Friuli: dopo Zoncolan, Cainero non ci sta. «Daspo per i tifosi e voglio sapere chi è»

Nel fermo immagine dall'emittente Eurosport, un uomo nudo corre in salita al fianco dei ciclisti del Giro d'Italia (foto: ANSA)

Sullo Zoncolan non solo spinte, ma anche emuli di Borat.

La maglia rosa sta per arrivare al foglio firma in piazza del Ferro. Al villaggio hospitality arriva Enzo Cainero. Raggiante per tutta la gente che ha visto arrivare in città per il Giro e per l’onda lunga del successo di pubblico dello Zoncolan. Sì, perché l’”effetto Zoncolan” si fa già sentire. Il patron del Giro Mauro Vegni e il suo vice Stefano Allocchio l’hanno ancora una volta ringraziato per quanto fatto (ne riferiamo a parte). Lui però ha un cruccio: quelle tre-quattro “invasioni di campo” di pseudo-tifosi che hanno in qualche modo macchiato il tappone più atteso del Giro. «E se i tifosi mettono le mani addosso ai corridori gli organizzatori possono farci poco o nulla» chiarisce subito Cainero. Discorso chiuso quindi e tutto lasciato alla buona educazione del popolo del ciclismo? No. Il patron lancia quella che in un primo momento sembra essere una provocazione: «Chiederò già oggi alla Rai le immagini tv di quello sciagurato che ha fatto cadere il povero Bongiorno, poi farò tutti i passi necessari con le forze dell’ordine per identificarlo». Una provocazione, fatta magari sull’onda dell’ennesimo successo organizzativo? No. E Cainero lo fa capire subito. «Non permetterò – spiega – che il lavoro di settimane, mesi, venga buttato via da gesti sconsiderati. Non vogliamo questa gente sulle strade del ciclismo, è uno sport che non ha bisogno di questo – dice –. Quindi, sulla scia di quanto fatto dal calcio, chiederò di istituire il Daspo anche per i tifosi del ciclismo che si rendano protagonisti di comportamenti irresponsabili». Il manager friulano ha un diavolo per capello. Più, almeno apparentemente del «povero” Bongiorno, il corridore calabrese che sabato pomeriggio, mentre si stava giocando la vittoria sul prestigioso traguardo dello Zoncolan a 2,8 km dalla vetta, è stato urtato da uno spettatore che l’ha costretto a togliere lo scarpino dal pedale e quindi a dare addio al sogno d’una carriera. Ieri il ciclista al Processo alla tappa al termine del Giro, infatti, ha tutto sommato dimostrato di averci messo una pietra sopra su quanto accaduto. Cainero no. Sa che gesti del genere potrebbero minare alla base i suoi progetti. «Se questi episodi su una salita come lo Zoncolan, in cui toccare un atleta significa metterlo praticamente fuori gioco, dovessero ripetersi, l’evento sarebbe a rischio, e questo sport non se lo può permettere». Accanto a lui il capo del Giro Vegni annuisce. E Cainero andrà avanti: vuole dare un nome e un cognome a quello pseudo-tifosi in maglia iridata. Il simbolo del campione indossato da chi ha fatto del male al ciclismo. Anche se vietare agli irascibili il tifo sulle strade è come scalare lo Zoncolan con un rapporto da pianura.