Cargnacco: l’Abs in crisi si ferma per due settimane 27/01/09

 

Dopo che anche a Remanzacco, la Trader spa a messo a tutto il personale in cassa integrazione da un mese (e sembra che Il 40% dei dipendenti, cioè 24 dipendenti, sarà licenziato a breve) ora tocca all’acciaio e all’ABs

La fase acuta della crisi globale era attesa e adesso, puntuale come un orologio svizzero, presenta il conto. Da lunedì 2 febbraio circa 700 tra operai, tecnici e impiegati dell’Abs di Cargnacco resteranno a casa. I vertici dell’acciaieria hanno infatti deciso di procedere con uno stop di 2 settimane che coinvolgerà il 70% dei reparti e degli uffici dello stabilimento. Non saranno operativi i due grandi forni elettrici, vero e proprio cuore della fabbrica. Ma se l’Abs, in queste due settimane, sarà come un gigante senza testa, i 300 dipendenti che continueranno a varcare i cancelli lavoreranno a pieno ritmo. Ci sono due laminatoi, le produzioni a freddo, la manutenzione e i rapporti con i clienti da portare avanti. Confermati quindi, per gli operai, i tre turni sulle 24 ore, per gli impiegati e i tecnici le canoniche 8 ore giornaliere. Il provvedimento, ufficializzato ieri pomeriggio dal vertice del colosso friulano dell’acciaio, viene comunicato in questi giorni al personale e ai sindacati. Un drastico calo della produzione era nell’aria fin dai primi di gennaio, da quando cioè fu richiesta la cassa integrazione. Adesso, purtroppo, i contorni della crisi si fanno più netti con tutte le immaginabili conseguenze che comportano. E per il futuro non ci sono certezze. «Si naviga a vista», confermano dai piani alti dell’Abs. Nessuna nuova, quindi, anche se naturalmente tutti sperano che la situazione possa migliorare in modo deciso, già dal secondo trimestre dell’anno. Ma il mese di marzo, se il quadro non cambierà in modo quasi miracoloso, sarà ancora all’insegna della sofferenza.
Il calo della domanda mondiale di acciaio – è l’analisi del management dell’Abs – , che è una conseguenza del calo della domanda di auto, camion, attrezzature industriali, settore degli elettrodomestici, costruzioni, ponti, macchine per estrazione petrolifera, navi e infrastrutture, negli ultimi 3 mesi dell’anno 2008 è stato del 25-40%, in relazione ai settori e aree geografiche. Per il 2009 si prevede un calo medio del 15% circa rispetto al 2007: nei primi 3 mesi dell’anno si stima possa rimanere a livello di un meno 25, con punte del 40%, sempre rispetto al 2007. Il calo della produzione delle acciaierie di tutta Europa dovrebbe incrociarsi con il calo dei magazzini clienti e quindi stabilizzare, dopo il primo trimestre, la domanda a un meno 15, 20% rispetto al 2007 che comunque è stato un anno record. E’ probabile e auspicabile – questa la previsione sulla quale si ripongono speranze – che si configuri una domanda simile al biennio 2005/2006.
«Per misurare meglio l’entità del calo – aggiungono i vertici dell’Abs – si deve attendere l’evoluzione del mercato nelle prossime settimane. Comunque ogni previsione è incerta e si procede a vista. Lo stabilimento di Cargnacco si è organizzato quindi per produrre in relazione alla domanda e operare di conseguenza con un numero di ore proporzionato agli ordini. Nel primo trimestre del 2009 le previsioni sono ai minimi per quanto riguarda le quantità di acciaio richieste dal mercato e l’azienda non può continuare a produrre per il magazzino prodotti finiti. A consuntivo, nel mese di gennaio, le ore lavorate saranno inferiori del 20% rispetto a quelle lavorabili a pieno regime.

Ma se l’Abs, in queste due settimane, sarà come un gigante senza testa, i 300 dipendenti che continueranno a varcare i cancelli lavoreranno a pieno ritmo. Ci sono due laminatoi, le produzioni a freddo, la manutenzione e i rapporti con i clienti da portare avanti. Confermati quindi, per gli operai, i tre turni sulle 24 ore, per gli impiegati e i tecnici le canoniche 8 ore giornaliere. Il provvedimento, ufficializzato ieri pomeriggio dal vertice del colosso friulano dell’acciaio, viene comunicato in questi giorni al personale e ai sindacati. Un drastico calo della produzione era nell’aria fin dai primi di gennaio, da quando cioè fu richiesta la cassa integrazione. Adesso, purtroppo, i contorni della crisi si fanno più netti con tutte le immaginabili conseguenze che comportano. E per il futuro non ci sono certezze. «Si naviga a vista», confermano dai piani alti dell’Abs. Nessuna nuova, quindi, anche se naturalmente tutti sperano che la situazione possa migliorare in modo deciso, già dal secondo trimestre dell’anno. Ma il mese di marzo, se il quadro non cambierà in modo quasi miracoloso, sarà ancora all’insegna della sofferenza.
Il calo della domanda mondiale di acciaio – è l’analisi del management dell’Abs – , che è una conseguenza del calo della domanda di auto, camion, attrezzature industriali, settore degli elettrodomestici, costruzioni, ponti, macchine per estrazione petrolifera, navi e infrastrutture, negli ultimi 3 mesi dell’anno 2008 è stato del 25-40%, in relazione ai settori e aree geografiche. Per il 2009 si prevede un calo medio del 15% circa rispetto al 2007: nei primi 3 mesi dell’anno si stima possa rimanere a livello di un meno 25, con punte del 40%, sempre rispetto al 2007. Il calo della produzione delle acciaierie di tutta Europa dovrebbe incrociarsi con il calo dei magazzini clienti e quindi stabilizzare, dopo il primo trimestre, la domanda a un meno 15, 20% rispetto al 2007 che comunque è stato un anno record. E’ probabile e auspicabile – questa la previsione sulla quale si ripongono speranze – che si configuri una domanda simile al biennio 2005/2006.
«Per misurare meglio l’entità del calo – aggiungono i vertici dell’Abs – si deve attendere l’evoluzione del mercato nelle prossime settimane. Comunque ogni previsione è incerta e si procede a vista. Lo stabilimento di Cargnacco si è organizzato quindi per produrre in relazione alla domanda e operare di conseguenza con un numero di ore proporzionato agli ordini. Nel primo trimestre del 2009 le previsioni sono ai minimi per quanto riguarda le quantità di acciaio richieste dal mercato e l’azienda non può continuare a produrre per il magazzino prodotti finiti. A consuntivo, nel mese di gennaio, le ore lavorate saranno inferiori del 20% rispetto a quelle lavorabili a pieno regime.

3 Risposte a “Cargnacco: l’Abs in crisi si ferma per due settimane 27/01/09”

  1. PRECENICCO (26 gennaio, ore 18.30) – Anche per lo stabilimento Safilo di Precenicco scatta la cassa integrazione ordinaria. Il provvedimento riguarderà il 35% dei tempi di lavoro fino alla fine di marzo, ma l’impatto sul salario sarà ridotto al minimo perché la riduzione di orario verrà spalmata su tutti i circa 300 dipendenti dello stabilimento.

    Si conferma dunque il difficile momento del gruppo che ha un sito produttivo anche Martignacco con oltre 600 lavoratori in cassa integrazione sempre a rotazione. I rappresentanti dei lavoratori hanno già chiesto un incontro con il nuovo amministratore delegato del gruppo Safilo, Roberto Vedovotto, che avverà circa tra un mese. La speranza è che dopo marzo riprendano i volumi di mercati per consentire il lavoro pieno a tutti dipendenti, anche se in sindacati non nascondono che «la crisi è appena cominciata – come afferma il sindacalista della Cisl, Augusto Salvador – e ci si dovrà adattare alle esigenze del mercato e stare attenti anche agli umori della Borsa».

  2. aggiornamento 28/01/09

    MOIMACCO. La crisi colpisce anche Moimacco e la D.L. Radiators, azienda del gruppo De Longhi, con circa 400 dipendenti. Che dal 5 febbraio saranno tutti in cassa integrazione, per due giorni a settimana e per sei settimane. L’accordo è stato siglato ieri sera nella sede udinese di Confindustria tra i responsabili dell’azienda e i sindacati.

    Mercoledì 4 febbraio saranno gli esponenti delle organizzazioni sindacali a spiegare ai lavoratori, in assemblea, la situazione e le modalità dell’intervento. Alla riunione di ieri hanno preso parte Fabio Peressini, responsabile delle risorse umane del gruppo De Longhi, Mauro Vecchiettini, direttore di produzione dello stabilimento di Moimacco, Sergio Dressig, segretario della Fiom-Cils di Udine, Maurizio Balzarini, segretario Fiom-Cgil di Udine, le Rsu aziendali e un esponente di Confindustria. L’azienda, che realizza radiatori d’acciaio per il riscaldamento domestico, metterà i propri dipendenti in cassa integrazione il giovedì e il venerdì, da giovedì 5 febbraio e fino a metà marzo. Un provvedimento assunto a causa del calo di ordini e della loro mancata conferma da parte di Paesi come Francia e Gran Bretagna.

    Nell’accordo, però, è anche previsto che la D.L. Radiators anticipi ai propri lavoratori le quote di cassa integrazione, quelle che dovrebbero essere pagate dall’Inps, conguagliando poi le somme con l’Istituto. La situazione dell’azienda, inoltre, verrà tenuta costantemente monitorata dall’azienda stessa, dalle rsu e dai sindacati per capire gli andamenti del lavoro. Tutti questi aspetti saranno al centro dell’assemblea convocata dalle organizzazioni sindacali il 4 febbraio, organizzazioni che non nascondono la loro preoccupazione. «Prosegue il momento di sofferenza economico e – afferma Dressig – si sta allargando il fronte della aziende che ricorrono alla cassa integrazione ordinaria. Come avevamo pronosticato, a dicembre la cassa integrazione colpiva le piccole e medie imprese mentre a gennaio si è abbattuta sulle grosse realtà che nei mesi precedenti stavano consumando le ferie residue o avevano deciso per chiusure lunghe di tre quattro o settimane. Oggi ci troviamo di fronte a una realtà in cui anche le grandi aziende fanno ricorso alla cassa integrazione ordinaria e a questo punto ci aspettiamo che le piccole e medie realtà possano passare dalla cassa integrazione ai licenziamenti». È quest’ultima per la Cisl la paura più grande. «Faremo tutto il possibile perché ciò non accada – prosegue Dressig –, perché sarebbe una disfatta. Questa crisi va affrontata non aspettando, ma agendo sugli investimenti, l’innovazione tecnologica e la ricerca, fabbricando prodotti d’eccellenza e di alta qualità e, quindi, formando anche i lavoratori».

  3. Aggiornamento del 29/01/2009

    Sono un’ottantina i lavoratori del settore dell’artigianato che in montagna sono coinvolti nella crisi economica globale. Si tratta di operai e di addetti dipendenti di piccole realtà aziendali che non possono ricorrere alla normale cassa integrazione ordinaria ma unicamente alla sospensione del lavoro e al sostegno al reddito previsto per queste categorie. Di fatto percepiscono una somma mensile simile a quella stanziata in caso di cassa integrazione ordinaria ma che viene erogata attraverso la disoccupazione ordinaria dell’Inps (per il 60%) e dell’Ente bilaterale (per il 20%). Le sospensioni, che fino a dicembre dello scorso anno venivano trattate dalle organizzazioni sindacali abbastanza raramente (circa una volta ogni tre mesi), adesso sono cresciute molto, andando a coinvolgere realtà locali che operano nei campi della metalmeccanica, del legno e dell’occhialeria. In diversi casi si è trattato di un ricorso obbligato alla forma di supporto economico, conseguente al calo di lavori registrato nelle grandi fabbriche per cui le aziende operano come terziste o per servizi di manutenzione (come ad esempio Automotive Lighting di Tolmezzo, Rino Snaidero di Majano e Pittini di Osoppo). Nel settore della metalmeccanica sono più di 50 gli operai in sospensione (provvedimento che non porta comunque al licenziamento né alla perdita del posto di lavoro). Cinque le aziende coinvolte. Sono “Lmm Srl” di Ragogna, “Cristal Color” di Tolmezzo (una decina di persone), “Mt Zaninello” di Trasaghis, “Lampor” di Prato Carnico e “Calligaro Gianni” di Osoppo. Nel settore legno minore l’impatto con tre aziende che hanno siglato accordi; sono la “Policomp” di Majano, la “Olz Hause” di Magnano in Riviera e “Cargnelutti Ermete” di Gemona. Una ventina le persone coinvolte. Nel campo dell’occhialeria, invece, si registra una sola realtà, la “Occa Srl” di Prato Carnico (coinvolti una decina di dipendenti). Sul fronte occhiali, in provincia non c’è crisi solo per la Safilo di Martignacco e Precenicco ma anche per la fabbrica Visottica di Nimis che sta comunque per uscire da una cassa integrazione ordinaria siglata alla fine dello scorso anno (provvedimento che si è esteso per dodici settimane).

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