Questo è l’incipit del nuovo libro del più noto teorico della decrescita, Serge Latouche, professore emerito dell’Università di Paris-Sud (Orsay), appena tradotto e pubblicato nel nostro paese.
Se la situazione è quella descritta, Latouche rileva tuttavia che «non riusciamo ad afferrarne la portata».
A fronte di questo stato di cose, il silenzio dei partiti, e addirittura dei movimenti "altermondialisti", è sconcertante. La crescita economica è ancora considerata dai più come la soluzione della questione sociale e in molti casi, addirittura, di quella ambientale.<
In un crescendo di dati e riflessioni derivate dai lavori di studiosi di grande autorevolezza, Latouche inquadra la difficile, attuale situazione del pianeta e propone soluzioni intelligenti e di fatto inevitabili per poter continuare ad esistere, sia come individui che come specie.
Ridistribuire, riconvertire, rilocalizzare, ristrutturare, ridefinire, ridurre, riutilizzare, riciclare: sono questi i concetti che permettono di comprendere la portata della trasformazione dell’immaginario e degli stili di vita che il movimento della decrescita propone.
Altri spazi di manovra non ce ne sono. Secondo Latouche si possono pensare solo due scenari tra cui potremo scegliere per cercare di far fronte ai problemi prossimi venturi: o la dittatura globale o la democrazia locale. Le contraddizioni del "liberal-produttivismo" stanno affossando sia lo spirito che la materia. Meglio allora optare per la sana utopia delle decrescita.
Anzi, in ultima analisi, per essere precisi, il messaggio di Latouche è quello di una «"a-crescita", un ateismo economico». Sì, perché l’economia e il libero mercato sono divenuti la vera e dominante religione del mondo. C’è allora bisogno di un salutare ateismo e anticlericalismo: rivoluzionario in questo senso.
Recentemente ho letto un altro libro di Latouche sempre sul medesimo argomento: “Breve trattato sulla decrescita serena”. E’ illuminante, ma soprattutto profondamente realista e concreto, lontano anni luce da vecchi dogmi ideologici. Non so però quanto le attuali classi dirigenti siano disposte a ripensare profondamente l’attuale sistema economico-sociale…