Casarsa della Delizia: convegno dal titolo Pasolini e la televisione


MARIO BRANDOLIN dal MV di oggi

Il Centro studi Pier Paolo Pasolini proporrà venerdì e sabato prossimi, nel teatro di Casarsa della Delizia, il convegno dal titolo Pasolini e la televisione. Si comincerà venerdì alle 15 per finire in serata quando sarà anche letto il brano “Il padrone della tv” da L’Histoire du soldat con la partecipazione di Ninetto Davoli . Il convegno riprenderà sabato alle 9 per concludersi attorno a mezzogiorno. Al tema, che sarà affrontato attraverso proiezioni, dibattiti e spettacoli, dedichiamo questa riflessione su quanto Pasolini disse e scrisse sull’uso del mezzo televisivo. <br />
Un’ora con Ezra Pound è il titolo del filmato che aprirà venerdì, alle 15, il convegno dedicato al sempre difficile rapporto fra Pasolini e la televisione. Dura 23 minuti e documenta l’incontro avvenuto fra Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound nell’autunno del 1967 quando venne ripreso dal regista Vanni Ronsisvalle e poi trasmesso dalla Rai, nell’ambito della rubrica Incontri, nel 1968. Pasolini si servì in questo caso dello strumento televisivo per agire poeticamente e politicamente, dando prova di una capacità esegetica e di un approccio critico-culturale del tutto nuovi per l’epoca. Il fascismo di Pound viene così riletto attraverso la sua poesia. Ne risulta il ritratto di un uomo «perfettamente inadattabile a questo mondo» a causa di un «trauma». Il filmato sarà presentato venerdì da Luciano De Giusti.
Profetico, come pochi altri intellettuali della sua e della nostra epoca, Pier Paolo Pasolini negli ultimi anni della sua attività di scrittore, di artista, di polemico indagatore dei cambiamenti che avevano radicalmente mutato la società italiana a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, aveva individuato nella televisione una delle cause, se non la causa principe (l’altra era, secondo lui, la scuola, e la media dell’obbligo in specie) di quel processo di depauperamento antropologico, di perdita delle radici e di frustrazione delle differenze sfociato in una passiva omologazione di massa ai modelli del benessere consumistico.
E al tema “Pasolini e la televisione” è dedicato il convegno nazionale in programma venerdì e sabato prossimi organizzato a Casarsa del Centro studi Pasolini, mentre una due giorni fra proiezioni e dibattiti si è già svolta a Bologna il week-end scorso in partnership con la locale Cineteca che raccoglie il materiale video cinematografico pasoliniano del Fondo Laura Betti.
Perché la televisione, dunque? Perché la televisione, secondo Pasolini, «non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere». E si badi bene che Pasolini parlava così quando di canali televisivi ce n’erano pochi e la tv commerciale, quella che ha impresso un’accelerazione iperbolica alla manipolazione e alla destrutturazione passivante delle capacità critiche del telespettatore, era ancora di là da venire o solo ai primi timidissimi albori e uno dei suoi tycoon e proprietari non era anche il premier del Paese.
Ma lasciamo la parola ancora al poeta di Casarsa, parola di lucida spietatezza nell’arrivare al cuore del problema: «Per mezzo della televisione – scriveva sul Corriere della Sera nel 1973 – il Centro ha assimilato a sé l’intero Paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo e del nuovo fenomeno culturale “omologatore” che è l’edonismo di massa…».
Analisi di una puntualità sconvolgente che fa di Pasolini una sorte di aruspice – così Giuseppe Bartolucci – capace di leggere il futuro ancora in nuce nei segnali del presente. Da qui, pochi mesi prima di morire, la provocazione, paradossale forse, certamente non priva di una sua forza propositiva e di potenza di pensiero. Scriveva Pasolini sul Corriere del 17 ottobre 1975: «Due modeste proposte per eliminare la criminalità (vista come punta di un diffuso pericoloso iceberg di disagio e di spaesamento del mondo giovanile, ndr); sono due proposte swiftiane, come la loro definizione umoristica non si cura minimamente di nascondere (e in attesa di tempi migliori). Primo abolire immediatamente la scuola media dell’obbligo. Secondo abolire immediatamente la televisione(…). Ciò che ho detto a proposito della scuola media (è un imbroglio in quanto illude il giovane, quello proletario in particolare, di un avanzamento che è una degradazione, perché lo rende presuntuoso – a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato e spesso contemporaneamente e angosciosamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza), a proposito della televisione va moltiplicato all’infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un “esempio”: i “modelli” cioé, attraverso la tv, non vengono parlati ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? È stata la televisione che ha praticamente (essa non è che un mezzo) concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irragiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla tv, tendono inarrestabilmente a essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino all’infelicità (che non è colpa minore)».
Due proposte il cui scopo doveva, sempre secondo la lettura critica che della contemporaneità dà Pasolini, «restituire la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci».
E che la tv, oggi molto più di allora (1975) sia un feticcio, strumento di consenso e ottundimento delle menti, è di un’evidenza e di una drammaticità senza pari. Pasolini però pensava anche che la tv potesse, se usata con scopi formativi e non manipolativi, diventare strumento importantissimo per la costruzione di nuove sensibilità, nuove forme di comunicazione più autentica e documentanzione non strumentale e/o falsificata. I suoi documentari, alcuni dei quali prossimamente saranno presentati anche a Casarsa, fanno un uso alternativo del mezzo televisivo e delle nuove tecnologie, convinto com’era, Pasolini, «che tali mezzi non siano in sé negativi: sono anzi d’accordo – diceva – che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani».
Sarà perciò molto interessante sentire e scoprire quali nuove riflessioni e stimoli verranno dal convegno di Casarsa e dalla rilettura, alla luce delle nuove realtà politiche e sociali del nostro Paese, delle tesi e delle analisi pasoliniane, la cui centralità anche rispetto all’oggi resta di innegabile attualità.