Capodanno : le credenze e i presagi dei Friulani


di CRISTINA BURCHERI

Nel Friuli di una volta si credeva che capodanno avrebbe dato indicazioni significative sull’andamento di tutta l’annata. Dal giorno in cui cadeva si pronosticavano l’andamento stagionale e l’abbondanza, o scarsità, dei raccolti. Pronostici dal giorno in cui cade il capodanno erano antichi e molto diffusi, non soltanto in Friuli, e alimentarono, fino all’Ottocento, una ricca tradizione orale . Presagi sul futuro erano tratti anche dall’anno: se pari prometteva copiose messi, se dispari, scarse. Seguendo Valentino Ostermann (“La vita in Friuli”, 1894, Arnaldo Forni Editore) erano popolarmente ritenuti numeri pessimi il 7, il 13, il 17, il 27 e tutti gli altri composti di 7; addirittura pericoloso il 49 (prodotto dei fattori 7 per 7), il 63 (che risulta da 7 per 9), il 79 e il 97. «A riprova della verità di questi pronostici – scriveva Ostermann – citano il 1813, l’anno della disastrosa ritirata di Mosca, il 1817, di pessima memoria per la carestia, e il 1797, in cui cadde la Repubblica di Venezia». E ancora: i bisesti, in generale, non erano ritenuti favorevoli né alle piante né agli uomini: «An bisest – cita Ostermann – an cence sest». Non soltanto l’andamento meteorologico, le spese e i guadagni relativi all’annata agricola, o la sorte della vendemmia, il giorno di capodanno era importante per avere in anticipo indicazioni in campi quali la salute e l’amore. «Uscendo di casa a capodanno – si legge nelle pagine de “La vita in Friuli” – se si incontra per primo un uomo, si avrà fortuna; se un gobbo, tanto meglio; uno zoppo e una donna pronosticano annata di dispiaceri e disgrazie; un prete, che si avrà un funerale in casa. Alcuni notano, il primo dell’anno, le prime dodici persone che incontrano – prosegue l’Ostermann – per trarne i pronostici dei mesi, e v’è taluno che ne osserva cinquantadue, quante sono le settimane». Tra i diversi modi di prevedere il tempo e i guadagni futuri il rito del fuoco – generalizzando, i falò in pianura e il lancio delle rotelle in Carnia – erano e sono ancora molto sentiti e praticati. Cibo dei giorni di festa, in particolare di questi giorni di festa, è il riso che, come ricorda Giuseppina Perusini Antonini in “Mangiare e ber friulano” (Franco Angeli Editore), era l’ingrediente base delle minestre di capodanno. L’uso del riso in Friuli è assai antico. Importanti quantità sono annotate in un inventario di una bottega cividalese datato 1446. Anche nelle note delle spese della nobile famiglia Colloredo, a cominciare dal 1701 fino al 1840, l’acquisto di riso è abbastanza frequente; tuttavia la minestra di riso si considerava piuttosto ricercata, adatta anche ai pranzi di nozze. Il riso con il latte era una minestra tipica dell’Alta friulana. E ancora, in una nota Perusini Antonini riporta che Novella Cantarutti di Navaròns ricorda che «la notte di Natale si faceva la possègna» uno spuntino a base di “riso nel latte”.