Friuli: maschere, mascherate e frittelle


di CRISTINA BURCHERI
Mai giavà la maschere! “Mascherate rituali in Friuli”, relazione di Gaetano Perusini compresa nel volume “I giorni del magico” (edizioni Leg), ricorda che, nel Friuli di una volta, togliere la maschera dal viso di una persona, oltre che essere considerato un atto poco educato, poteva innescare la scintilla di una rissa. Il valore cerimoniale della maschera era enorme. La maschera non si toccava poiché riconoscere chi essa celava avrebbe annullato i poteri magici del mascherato e solo un Carnevale ricco di maschere sarebbe stato il segno per un anno ricco di pace e prosperità. La città seguiva lo stile veneziano e milanese. Valentino Ostermann, a fine Ottocento, cita celebri mascherate come quella dei »Gemonesi che venne a Udine nel 1834 e ’35, di un centinaio di persone, con una banda turca che contava oltre 30 individui». Precisa lo studioso: «Numero straordinario per quei tempi». Altra mascherata rimasta a lungo nel ricordo collettivo degli udinesi fu quella del 1867 quando videro rappresentate le divinità dell’Olimpo. Durante questi giorni di baldoria collettiva si mangiavano le frittelle (frìtulis), i ravioli (rafioi, calzòns) e i crespelli (cròstui).<br />
Sul litorale, a Muggia, il Carnevale di “ispirazione veneziana” gode addirittura di un’appendice estiva. A Grado rivive la tradizione medievale del manso ‘nfiocào (il manzo infioccato) rappresentato da un fantoccio che il Giovedì grasso percorre di corsa le vie della città vecchia, in una festa dedicata soprattutto ai bambini.
Assieme al Carnevale di Sauris (il Voshankh) si distinguono per originalità anche le mascherate delle Valli del Natisone, che si aprono a ventaglio alle spalle di Cividale, verso la Slovenia. Ogni paese ha i suoi riti. Area alloglotta di matrice slava, da Rodda a Montefosca a Clodig, passando per Tribil, Montemaggiore, Mersino e Masarolis si celebra realmente un Carnevale antico, momento di passaggio dall’inverno alla nuova stagione; la soglia di una simbolica rinascita della terra. A Rodda il protagonista è il Pust, un diavolaccio che, con in mano lunghe tenaglie e mal controllato da San Michele, gira per le frazioni creando disordine. A Clodig un fantoccio viene bruciato nella piazza tra i balli delle maschere tipiche intrecciate in vimini. La grande fantasia e inventiva profuse nella preparazione delle maschere e delle recite non hanno un parallelo nei dolci dove vige la tradizione dei fritti.