Friuli: approvato dalla Giunta Regionale del FVG il disegno di legge sul riordino degli enti locali montani

Approvato dalla Giunta Regionale del FVG il tanto atteso disegno di legge sul riordino degli enti locali montani, che prefigura la nuova organizzazione dei comuni montani  che dovrà subentrare nelle competenze alle Comunità Montane commissariate un anno fà. Comincia così il prossimo iter in Consiglio Regionale della Legge e già la Lega prende parzialmente le distanze prefigurando emendamenti e correzioni al testo appena approvato .

Il disegno di legge sul riordino degli enti locali montani e’ stato approvato oggi in via preliminare dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia. Il documento, che delinea prospettive nuove in funzione del miglioramento dei servizi ai cittadini mediante il rafforzamento delle strutture organizzative degli enti locali, proseguira’ ora il suo iter con l’acquisizione della prevista intesa con la Conferenza dei sindaci della montagna per passare al vaglio del Consiglio delle Autonomie locali e della competente Commissione consiliare. L’intervento di riforma istituzionale proposto dal nuovo ddl e’ limitato ai Comuni interamente o parzialmente montani delle province di Udine e Pordenone. Per la collocazione del Collio, si e’ ritenuto che le funzioni gia’ esercitate dalla Comunita’ montana siano trasferite alla Provincia di Gorizia la quale ha gia’ dimostrato di saperle svolgere egregiamente nel territorio carsico al pari della Provincia di Trieste. Secondo quanto indicato nel documento, l’area montana resterà invariata rispetto a quella attuale per quanto concerne le indicazioni di svantaggio socioeconomico, mentre è stata mantenuta la previsione di graduare i benefici in tre fasce d’intervento, senza peraltro preclusione alcuna per una rivalutazione dei caratteri di montanità o di effettivo svantaggio.<br />
L’esigenza di garantire efficienza organizzativa tenendo conto delle attuali omogeneità territoriali, ha indotto a proporre l’aggregazione dei Comuni montani in 6 ambiti territoriali, ognuno dei quali corrispondente ad una "Unione dei Comuni montani" basata sul modello consolidato delle Unioni di Comuni.
A contraddistinguere ciascun ambito ci saranno opzioni radicali ed innovative, come la presenza di due soli organi e cioè presidente ed assemblea, l’esercizio di fondamentali funzioni precedentemente in capo ai Comuni, la costituzione obbligatoria e l’esercizio, altrettanto obbligatorio, delle funzioni delle Comunità montane.

2 Risposte a “Friuli: approvato dalla Giunta Regionale del FVG il disegno di legge sul riordino degli enti locali montani”

  1. Aggiornamento del 20/05/2010

    Lo scontro si consuma sulla sostanza, cioè sui compiti delle ex Comunità montane. Perché la Lega avrebbe voluto che il “pacchetto” fosse consegnato alle Province, mentre il Pdl ha deciso che quelle competenze andassero alle Unioni dei Comuni montani. Ha vinto il Pdl. Ieri la giunta guidata da Renzo Tondo ha espresso il primo sì alla riorganizzazione. La Lega avverte: non è la nostra riforma.

    La rivoluzione, che il Carroccio assegna a Tondo e all’assessore all’Organizzazione Andrea Garlatti, partiva da quattro Comunità montane e approda a sei Unioni di Comuni, una nel pordenonese e cinque per la provincia di Udine, quelle del Cividalese, del Tarcentino, del Gemonese, della Carnia e del Tarvisiano. I dipendenti, un centinaio, verranno dislocati nei nuovi organismi che saranno equiparati a un ente locale. I compiti, però, saranno più ampi e qui nasce lo scontro Lega-Pdl.
    «Questa riforma non è ciò che vuole la Lega – afferma il capogruppo del Carroccio Danilo Narduzzi –, perché per noi le competenze delle ex Comunità montane andavano assegnate alle Province, creando un assessorato per la Montagna. Se si è scelto di fare altro, noi ne prendiamo atto, dando un voto tecnico favorevole perché a chiedercelo è stato Tondo, ma speriamo di poter aggiustare in corsa questa riforma». L’assessore (leghista) alle Autonomie locali, Federica Seganti, chiede invece chiarezza. «Perché non si verifichino doppioni, sovrapposizioni o buchi di competenze – argomenta l’assessore – con l’istituzione delle Unioni dei Comuni». La proposta propone l’aggregazione delle amministrazioni montane in sei ambiti territoriali, mentre i Comuni con più di 4.500 abitanti potranno non aderire alle Unioni, perché in virtù delle loro dimensioni sono già sufficientemente organizzati. Ciascun ambito sarà organizzato con due soli organismi, il presidente e l’assemblea. «Il disegno di legge ora inizierà l’iter di confronto con il territorio – sottolinea Seganti – e rimangono due temi aperti: la definizione puntuale delle funzioni che resteranno in capo ai Comuni e alle Unioni e il riscontro degli enti locali sulle Unioni, che avranno successo solo se i Comuni ci crederanno. Loro dovranno dirci con chi si sentono di vincere questa sfida», conclude l’assessore.
    La giunta ieri ha deciso anche di accelerare sul progetto di Unicredit per il polo logistico di Trieste e Monfalcone (Gorizia), da tre milioni di Teu, la misura standard di volume nel trasporto dei container. E ha incaricato l’assessore ai Trasporti Riccardo Riccardi di procedere all’intesa tra Stato e Regione per la nuova governance della portualità regionale e per dare una spinta concreta al progetto del colosso bancario, che per questo e altri obiettivi ha dato vita alla controllata Unicredit Logistics. Riccardi ha sottolineato che l’intervento finanziario pubblico (fondi Ue, statali e regionali) da affiancare a quello privato, deve riguardare le opere infrastrutturali, soprattutto ferroviarie. In campo stradale, infatti, occorre pensare al potenziamento degli svincoli porto-autostrada, mentre più cospicui appaiono gli interventi sulla rete ferroviaria. In particolare, ha evidenziato l’assessore, si pensa al raddoppio della Ronchi-Cervignano-Udine e della circonvallazione di Udine, alla realizzazione della nuova linea ad Alta velocità/capacità Ronchi-Trieste, con i nuovi innesti verso il porto, e al raddoppio della linea Bivio San Polo-Monfalcone e al potenziamento del terminal ferroviario di Monfalcone

  2. Aggiornamento del 21/05/2010
    Bacchettano la Lega e aprono al centrosinistra. I consiglieri regionali del Pdl Luigi Cacitti e Paolo Ciani commentano la prima approvazione da parte della giunta della riforma delle quattro Comunità montane, che diventeranno sei Unioni di Comuni. Una riforma da cui la Lega ha preso le distanze, perché avrebbe voluto che le competenze delle Comunità venissero semplicemente assegnate alle Province.
    «Inizia un complesso lavoro di riordino degli enti locali della Regione – dicono Cacitti e Ciani – e a chi dice che vogliamo creare dei doppioni di competenze, rispondiamo e garantiamo che questa è una riforma che cancella le Comunità montane e attribuisce nuovi compiti e funzioni alle amministrazioni comunali, che potranno garantire numerosi servizi in forma associata. Dar vita, come propone qualche collega poco lungimirante, a piccole realtà di unioni di Comuni significherebbe non riuscire a dare risposte alle problematiche, mentre le Province hanno compiti di area vasta e non sono in grado di intervenire nella specificità di queste realtà». I due pidiellini spiegano che ora partirà una fase di confronto con i Comuni, «che vogliamo coinvolgere per migliorare il testo, ancora pasticciato. E riteniamo che su temi così importanti – concludono Cacitti e Ciani – vi debba essere un vero e serio confronto fra tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale perché le grandi riforme, come questa, devono essere condivise nella forma più ampia possibile».
    Attacca invece il Pd con i consiglieri Franco Iacop, Enzo Marsilio e Sandro Della Mea. «La norma non chiarisce a chi compete l’elaborazione delle politiche e delle strategie per lo sviluppo endogeno e sostenibile del territorio montano. Ma soprattutto – dicono i tre democratici – rimangono indefiniti una serie di aspetti fondamentali per le azioni di governo dell’area montana. Non sono ancora definite in maniera compiuta le attribuzioni delle competenze tra i Comuni e le previste unioni obbligatorie, ma nemmeno la partecipazione alle unioni dei Comuni più popolati e di riferimento per i territori, in nome di logiche di favore verso i comuni maggiori guarda caso amministrati dal centrodestra. È anche contraddittoria – concludono Iacop, Marsilio e Della Mea – la previsione di unioni formate da decine di comuni quali quelli del pordenonese e della Carnia, rapportate a quelle molto più piccole del gemonese e delle valli del Torre e del Natisone».
    Maurizio Salvador, consigliere dell’Udc, spiega invece che c’è ancora molto lavoro da fare. «Importante è stato il riaffermare la centralità che i Comuni, grandi e piccoli, hanno in questo progetto di riforma. Ma rimane da fare – argomenta Salvador – ancora molto e rilevante sarà il contributo dei sindaci e la loro capacità propositiva per adattare il modello alle caratteristiche dei singoli territori». Chiede, infine, un percorso condiviso con il centrosinistra il consigliere di Idv Enio Agnola

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