Cercivento: appello all’Italia: «Riabilitate i 4 alpini fucilati ingiustamente»

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di Luciano Santin

La politica e la società civile si mobilitano: raccolta di firme. Tutti i partiti scrivono a Napolitano. De Monte capofila.

«Signor Presidente, l’Italia ricorda in questi giorni, e lo farà ancora per quattro anni, il centenario della Prima guerra mondiale, un olocausto europeo per il quale non è stata coniata definizione più efficace di quella pronunciata da Papa Benedetto XV: “l’inutile strage”. Tra i milioni di vittime militari, un certo numero cadde perché passato per le armi, a volte dopo sentenze frettolose emesse dai tribunali militari, a volte “giustiziato” sul posto, senza nessun tipo di processo. Giovani fucilati, e condannati al disonore, perché il Comando supremo era convinto che questi fossero gli esempi di cui l’Esercito italiano aveva bisogno. Tre lustri fa, a Craonne, luogo di massacri e di diserzioni, il premier francese Lionel Jospin cancellò questa damnatio memoriae. Disse che alcuni uomini, sfiniti dagli attacchi e consapevoli di essere inesorabilmente destinati al sacrificio, scivolando nel fango impastato di sangue e, insieme, in una disperazione senza speranza, avevano rifiutato di essere mandati al macello: “Questi soldati fucilati in qualità di esempio, nel nome di una disciplina il cui rigore è stato pari solo alla ferocia dei combattimenti, vengono oggi pienamente reintegrati nella memoria collettiva nazionale». «Da alcuni anni, in Friuli, varie persone, parti politiche e amministrazioni, chiedono un gesto di clemenza postuma nei confronti di quattro alpini del battaglione Monte Arvenis fucilati a Cercivento perché la loro compagnia aveva controproposto a un assalto suicida alla cima del Cellon, che sovrasta il passo Monte Croce Carnico, un attacco notturno con il favore delle nebbie. Reiteriamo questa istanza, Signor Presidente, chiedendo che venga allargata a tutti i condannati dai tribunali militari, per reati in qualche modo connessi con le “fucilazioni per l’esempio” e le decimazioni. Ciò sull’insegnamento di quanto fatto da Francia e Inghilterra, e in ragione della mutata sensibilità nazionale nei confronti della guerra, luminosamente affermata dall’articolo 11 della Costituzione, così come delle recenti modifiche legislative che escludono, per l’Italia, la pena di morte anche in caso di guerra». «Fiduciosi nella Sua disponibilità a un atto di comprensione e di umana pietà, nei modi e nei limiti che Ella crederà di scegliere, per restituire l’onore a questi caduti italiani nella Grande guerra, ci firmiamo con osservanza». Questo l’appello relativo ai fusilâz di Cercivento che si intende presentare ai vertici dello Stato, dopo una campagna di raccolta firme, con la speranza di arrivare a un atto, o riconoscimento formale, che potrebbe coincidere con il 1 luglio 2016, anniversario dell’esecuzione. Il testo è stato steso al bosco di Museis di Cercivento, alcuni giorni fa, in occasione della presentazione del libro “Ed ora andiamo!” (vedi articolo a latere), diario di un ufficiale toscano che parla anche dell’esecuzione dei quattro alpini friulani, Silvio Gaetano Ortis da Paluzza, Basilio Matiz da Timau, Giovan Battista Corradazzi da Forni di Sopra, Angelo Massaro da Maniago. L’appello è stato promosso e firmato da esponenti di varia estrazione riuniti in un comitato che ha al vertice l’eurodeputata Isabella De Monte, e ha trovato un immediato e autorevole appoggio in un odg votato all’unanimità dal consiglio provinciale di Udine. Presentato dai capigruppo del centrodestra Carlantoni, Bordin e Marmai, condiviso, e “idealmente sottoscritto” dal capogruppo dell’opposizione Federico Simeoni, il testo impegna il presidente Fontanini “ad associarsi alla richiesta e a sostenere, in tutte le sedi opportune, le iniziative, intraprese o da intraprendere da parte dei vari Comuni, finalizzate a riportare la verità storica a riparazione della memoria dei quattro alpini la cui immagine è lesa ormai da troppo tempo e ridare un po’ di pace negli animi di tutti coloro che hanno ingiustamente sofferto per queste morti”. Della partita sono anche i comuni da cui provenivano i quattro ragazzi passati per le armi: Paluzza, Maniago e Forni di Sopra, il cui sindaco, Lino Anziutti, aveva già, qualche tempo fa, inviato un proprio appello a Napolitano. La risposta, a firma del consigliere del Presidente della Repubblica per le questioni militari, generale Mosca Moschin, si era limitata a citare asetticamente l’inammissibilità dell’istanza, dichiarata dal procuratore generale presso la corte militare d’appello nel febbraio 2010. Ma anche sul versante magistratuale qualcosa si sta muovendo: un mese fa il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex pm militare, assieme ad alcuni colleghi, ha chiesto l’intervento del ministro della Difesa Pinotti. “Riteniamo sia veramente giunto il momento di riammettere quei soldati nel seno della Nazione, analogamente peraltro a quanto in tal senso hanno già fatto, nel corso dell’ultimo decennio, tanto la Francia quanto la Gran Bretagna. In passato vi è stata, Sig. Ministro, una iniziativa di taluni discendenti di soldati condannati a morte e fucilati (il riferimento è all’episodio della fucilazione di quattro alpini, a Cercivento, in Carnia, in data 1° luglio 1916, episodio ed iniziativa di riabilitazione su cui è stato altresì scritto un bel libro “La fucilazione dell’alpino Ortis”, Mursia 1999). Quel tentativo di addivenire, per via giurisdizionale, ad una riabilitazione postuma di alcuni condannati a morte è tuttavia naufragata per ragioni di stretto diritto positivo”, ha scritto Dini. “La soluzione che proponiamo alla S.V. sarebbe per contro quella di adottare un “provvedimento clemenziale” di carattere generale, a favore di tutti i condannati a morte del I° conflitto mondiale”.