Friuli: la “marilenghe” resta la lingua degli affetti e anche della politica, la parlano in 600mila


di SILVANO BERTOSSI

La comunicazione è un fattore molto importante nella società in cui viviamo. La marilenghe ha tutte le credenziali per essere un mezzo espressivo completo ed efficiente. Oggi la parlano in 600 mila soprattutto nella comunicazione familiare, affettiva, ma anche in quella della poltica. Lo rileva il libro Comunicare in lingua friulana. Il testo raccoglie i contenuti e le tematiche emerse durante lo svolgimento dei corsi di Comunicare in lingua friulana/Comunicâ in lenghe furlane promossi e realizzati dal Cirf, Centro interdipartimentale di ricerca sulla cultura e la lingua del Friuli, dell’università di Udine tra il 2007 e il 2010. Tali corsi rappresentano una innovazione nell’offerta formativa universitaria, che, ora, anche altri atenei stanno prendendo a modello applicandolo in altre regioni per altre lingue minoritarie <br />
 

Nella comunicazione pubblica a vario livello – mass media, istituzioni, pubblicità, scuola – a parere degli autori la lingua friulana può essere inserita nel complesso panorama mediatico della società globalizzata moderna. Il libro mette in luce la storia, le criticità e le potenzialità della comunicazione in marilenghe. La nuova pubblicazione, edita dalla Forum, sarà presentata domani, alle 17.30, all’università di Udine, nella sala Gusmani di palazzo Antonini. Sarà il rettore dell’ateneo, professoressa Cristiana Compagno, ad aprire l’incontro, seguita dagli interventi della professoressa Piera Rizzolatti, direttore del Cirf, e di Piero Villotta, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Fvg.
Il libro è curato da Franco Finco, linguista, dialettologo e collaboratore tecnico-scientifico nell’Agenzia regionale per la lingua friulana, e da Alessandra Montico, coordinatrice nell’ambito del Cirf per la formazione linguistica in lingua friulana. «Le riflessioni raccolte in questo volume – anticipa Franco Finco – non esauriscono un argomento tanto complesso, ma costituiscono uno stimolo perché vogliono essere un punto di partenza per ulteriori approfondimenti e supplementi di indagine sui singoli settori della comunicazione in marilenghe. Uno degli obiettivi – continua – è quello di dimostrare che il friulano come codice linguistico normale, può essere utilizzabile in ogni mezzo di comunicazione. Si contribuisce cosí a salvaguardare questo patrimonio linguistico e identitario per farlo giungere alle generazioni future».
«Essendo il prodotto di una sperimentazione formativa – sostiene Alessandra Montico – la pubblicazione ha la duplice funzione di sussidio didattico e di strumento di consultazione per gli operatori della comunicazione». «La comunicazion in furlan – sostiene Piero Villotta – e jè deventade uficiâl, che al ul dî che si dopre e si doprarâ simpri plui. L'Ordin dai gjornaliscj le à metude ta cuviartine dal so albo. Soredut i furlans, cumò, no si vergògnin di fevelalu (La comunicazione in friulano è diventata ufficiale, il che vuol dire che la si usa e la si userà sempre di piú. L’Ordine dei giornalisti l’ha messa sulla copertina del suo albo. Soprattutto i friulani, adesso, non si vergognano di parlarlo). Il libro è costituito da quattro parti. Dopo la premessa dei curatori ci sono i due capitoli scritti da Anna Bogaro e Giuseppe Mariuz che tracciano la storia e analizzano le problematiche e le potenzialità della comunicazione in lingua friulana; il terzo capitolo, a firma di Mario Martinis, illustra i lineamenti essenziali della grammatica e della grafia della lingua friulana. Nel patrimonio lessicale della lingua friulana interessante è anche sapere la provenienza delle parole che può essere latina, celtica, slava, germanica antica, tedesca, greca, araba, veneta e francese.
Tra le conclusioni affidate ad Anna Bogaro si evidenzia il fatto che «la lingua friulana resta vivace e in evoluzione» soprattutto se è «la lingua degli affetti» e si esprime nel cinema, nella musica, nella gastronomia, e anche nella politica: «In occasione delle elezioni dell’aprile 2008 diversi candidati – rileva la ricercatrice – hanno fatto campagna in marilenghe per mezzo di santini, manifesti, siti e blog», con l’obiettivo «di avvincere il destinatario e regalargli un sentimento di familiarità e di fiducia».