Tarvisio: Weissenfels, il pm chiede il fallimento, ma l’attività è ripartita

 

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di Luana de Francisco

Debiti consolidati, spoliazioni e spartizione dei beni, un’inchiesta penale per presuna esterovestizione e, non ultima, la denuncia dei sindacati: è il mix “esplosivo” posto dalla Procura di Udine alla base dell’istanza di fallimento presentata nei giorni scorsi sia nei confronti della Italricambi spa (stabilimenti a Cividale, Flagogna e Gaiba), sia della sua controllata all’80 per cento Weissenfels Tech-Chain di Fusine, ora in liquidazione. La discussione di entrambi i casi si è tenuta ieri, davanti al tribunale presieduto da Alessandra Bottan (a latere i giudici Massarelli e Zuliani), nelle successive udienze che il collegio ha chiuso, riservandosi la decisione. In aula, per le due aziende, i rispettivi liquidatori Michele De Bellis e Matteo Rossini. Nel corso dell’udienza su Weissenfels, le parti si sono confrontate anche sulla domandata di ammissione al concordato preventivo depositato già qualche tempo fa. Ben prima, quindi, che dalla Procura arrivasse il “siluro” dell’istanza di fallimento. Il piano prevede l’affitto dell’azienda alle Acciaierie Val Canale (costituita ad hoc dall’austriaca Pewag per completare l’affitto di ramo d’azienda), con patto d’acquisto quantificato in 3 milioni di euro. Scelta che il gruppo Early spa di Milano, subentrato ai vecchi amministratori di Italricambi il 18 febbraio scorso, non ha condiviso del tutto. «Spiace che un complesso del genere sia stato venduto a un prezzo così basso – ha detto l’avvocato Pierfrancesco Mussumeci, di Bergamo -. I soli macchinari valgono il triplo di quanto offerto. Se fossimo arrivati prima, avremmo trovato soluzioni diverse. Al liquidatore, comunque, va riconosciuto il merito di avere salvato posti di lavoro». Nell’istanza per Italricambi, il pm esprime un giudizio dubbio sulla proprietà, «specie rispetto alla volontà di effettivamente sanare la situazione e far ripartire la produzione. Sono documentate spoliazioni con contratti verso società con ai vertici figure di non spiccata affidabilità». Peso è stato attribuito anche all’«esistenza di una società estera lussemburghese (fittizia) che controlla il capitale sociale e non aiuta certo a ipotizzare futuro roseo» e alle «dichiarazioni chiarificatrici del segretario regionale Fim Cisl, Sergio Drescig». Per la Procura, inoltre, «è in atto una spartizione e sparizione di quanto di buono è rimasto». Da qui, la decisione di promuovere un’azione in grado di evitare fughe di denaro all’estero, a tutela dei creditori di entrambe le aziende. Tutte questioni rispedite al mittente dal liquidatore di Italricambi. «Le attività sono ripartite a fine aprile – ha affermato De Bellis -. Per riuscirci, una volta entrati nel Cda, abbiamo ottenuto dalla vecchia clientela l’impegno a ricominciare ad acquistare da noi, abbiamo proceduto alla manutenzione di tutti gli impianti rimasti fermi per oltre un anno e abbiamo comprato come Early le materie prime, mantenendo sui prodotti i marchi storici di Italricambi e Mtm. Gli ordini stanno arrivando e il 60% dei dipendenti è già al lavoro. Nel giro di un mese e mezzo, contiamo di riassorbire anche quelli ancora in cassa integrazione e di tornare a pieno regime».