Grado: informare i cittadini ma siano gli eletti a decidere

di AUGUSTO C. MAROCCO presidente Grado Nostra

In questi tempi a Grado tengono banco, per non dire che infuriano, molte polemiche sulle iniziative imprenditoriali in campo urbanistico, che nelle cronache fanno fatica a emergere in voci con quella chiarezza di base utile e dovuta all’opinione pubblica. Spiace che sia cosí, e ciò è anche il motivo per cui diviene necessario fare quanto possibile per ovviare a una situazione, anche mediatica, che per Grado stenta, nel dirla all’americana, a conficcare il chiodo sul muro, cioè a rappresentare quello che di definitivo e sicuro c’è sul probema. Parliamo dell’accordo di pianificazione tra il Comune e due società private (giornalisticamente «Zamparini»), approvato il 14 marzo 2009 dal consiglio comunale, circa alcune estese aree, che a distanza di quasi tre anni è messo sotto i riflettori con idee di svolgere un referendum in merito. A capire la questione, dal punto di vista politico in stretta relazione con la situazione odierna, ci si può provare tenendo conto degli elementi di fatto e delle qualità di fondo nel divenire storico del popolo gradese, senza i quali non è possibile pensare di operare per il bene comune. Purtroppo non si bada sempre con il dovuto rispetto alla comunità di Grado che tramanda una storia bimillenaria, una tradizione, una religiosità, un’epopea di sopravvivenza e di sviluppo territoriale, di cultura e democrazia nei secoli, né talvolta si pensa alla dignità del popolo formato sull’isola al senso civico e all’onore degli avi. Il punto è, per mantenerci in questo contesto, che l’attenzione dovrebbe sempre andare alle questioni vere, espresse nella loro oggettività, anche politica, con riguardo ai diritti dei cittadini in un contesto informativo serio e non parziale od omissivo. Sollevare una querelle urbanistica, come quella che in questi giorni si riempie di notizie giornalistiche, non potrà essere che scevra di riscontri se prima non si soppesa la situazione di fatto. E siccome le norme urbanistiche non vengono dall’alto, ma da decisioni della cittadinanza tramite gli eletti in consiglio comunale, bisogna dire che in sostanza siamo noi stessi gradesi, che abbiamo voluto la programmazione urbanistica cui il privato si attiene. Quindi i consiglieri che espressero scientemente il voto favorevole, hanno per ciò stesso ben valutato, a nome nostro, che normative e convenzioni approvate, fossero un bene. E a noi cittadini non resta in prima istanza che prenderne atto consapevolmente, riconoscendo che nell’ambito della normativa e degli accordi sottoscritti, come approvati dal consiglio comunale, il privato ha tutto il diritto di intervenire pacificamente. Quindi la sintesi di questa vicenda si traduce con civica dignità nella famosa locuzione latina “Pacta sunt servanda” («I patti bisogna rispettarli»), uno dei principi fondamentali del diritto. Ma ciò non basta, evidentemente, a chiudere il discorso politico. Non si può fare a meno, cioè, di chiedersi cosa succeda nel caso di una decisione ritenuta da alcune parti, talune a posteriori, non giusta; ma va subito aggiunto che questa è una domanda cui il cittadino non può rispondere e dare un giudizio, se prima non sente esprimersi sul punto ora quei rappresentanti che ne sono edotti avendo voluto l’iniziativa. Se oggi fosse conclamata nell’ufficialità un’avversione ragionata alla decisione presa, allora si porrebbe il problema altrettanto grave di dover tentare un rimedio, pur nella difficile situazione ormai “compromessa”, ricercando magari un rinnovato equilibrio tra gli interessi del pubblico e del privato. Ma in ogni caso, vista la questione dal punto di vista del cittadino, bisognerebbe prima di tutto venire a conoscenza della comprovata posizione dei propri rappresentanti, sia di quelli a favore per il bene del paese che permangono a favore, sia di quelli, sempre per il bene del paese, contrari. Sarebbe forse utile che, attese le polemiche insorte, si esprimesse il consiglio comunale, a esempio circa l’utilità del referendum ventilato. Senza questi dati le iniziative di carattere popolare, non trovano gli elementi politici su cui fondare una discussione e potersi orientarsi. Non si può pensare di dirottare un aggravio problematico di questo peso sulle spalle dei cittadini. E poi ci sono i partiti che, se dovessero ritenere oggi non sia stato un bene avallare l’iniziativa o passarla sotto silenzio, potrebbero piegarne bene la ragione: il cittadino merita di essere informato a fondo e di prima mano. Il problema vero e piú interessante per Grado in questo momento potrebbe essere proprio quello di migliorare i rapporti tra politica e cittadinanza sulla realtà delle cose in una comune e trasparente sinergia.