Friuli: a Natale per combattere la trippa, mangiamola di nuovo “La trippa”


di CRISTINA BURCHERI
Nel Friuli di una volta quelli antecedenti al Natale erano giorni particolarmente carichi di attesa. In diverse località delle Valli del Natisone il 15/16 dicembre iniziava la devètiza, la novena di Natale, riservata esclusivamente alle donne. Ci erudisce Mario Martinis dalle pagine de “Il grande lunario del Friuli” edito per “La biblioteca del Messaggero Veneto”: «L’Avvento si conclude con il Novenario o novena di Natale, azione liturgica celebrata nelle sere tra il 15 e il 23 dicembre e soprattutto con la Messa di Mezzanotte (Madins), celebrata solennemente in tutte le chiese e arricchita da diversi usi e consuetudini locali». Una data importante è anche il 21 dicembre, San Tommaso, quando cade il solstizio d’inverno che apre un nuovo ciclo. In questi giorni, a ridosso delle solenni feste natalizie, era costume nei paesi del Friuli fare piccoli riti divinatori e profetici. Una curiosità: le ragazze in età da marito, come racconta Andreina Nicoloso Ciceri in “Tradizioni popolari in Friuli” (Società filologica friulana – Chiandetti editore), usavano versare piombo fuso in una bacinella di acqua fredda «per interpretare poi i segni che si formavano, onde indovinare il mestiere del futuro sposo». La credenza popolare vuole infatti che in questi giorni straordinari, magici, iniziatisi con il solstizio, ogni anno rinnovano i prodigi che la prima volta si sono compiuti al momento della Natività. Tra le diverse pratiche lungo il novenario precedente alla Natività due erano piuttosto diffuse in tutto il Friuli: le rappresentazioni sacre, sfociate nell’allestimento dei presepi, e le questue dei ragazzi. L’uso della questua augurale è molto antico. In alcuni paesi, come a Forni di Sotto ed Enemonzo, la richiesta dei subs ovvero dei siops veniva fatta la sera della vigilia dell’Epifania. I siops (oppure sops o siobs) consistevano nei doni tradizionali: noci, nocciole, pere, mele, pane di sorgo appositamente preparato per le questue augurali, castagne, fagioli, patate lesse, semi secchi di zucca, e, ogni tanto, anche qualche soldo… L’etimo della parola siops è incerto; un’ipotesi mette questo termine in rapporto con la locuzione latina si opes haves, ma si tratta solo di un’ipotesi.<br />
Altri modi per chiamare questi piccoli doni augurali erano coleda o buna man. Coleda, di origine slava, deriva dal latino kalendae. Attendevano invece la buna man i cortei di ragazzini che la mattina del primo dell’anno andavano sulle soglie delle case a cantare strofe benaugurali.
Tra gli antichi cibi consumati in attesa del Natale una menzione speciale è dedicata alla trippa, considerata cibo “di magro”, era servita sulle mense friulane la sera della Vigilia.