna, regionale o provinciale. È questo che si vuole? Sarebbe un bel passo indietro: Tondo e Picco conoscono la storia di questa terra e sanno che la Comunità carnica (nata nel 1947, sedici anni prima della Regione!) aveva grande prestigio, ma nessun potere. Ma occorre dire che la volontà di autonomia e di autogoverno in montagna risale addirittura alla fine della I guerra mondiale, per non parlare della grande esperienza della Repubblica partigiana (detto senza retorica) e della gloriosa Comunità carnica del dopoguerra con i Gortani, i Lepre e i Marchetti per citare solo alcuni. I cittadini della Carnia (questa volta uso un termine diverso dalla “gente”) devono sapere che abolire la Comunità montana non rappresenterebbe un danno per gli amministratori, ma per l’intero territorio. Forse oggi non l’avvertono, forse le amministrazioni che si sono succedute dal 1975 non si sono fatte apprezzare adeguatamente, forse occorrerebbe una nuova intesa cittadini montanari-istituzione comunitaria e un nuovo modello di rappresentanza. La proposta di Picco, la Provincia “regionale”, sarebbe stata forse una soluzione, ma Picco deve chiarirsi con gli attuali alleati che l’hanno avversata cinque anni fa (anche qualcuno degli ex consiglieri regionali del centro-sinistra dovrebbe fare autocritica) e se ritiene che un organo di autogoverno sia necessario in montagna si adoperi non per la soppressione delle Comunità montane, ma per una loro riforma. E nel caso della Carnia si faccia un’analisi seria più che slogan. Il presidente Tondo e gli altri consiglieri della montagna, dei due schieramenti intendo, credo siano in grado di valutare con maggiore serietà la questione montana, superando contrapposizioni e distinguo di natura puramente politica che in qualche caso assumono carattere addirittura personale contro questo o quell’esponente di centro-sinistra della montagna.

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