Friuli: i medici di famiglia contro la Regione, nessun investimento


di Ilaria Gianfagna

L'assessore alla salute Vladimir Kosic non ha mantenuto le promesse» e i medici di famiglia minacciano lo sciopero. Le organizzazioni sindacali Fimmg, Snami e Smi denunciano una situazione insostenibile per medici e pazienti. «La volontà di Kosic contenuta nel libro verde – affermano in una nota – di costruire una medicina territoriale attorno al cittadino e alle sue necessità, è rimasta solo una promessa. Non è stato fatto nessun finanziamento per attrezzare il territorio con un'organizzazione capace di programmare adeguatamente le cure fuori dall'ospedale dopo il ricovero. A distanza di tre anni, l'assessore non solo non ha mantenuto quanto promesso  aggiungono – ma continua a manifestare insensibilità politica verso l'anziano fragile, verso chi soffre di malattie croniche e ha bisogno di cure». Le organizzazioni sindacali hanno comunicato lo stato di agitazione al prefetto di Trieste, al Ministro dell'economia, al presidente della Regione, all'assessore alla sanità e al presidente della commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici. E avanzano una serie di richieste. «Tutti i medici devono essere messi nelle condizioni – è la prima – di offrire lo stesso servizio nei propri studi, potendo assumere un collaboratore amministrativo che riduca i disagi dei cittadini e le code per quella burocrazia sempre più pesante. Oggi in regione solo il 30% dei cittadini ha questo privilegio». E ancora. «Tutti i medici devono avere la possibilità di associarsi e costituire studi in gruppo che meglio rispondano alle esigenze di una organizzazione sanitaria più complessa, che faciliti l'accesso con orari ampi e permetta di dare più risposte non solo cliniche, ma di servizio. Oggi in regione la metà dei cittadini ha questo privilegio». Sul fronte dell'innovazione, inoltre, poco è stato fatto secondo i sindacati. «Chiediamo soluzioni informatiche avanzate, che in altre regioni sono già operative – dicono – per permettere a tutti i medici una gestione ottimizzata che riduce i tempi di attesa, facilita le prenotazioni e incide sulle risorse economiche e che permette di ottemperare alle richieste dei ministeri. Oggi in diverse parti della regione manca il collegamento adsl e una parte dei cittadini è discriminata per l'invio dei certificati di malattia». Anche i finanziamenti sono sotto accusa. «Oggi la Regione ha un costo sanitario di 2 miliardi di euro all'anno – continuano – ma ne investe 8 milioni pari a 7,2 euro l'anno a persona. Una cifra irrisoria e inadeguata per realizzare una valida prevenzione e presa in carico dei numerosi problemi presenti in chi è affetto da malattie croniche come diabete, cardiopatie, broncopneumopatie e tumori».


Una risposta a “Friuli: i medici di famiglia contro la Regione, nessun investimento”

  1. aggiornamento del 22/04/2011

    Gli obiettivi della Regione Friuli Venezia Giulia enunciati nel Libro Verde e nel Piano sociosanitario di contribuire a rafforzare la medicina territoriale e, di conseguenza, il ruolo dei medici di famiglia, al fine di accrescere i servizi resi ai cittadini e di meglio rispondere alle esigenze di salute e di ben-essere, sono assolutamente immutati.
    Lo conferma l'assessore regionale a Salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali, Vladimir Kosic, in merito alla protesta dei sindacati dei medici di medicina generale, che hanno proclamato lo stato di agitazione, sottolineando come la sensazione netta è che, sulle cose da fare e da definire nel contratto integrativo regionale, le controparti non siano affatto distanti.
    Secondo la Regione, infatti, quanto è scritto nel Libro Verde e nel Piano sociosanitario coincide pienamente con le richieste dei medici. Una progettualità che si traduce nella volontà di favorire forme di associazionismo (medici che operano in gruppo) che consentano ai pazienti di trovare aperti gli studi professionali per più ore al giorno e per più giorni alla settimana; di incoraggiare l'assunzione di collaboratori di studio e di infermieri per dare un taglio alla burocrazia e per snellire l'assistenza; di introdurre soluzioni informatiche innovative per gestire cartelle cliniche, prescrizioni, prenotazioni, e per "dialogare" in rete con ospedali, aziende, distretti.
    Secondo l'Amministrazione regionale l'unica distanza vera è di carattere economico e riguarda la quota di integrativo, da aggiungere alla retribuzione stabilita dagli accordi collettivi nazionali. Ed in una fase congiunturale in cui si richiede, a causa della crisi economica in atto, uno sforzo di tutti per il risanamento della finanza pubblica; in un momento in cui il ministero delle Finanze ha imposto un blocco delle retribuzioni per i dipendenti pubblici, la Regione ha comunque deciso di confermare le stesse risorse messe in campo negli anni precedenti, pari a 8,7 milioni di euro, con l'aggiunta di un ulteriore 15% circa (1,2 milioni di euro). Ma la richiesta delle rappresentanze sindacali della medicina generale è di un totale di oltre 16 milioni: risorse che non ci sono, che non si saprebbe dove reperire e che non sarebbe nemmeno giusto cercare.
    In proposito la Regione ricorda che la remunerazione dei medici di famiglia è stabilita da accordi nazionali e che non sussiste alcun dovere di integrazioni a livello regionale. Tant'è che, ad esempio, la Regione Emilia-Romagna, oltre alla quota d'obbligo pari all'1,2% prevista proprio dagli stessi accordi nazionali, non aggiunge nulla.
    Ciò nonostante da diversi anni la Regione ha provveduto ad integrare lo stipendio di ognuno dei circa mille medici di famiglia del Friuli Venezia Giulia (la quota aggiuntiva pro capite ammonta mediamente, secondo l'ultimo accordo, a 8.255 euro annui) proprio per favorire forme di associazionismo (che tra l'altro, oltre a benefici per i pazienti, per i medici che operano nello stesso ambulatorio portano anche a una riduzione delle spese di gestione individuali), per assunzioni di collaboratori oltre che per remunerare prestazioni aggiuntive (vaccinazioni, adesioni ai programmi di screening, ecc.).
    Con le risorse a disposizione in questa fase sociale ed economica quella cifra può aumentare di circa il 15 per cento, non certo raddoppiare, precisa l'assessore. Non lo capirebbero nemmeno gli stessi pazienti, molti dei quali anziani con pensione al minimo, oppure cassa integrati o disoccupati. E soprattutto, a fronte di una discussione non sullo stipendio garantito dallo Stato, ma su una quota integrativa, non si può minacciare uno sciopero che avrebbe l'unico effetto di provocare disagi di non poco conto ai cittadini e, sicuramente, anche di appesantire le strutture ospedaliere.
    Questa posizione della Regione Friuli Venezia Giulia non potrà che essere ribadita di fronte al commissario di Governo, prefetto Alessandro Giacchetti, al tavolo di conciliazione convocato nei prossimi giorni a Trieste.

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