Villa Manin: arte e storia con gli arrotini della val Resia

Dalla fine del ’700 a metà del ’900 la popolazione maschile di Resia, in particolare del borgo di Stolvizza, si è dedicata, in maniera prevalente, al mestiere dell’arrotino, pratica che ne ha condizionato per alcuni secoli le sorti, a cui è dedicata la mostra Gli arrotini della Val Resia/Ti rozajanski brüsarji – Una pratica produttiva tradizionale e collettiva dalla fine del ’700 a metà del ’900 che si può ammirare a villa Manin. Il mestiere dell’arrotino risale ai tempi in cui ottenuta un’arma o un attrezzo provvisto di lama accorreva chi era capace di affilare la lama, rovinata o consumata. Gia dalla fine del XVIII secolo gli abitanti di Resia, in particolare del borgo di Stolvizza, hanno cominciato a dedicarsi, in maniera prevalente, a questo mestiere e che oggi è quasi scomparso. Questa arrività è derivata dal commercio ambulante dei venditori di spezie e di tessuti, i cosiddetti cramars, di cui si hanno notizie certe anche in Val Resia, già dal XVI secolo. L’arrotino era il lavoro prevalente per gli uomini e i ragazzi, che già all’età di 10-12 anni emigravano con il padre. Questi movimenti migratori a carattere stagionale, che si svilupparono fino al primo conflitto mondiale, si svolgevano in due tempi: da fine gennaio ai primi di giugno, con rientro nello stesso mese per la fienagione, nuova partenza dopo ferragosto con rientro ai primi giorni di dicembre. Le macchine usate per questa particolare attività potevano essere spinte a mano o, in una versione più leggera, portate a spalla. In seguito fu introdotto l’uso della bicicletta adattata per l’arrotatura. Il lavoro veniva raccolto casa per casa, porta per porta e ogni arrotino creava un certo itinerario e la sua clientela, ormai affezionata, lo sapeva attendere ad ogni suo passaggio. Il lavoro, incentivato dal bisogno e dalla passione, diventava sempre più preciso e non fu casuale che gli arrotini della Val Resia, fossero chiamati a servire anche i reparti di chirurgia di alcuni ospedali. Questa attività, seppur non in modo esclusivo, continuò anche durante la seconda metà del XX secolo, sopprattutto per quelli che avevano avuto la capacità imprenditoriale di sostituire le vecchie attrezzature con i progressi della tecnologia. Oggi la memoria di questo mestiere, quasi del tutto scomparso anche a Resia, è tenuta viva da un gruppo di arrotini che, con tenacia, continuano la loro professione e, nel contempo, hanno fondato l’associazione Cama che, oltre a gestire il Museo dell’Arrotino. La mostra, in collaborazione con l’Associazione Culturale Museo della Gente della Val Resia, l’Azienda Speciale Villa Manin e la Regione Friuli Venezia Giulia è ospitata fino al 4 marzo negli spazi dell’esedra di levante di Villa Manin e vi sono esposti gli attrezzi indispensabili per lo svolgimento del mestiere dell’arrotino: antiche macchine per arrotare, mole affilatrici di varie dimensioni, biciclette adattate per l’arrotatura, oggetti da taglio, documentazione d’archivio e fotografica che descrivono il mestiere tipico della Val Resia. Sono evidenziate, inoltre, le località frequentate dagli arrotini nei loro traffici commerciali ma anche le rimesse economiche e più in generale la storia e la cultura della Val Resia.

La mostra rimarrà aperta fino al 4 marzo (orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 18; il sabato e la domenica dalle 10 alle 19) e durante i fine settimana gli arrotini della Val Resia arrotano lame e coltelli per tutti i visitatori.