Da una veloce analisi (fatta da persone non necessariamente esperti del settore) esiste un Marketing che sa ascoltare le esigenze del mercato (per poi formulare risposte e prodotti adeguati), ed un Marketing che ignora puntualmente i bisogni reali per crearne invece di nuovi. Nella grande distribuzione organizzata questa dualità è molto evidente, più che altrove.
Basta osservare gli scaffali, la disposizione e l’assortimento delle referenze e dei marchi per ogni tipologia di prodotto, per capire come e dove si vuole orientare l’acquirente. Ogni punto vendita – per collocazione urbana e tipologia sociale della clientela abituale – conosce le abitudini, la capacità di spesa, i gusti degli avventori. Come? Attraverso le fidelity card, i concorsi periodici che prevedono la compilazione di cartoline con dati sensibili etc. Oppure, più semplicemente, con la constatazione diretta dei prodotti più venduti e puntualmente esauriti. Il consumatore moderno (quello cioè uscito con le ossa rotte dal post-Euro) predilige un buon rapporto qualità-prezzo, sa frenare gli acquisti d’impulso, è meno fedele alla marca, tiene in considerazione il passaparola, cerca risposte immediate e concrete ai suoi fabbisogni senza dare chance alle promesse scritte sulle etichette. Non sempre però al negozio conviene (in termini di margine) assecondare sempre le richieste del suo pubblico, e allora cosa fa? Una volta esaurito un prodotto sullo scaffale, prima di riproporlo, tenta di esaurire anche gli altri (puntualmente più costosi a parità di qualità, magari). Questo comportamento (ahimè diffusissimo) solleva solitamente il disappunto dei clienti, si sentono "traditi" e – se proprio non costretti da una imminente necessità – migrano altrove a "completare" gli acquisti del giorno. La "migrazione", anche occasionale, è un evento pericoloso perchè induce alla scoperta della concorrenza, pronta a coccolare e fidelizzare con le sue offerte i nuovi clienti.
Provate a pensare alla vostra esperienza di consumatori: chissà quante volte vi sarà capitato di finire per puro caso in un negozio, di apprezzarne l’insospettabile offerta e di ritornarci?
Credo che sarebbe fondamentale reintrodurre anche nel marketing (ma in generale in tutta quella che viene definita società civile) l’etica nei comportamenti, quell’etica che era propria dei piccoli negozi e piccoli esercizi commerciali, i quali sapendo che il loro valore era dettato dalla fedeltà dei loro clienti, ben si guardavano dal raggirarli o dal fregarli in qualche modo. Ed è per questo motivo che ci mancano tanto: meglio la solidità e l’etica di un piccolo negozio che i luccichii e le vacue lucentezze di un intero centro commerciale.