Friuli: progetto in sei episodi “Felici ma furlans”.

di Alessandra Piani

In fin dai conts, decidi di tornâ e je stade propit une buine idee…. Così esordisce Gianni, trent’anni, protagonista del promo di Felici ma Furlans. Sarà questo il titolo della prima serie televisiva nel panorama locale, un’idea tutta friulana di Alessandro Di Pauli e Tommaso Pecile. Dalle comuni radici teatrali i due sceneggiatori, il primo dottorando in Scienze teatrali a Barcellona, il secondo autore, lo scorso anno, della tragicommedia pulp Prime che a rivin cuatri (miglior regia ed allestimento al II festival Atf del Teatro friulano), approdano ora insieme alla proposta televisiva
Gianni, si diceva, homo furlanus del nostro tempo. È nato il 6 maggio 1976, a testimoniare il crollo delle certezze, la fine di un’epoca o, forse, l’avvio di una nuova: quella della reazione, della ricostruzione, non solo materiale ma soprattutto mentale. Dopo dieci anni di assenza rientra in Friuli per assistere il padre vedovo e malato; lo vediamo alla ricerca di un lavoro e di un posto nel mondo, immerso nel conflitto generazionale, nei contrasti interpersonali, spettatore delle tante facce di un Friuli sempre più multietnico. <br />
Tornare sarà stata una buona idea? Lo scopriremo nei sei episodi previsti, della durata di 30 minuti ciascuno e ciascuno incentrato su un tema che va incastonarsi nella vicenda del nostro furlanus. La sfida è ora quella di trovare le risorse umane ed economiche necessarie alla realizzazione del progetto, in un’ideale sinergia tra enti, pubblici e privati, disponibili ad investire in quello che – spiega Pecile – «vuole essere un prodotto di qualità, rivolto ad un pubblico vasto ed eterogeneo, e ambisce a conquistare una collocazione radicata, senza esaurirsi come fenomeno passeggero». Per questo il progetto è già in rete, al sito www.felicimafurlans.it: vi si può anche visionare il video promozionale, che sarà presto sottotitolato in italiano e in inglese a risposta dei tanti, entusiastici commenti postati sul web da molti friulani in Italia e nel mondo.
Il tipico padre dut di un toc, il paron intransigente ed arrogante ed il figlio Stîv, piena antitesi del lavoradôr sensibil e pôc tacadiç: sono questi alcuni dei personaggi cui si intersecano le vicende di Gianni. «Si parte da stereotipi – chiarisce Pecile – non distanti da quelli a cui il teatro comico della tradizione ci ha abituati. Ma l’intreccio smonta lo stereotipo e svincola il personaggio, rendendolo autentico ed aderente all’attualità, accompagnando lo spettatore a scoprire se esista e cosa significhi friulanità». L’intento è fare satira di costume, ridere e far ridere senza cadere nel grottesco, ma offrendo spunti di riflessione e stimolando l’attenzione con un ritmo incalzante, giochi di parole, false piste, colpi di scena.
E il ruolo della lingua friulana? «È assolutamente fondamentale. Il friulano è in trasformazione e i giovani lo parlano, ma a modo loro. Per questo viene presentato nella sua naturale contaminazione con l’italiano, a rappresentare la ricchezza espressiva di una generazione». Il progetto nasce proprio da un ragionamento linguistico. Perché in friulano non esiste la parola felice? Che la felicità non appartenga forse alla specie dell’homo furlanus? Chi si lanciasse alla caccia di soluzioni azzarderebbe termini come beât o content, ma l’impressione è quella di sostare su un gradino sotto l’autentica felicità. Quasi non esistesse, se non sottoforma di una tensione continua incapace di giungere a coronamento. Felici ma furlans, appunto. Che ci auguriamo di poter conoscere al più presto.