foto dal MV di oggi
L’acque della Carnia da sempre sono state captate, imbrigliate, costrette a percorsi diversi oppure imbottigliate tanto è vero che la secca (estiva e non) di fiumi e torrenti è dovuta proprio a questo. Questa non è una novità neanche per il Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento. La novità però è che con le nuove normative che di fatto consentono la privatizzazione o l’utilizzo dell’acqua per produrre energia, nuove richieste di di altre captazioni sono già state inoltrate da privati e consorzi
di ANTONIO SIMEOLI |
Lo chiamano assalto all’acqua. E non esagerano perchè nei torrenti, rii, laghi della Carnia sono oltre settanta al momento le prese d’acqua che servono ad alimentare centraline elettriche, grandi o piccole che siano. Settanta, ma solo per ora perchè sono decine le richieste di autorizzazioni di altre captazioni già inoltrate da privati e consorzi. E dalla montagna friulana si alza un vero e proprio grido di dolore. |
A lanciarlo è il Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento, che nel 2001 fece pressing sulla Regione affinchè varasse una legge (la numero 28) capace di garantire il minimo deflusso vitale dei fiumi, minacciati da captazioni dalla sorgente alla pianura. Se i corsi d’acqua della Carnia, e in generale di tutto l’Alto Friuli, sono spesso in “secca”, Franceschino Barazzutti, il presidente del Comitato è invece un fiume in piena. «Basta centraline sui torrenti della Carnia – attacca Barazzutti – basta, la Regione fermi tutte le domande, faccia sedere un gruppo di esperti intorno a un tavolo e decida, solo sulla base della scienza, dove possano venire concesse altre autorizzazioni per la realizzazione di centraline senza assestare il colpo di grazia ai corsi d’acqua». Il Comitato chiede una moratoria, non chiude le porte in faccia a chi vuole utilizzare l’acqua per produrre energia. «Non siamo contro il progresso – spiega Barazzutti – purchè questo non vadano contro l’ambiente. Ma quanta dell’energia prodotta dalle centraline montane resta poi in Carnia? «Poco o niente e il problema è anche questo – continua Barazzutti – l’unico esempio di sfruttamento delle risorse a beneficio del territorio è quello della valle del But dove la società Secab, grazie a una serie di centraline, riesce a vendere l’energia alla gente e soprattutto alle imprese a metà del prezzo di mercato». E, secondo il Comitato, è anche grazie alla bolletta energetica meno pesante se le piccole imprese artigiane della zona riescono, pure in un momento difficile, a tirare avanti. C’è la Secab, in Carnia, ma ci sono anche le prese d’acque della Cominità montana, dei privati e delle fabbriche e, soprattutto dell’Enel «che – continua Barazzutti – quando era ancora Sade nel dopoguerra ha cominciato l’assalto ai nostri torrenti». |