Friuli: il wwf contro il progetto preliminare “incompleto” del Piano faunistico regionale

Un piano “gravemente incompleto” e non rispondente ai dettami di legge, sia della normativa regionale che di quella nazionale: è il pesante giudizio del WWF Friuli Venezia Giulia espresso nel documento di osservazioni al progetto preliminare del Piano faunistico regionale, pubblicato sul Bur del 2 gennaio scorso.

 Innanzitutto – fa notare l’associazione – “il progetto si occupa solo di specie cacciabili e non di tutte le specie faunistiche, tanto meno di quelle di interesse comunitario, contravvenendo così alle specifiche disposizioni della legge regionale 6/2008 che all’art.2 attribuisce chiaramente al PFR il compito di ‘individuare lo stato delle diverse specie selvatiche e dei relativi habitat con particolare riferimento a quelle tutelate dalla disciplina comunitaria’, nonché ‘analizzare le dinamiche delle diverse popolazioni faunistiche” e “individuare le misure volte al miglioramento dello stato faunistico e degli habitat’”.

“In particolare – sottolinea il WWF –, mentre il Piano dedica significativamente  130 pagine alla valutazione dei trofei degli ungulati, non una pagina è dedicata ai programmi specifici di conservazione faunistica relativi a specie di fauna selvatica in difficoltà, previsti dall’art.3 comma h della l.r. 6/2008. Questa lacuna rende di fatto il PFR un mero Piano faunistico venatorio, contravvenendo lo spirito della stessa legge 6, che ha voluto essere una normativa di gestione della fauna e non di mera gestione venatoria, tanto che ha previsto, diversamente dal resto d’Italia dove vigono i Piani faunistici venatori regionali, un Piano faunistico regionale”.

“In assenza dei piani di conservazione, in particolare per quelle specie che hanno uno status tale da richiedere adeguate norme di gestione come tetraonidi alpini, coturnice, lepre bianca, pernice bianca e allodola, pare evidente – afferma l’associazione – che non possa essere assicurata la giusta protezione alle specie le cui

popolazione sono in declino e non sia assicurata la sostenibilità del prelievo venatorio né la verifica

della conformità del prelievo ai criteri della Direttiva Uccelli richiamati dalla legge regionale 13/2009”.

Il PFR dovrebbe essere lo strumento con cui viene accertata la rispondenza del prelievo venatorio alle direttive comunitarie in materia di specie migratrici e la sua sostenibilità e invece di tutto ciò non v’è traccia.

 

In secondo luogo, il PFR appare incompleto in quanto – scrive il WWF nelle proprie osservazioni –  “i criteri per l’individuazione dei territori assoggettati a gestione faunistica (in particolare distretti venatori, zona faunistica delle Alpi e i territori di protezione della fauna) e per la determinazione dello sforzo di caccia sono datati o non rispondenti ai requisiti previsti dalle leggi e dai documenti tecnici di gestione faunistica”. È il caso, ad esempio, dei criteri con cui sono determinati i territori destinati a protezione della fauna (zone di ripopolamento e cattura, oasi di protezione e zone di rifugio), che dovrebbero essere aree altamente vocate per le specie che si intendono tutelare e invece sono in buona parte ricavate da zone in cui la caccia non è comunque praticata a causa della vicinanza di edifici, zone artigianali o industriali, viabilità stradale e ferroviaria, aree militari.

 Ma il WWF ha presentato osservazioni puntuali anche su immissioni pronta caccia (considerate inammissibili quelle della starna), sulle munizioni contenenti piombo (di cui si richiede il divieto), sulla pratica del foraggiamento (limitazioni), e ancora su aziende faunistico venatorie e zone cinofile, ripopolamenti e appostamenti di caccia.