Friuli: la trota nostrana punta alle mense di scuole e ospedali

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di Maura Delle Case.

Obiettivo: mense pubbliche. Per crescere, il comparto regionale della troticoltura punta a entrare in modo sempre più importante nel circuito delle “tavole” di Comuni, ospedali, scuole soprattutto. Si gioca anche qui la possibilità di crescita per un settore che, pur già leader a livello nazionale nell’allevamento – il Friuli Venezia Giulia produce infatti il 30% della trota italiana, circa 12.500 tonnellate sulle 40.000 complessive -, può e deve ancora fare molto per trasformare questo vantaggio in marginalità, puntando in particolare sulla trasformazione. «Dobbiamo entrare con convinzione nel catering, forti non solo della sicurezza del prodotto, che in Europa deve ormai essere scontata, ma le sue proprietà, presto svelate nero su bianco grazie all’etichettatura e alla certificazione Aqua», ha detto ieri Pier Antonio Salvador, presidente regionale dell’associazione piscicoltori italiani a margine della presentazione a Villa Manin, dei risultati del progetto “Iridea”. Scopo dell’indagine – condotta dall’Università di Udine grazie a un contributo regionale di 240 mila euro e coordinata da Marco Galeotti ed Emilio Tibaldi – il miglioramento della qualità e dell’interazione con l’ambiente della “filiera trota”. La ricerca ha verificato uno stato complessivo decisamente positivo, sia per quanto attiene la qualità che la sicurezza alimentare del prodotto. Ha individuato parametri innovativi in grado di caratterizzare processi e prodotti della troticoltura per valorizzarla e giungere a una certificazione di filiera. Ha infine osservato un buon gradimento dei prodotti a base di trota da parte di circa 400 bambini delle scuole elementari. Condotta in 56 comuni del Fvg, l’indagine ha evidenziato un notevole interesse verso l’introduzione della trota regionale nei menù scolastici come detto sia per la qualità, che per il prodotto a chilometri zero e ancora per il rigoroso monitoraggio. In questa prospettiva gli allevatori contano molto. Oggi, quelli attivi in regione, sono 71 (44 sono le imprese di troticoltura), attivi in particolare tra le zone di Fontanafredda, Cordenons, Zoppola e ancora San Daniele e Codroipo. Poco più di 12 mila sono le tonnellate prodotte annualmente – il 70% è trota salmonata, il 30% bianca – pari al 30% circa della produzione nazionale e a un prodotto lordo vendibile stimato in circa 50 milioni di euro. Prodotto che resta, fatto salvo un 25% destinato ai vicini mercati di Austria e Slovenia, interamente in Italia. Se come detto la leadership dal punto di vista produttivo è una realtà, si può ancora fare molto sul fronte della trasformazione evitando di regalare marginalità ad altre regioni. Come? Facendo squadra, secondo Salvador che elenca le Dop Montasio e San Daniele, ma anche i beni culturali e ambientali della regione. «Dobbiamo puntare – afferma – su un sistema integrato». Oltre che sulla trasformazione. «Le aziende hanno investito e oggi sono pronte ad arrivare senza problemi sulle mense “istituzionali”, aggiunge il leader di Api che per problemi intende, ad esempio, la totale assenza di spine e la grammatura del prodotto. Inutile portare a scuola hamburger da 80 grammi se ai bambini ne bastano 50. «Che siamo sulla strada giusta ce lo dicono proprio le mense dove la trota è stata inserita nei menu. Con il pangasio, ad esempio, tornava indietro l’80% del prodotto. Con la trota siamo a meno del 20%. Ora – conclude Salvador – speriamo in un intervento legislativo da parte della Regione, che incentivi, l’uso di questo grande prodotto sulle tavole “pubbliche”».