L’improvvisa smania (in FVG) di tutelare i dialetti

Non è mai andata giù a parecchi rappresentanti della destra la legge per la tutela del Friulano. Dopo aver sparato a più o meno a casaccio sul fatto che l’inglese debba essere per forza alternativo al Friulano, adesso la Cdl ci mette del suo e presenta due leggi (una a firma Pdl e l’altra Lega) per tutelare i dialetti : dal bisiaco, al maranese, alla parlata di Grado, al po nasen delle valli. Costo dell’operazione: un milione di euro.

E in Regione scoppia la polemica sulla nuova "babele" delle lingue minoritarie. Da una parte la Lega Nord che spinge per stanziare i fondi. Primo firmatario della nuova norma che spende nel nome del plurilinguismo a tutti i costi è il goriziano Federico Razzini: «L’unicità del patrimonio linguistico e culturale della nostra regione deve essere valorizzata per questo abbiamo deciso di presentare una proposta di legge che tuteli, valorizzi e promuova gli idiomi e i dialetti storici veneti del Fvg», dice Razzini.
Alla vulgata poliglotta della nuova torre di Nemaar, voluta stavolta dagli uomini, si aggiunge il Popolo della libertà. Che ha presentato un’altra norma, sempre volta alla  "Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico dialettale e culturale del Friuli Venezia Giulia". E’ firmata dai consiglieri regionali Piero Camber (Pdl), Daniele Galasso (Pdl), Roberto Novelli (Pdl), Antonio Pedicini (Pdl), Gaetano Valenti (Pdl), Giorgio Venier Romano (Udc) e Lugi Ferone (Pensionati). La proposta normativa vuole «dare la giusta dignità a quei dialetti che sono fortemente radicati in un determinato territorio». Quali? Il triestino, l’istro-veneto, il friulano-goriziano, il bisiaco, il grasian, il veneto-udinese, il resiano, il po nasen e il natisoniano.


Secondo qualcuno a Palazzo il centro-destra ha annusato i soldi. E si è buttato a capofitto per tutelare il tutelabile. Anche se il governatore Renzo Tondo – in campagna elettorale non più di quattro mesi or sono – si era detto scettico addirittura sulla tutela del friulano a scuola, preferendo l’inglese e un certo rispolvero della ormai desueta in Friuli lingua di Dante, l’italiano tanto caro invece agli esponenti del Pdl che provengono da Alleanza nazionale.

Nella Slovenska Skupnost, poi, le critiche non si risparmiano: Igor Gabrovec parla «di proposte di stampo fascista per negare la presenza della lingua e della cultura slovena in provincia di Udine». Chi si alza a dire "basta" a centro-destra è il consigliere regionale del Pdl, Franco Dal Mas. Il quale chiede – con una norma specifica – di finanziare l’inglese con altri 3 milioni di euro. Una proposta che raccoglie simpatie in maggioranza, ma che genera l’alzata di scudi della Lega Nord che scorge – dietro alla legge – un blitz per cancellare o ridurre lo stanziamento per la madrelingua. Uno scontro a tutto campo, che vede i partiti di maggioranza divisi.

5 Risposte a “L’improvvisa smania (in FVG) di tutelare i dialetti”

  1. Dal MV del 19 settembre 2008

    Non si placa la polemica scatenata dalla proposta di legge di Pdl e Lega per tutelare i dialetti regionali, dal bisiaco, al maranese, al gradese fino al po nasen. Spendendo circa un milione di euro. Il nuovo fronte di scontro riguarda la necessità di valorizzare la presenza tedesca, chiesta dal consigliere regionale di Tarvisio Franco Baritussio. Gli replica Igor Gabrovec, della Slovenska Skupnost: «E’ già prevista dalla legge nazionale 38/2001 che tutela la minoranza slovena – dice –. Inserire la lingua tedesca e trattarla nel contesto di una legge regionale che tutela i semplici dialetti sarebbe riduttivo per il ruolo e l’importanza della presenza germanofona in regione e in Italia». Immediata la replica di Baritussio: «Mai mi sono sognato di affermare che la lingua tedesca vada trattata nel contesto di una legge che tutela i semplici dialetti», dice .«Proprio quando Gabrovec cita i margini di tutela della minoranza tedesca del Friuli Venezia Giulia riferendosi alla legge nazionale 38/2001 – puntualizza Baritussio – ricorda la vera ‘ridutiò che il legislatore nazionale fece a suo tempo. Un chiaro ridimensionamento, riconoscendo la minoranza tedesca in Valcanale non con una specifica e legittima normativa, bensì ponendola sotto tutela della minoranza slovena».Siamo ormai di fronte ad un’autentica defaillance di ordine etnico e linguistico – scrive il consigliere. Di ordine etnico poiché, oltre alle isole germanofone di Sauris e Timau, esiste in Valcanale una rilevante minoranza tedesca.

    Sempre sulla tutela dei dialetti, nel frattempo, ieri mattina i consiglieri Piero Camber del Pdl e Federico Razzini della Lega Nord, che avevano presentato due proposte diverse, si sono incontrati. Obiettivo: trovare un testo comune. Dal consigliere Pdl Roberto Novelli, infine, una precisazione: «Vogliamo riconoscere la dignità di dialetti come il natisoniano e il resiano che solo ingiustamente collocati nella legge di tutela allo sloveno».

  2. In tempi di crisi generale che, visti gli ultimi sviluppi dei mercati finanziari, è lungi dall’inversione di tendenza, 7 consiglieri della nostra Regione, volendo contribuire a ingarbugliare quanto già in atto sull’insegnamento del friulano, propongono l’inserimento dei dialetti nelle scuole come materia integrativa, addirittura già indicando (disponendo a priori?) anche la spesa necessaria, 500 mila euro. Tralasciando i commenti sull’opportunità di un insegnamento cultural-tradizionale che, come qualcuno ha già bene scritto, può essere benissimo effettuato all’interno di ogni singolo nucleo familiare, vorrei contribuire, anche per riempire una lacuna dei nostri attenti amministratori e, lo confesso, per puro spirito campanilistico, con una aggiunta. Il dialetto carnico, distinto però nella particolarità delle sue tante vallate a cui dovrà aggiungersi la distinzione fonetico-grafica presente nella parlata in ogni singolo paese. Sperando che altri, ognuno per la propria vallata regionale, forniscano notizie in merito ai nostri acuti consiglieri affinché tutti noi, come da loro stessi precisato, possiamo avere pari dignità all’interno di un progetto specifico. Tanto per la precisione.

    Gerardo Romanin

    Plaino

  3. Lettera al MV 20/09/2008

    Dove sta andando la giunta Tondo? Che cosa stanno combinando i politici nostrani, improvvisati linguisti, di questa assurda e strampalata regione? Mentre la ministra dell’Istruzione del governo Berlusconi sollecita e finanzia l’uso veicolare della lingua friulana a scuola, Tondo e amici negano ai friulani quanto loro garantito dalla Costituzione italiana (articolo 6), da una legge dello Stato (Legge 482/99) e dalle norme europee e affermano con forza che la miserissima legge regionale – Lr 29/2007 –, che in maniera minimale fa sue le norme di tutela statale, dovrà essere rivista perché “eccessiva”. Ossia la modificheranno per portarla a un livello di tutela inferiore a quello già previsto dalla legge statale. Dunque “eccessivo” per Tondo, Molinaro e amici di giunta rispettare le norme europee e una legge dello Stato italiano. Ma che succede se è Trieste a protestare e raccogliere firme? Si dà il caso che i triestini dall’inizio dell’estate del 2007 abbiano scatenato il pandemonio contro la nuova legge regionale di tutela della lingua friulana.

    Insegnare a scuola la lingua friulana? Fiumi di inchiostro sono stati consumati a Trieste per deridere i friulani che nulla chiedevano se non il rispetto di norme approvate dal Parlamento italiano. La lingua friulana? Un dialetto come tanti altri! Insegnarla a scuola? Pazzi, fuori di testa! Gli studenti friulani, per colpa dell’insegnamento della lingua friulana, sicuramente diventeranno tutti dei somari! E poi, che spaventoso spreco di denaro pubblico! Pensa quanti poveri vecchietti si potrebbero aiutare con i finanziamenti destinati alla tutela di questa “parlata contadina”! E i tanti friulani che civilmente chiedevano e continuano a chiedere il rispetto della Costituzione italiana? Talebani, torturatori di bambini, estremisti pronti a trasformare il Friuli in terra di conflitti etnici! E nel mezzo di tutto questo feroce attacco ultranazionalista italiano, spunta un’associazione teatrale dialettale triestina.

    «E noi chi semo?», pare si sia chiesta. Comincia a raccogliere firme per il riconoscimento del dialetto triestino e, ovviamente, la concessione di corposi finanziamenti. Pare ci sia chi sospetti, anche a Trieste, che il vero e unico scopo di questa raccolta di firme sia solo quello di ottenere una montagna di finanziamenti per le proprie attività teatrali in dialetto triestino. Comunque sia, raccoglie circa 6.000 firme a fronte di una popolazione di 209.000 abitanti. E oggi ecco le novità. La presentazione di ben due proposte di legge, tutte di marca centro-destra, per il riconoscimento e la tutela del dialetto triestino. Ovviamente, poiché non era possibile limitarsi a questo dialetto perché sarebbe stato troppo evidente che si stavano accontentando questi 6.000 triestini, la tutela viene allargata anche a chi mai si è sognato di chiedere un simile provvedimento. Così pare, almeno da quanto si legge sui giornali, che in queste proposte di legge si preveda anche la tutela di un fantomatico dialetto friulano-goriziano (ma non è già tutelato dalla Legge 482/99?), più altri dialetti veneti regionali, oltre, e qui veramente tocchiamo il fondo del nazionalismo italiano, i dialetti sloveni della provincia di Udine considerati in una delle due iniziative di legge “parlate slavofone (?)”. E già che ci siamo, potevano dimenticarsi degli esuli istriani? Godono già di sostanziosi finanziamenti statali, ma perché mai lasciarli fuori? Insomma, un provvedimento “pasticciato” richiesto da 6.000 triestini appassionati di teatro dialettale e allargato anche a chi mai si è nemmeno lontanamente sognato di richiederlo. Ma la comica finale è che questi provvedimenti prevedono, udite udite!, l’insegnamento a scuola del dialetto triestino. Sì, avete letto bene. Dopo aver tanto deriso e considerato i friulani dei “fuori di testa” perché chiedevano quanto loro garantito da una legge dello Stato italiano, ossia il diritto all’insegnamento scolastico del friulano e in friulano, ora pare che la giunta Tondo approverà una legge che prevederà l’insegnamento del dialetto triestino a scuola. Ultimo “piccolo” particolare. Per tutte le scuole dei comuni friulanofoni (ossia la gran parte delle scuole dell’obbligo della regione) per le attività in lingua friulana è previsto un più che misero finanziamento regionale di 600 mila euro. Finanziamento già dichiarato ampiamente insufficiente anche dal dirigente scolastico D’Avolio. Sapete l’entità del finanziamento previsto per la tutela del dialetto triestino, dato inserito nella proposta di legge della Lega Nord? Tenetevi forte! Un milione di euro. Della serie: «E noi chi semo?»

    Roberta Michieli, Renzo Balzan, Giorgio Banchig, Antonio Buiani, Lara Bressan, Luigi Bressan, Rosalba Della Pietra, Luigi Del Piccolo, Giuseppe Dorigo, Isa Dorigo, Luigi Geromet, Remo Mian, Giuliano Zelco

  4. Il patrimonio linguistico del FVG

    nel tempo dell’omologazione

    Gli scontri, le infinite polemiche sorte in occasione di ogni vertice sul commercio, a partire da quello ormai celebre di Seattle, iniziano a porre interrogativi percepiti come decisivi – anche da parte delle persone meno impegnate – in ogni luogo del pianeta. Che ne sarà di questo mondo, ci si chiede, della natura, delle tradizioni, di cibi, costumi, linguaggi tramandati a volte da tempi immemorabili? La necessità di una comunicazione rapida ad esempio – time is money – in un mondo sempre più dominato dall’ossessione di nuove conoscenze ma anche di sempre più immediati profitti non poteva, da subito, che trovare un ostacolo nell’infinita varietà di linguaggi presenti nel nostro pianeta. Varietà che aveva trovato, finora, rifugio nelle enormi difficoltà create dagli spostamenti o dalla mancanza di strumenti come il telefono, il fax, per non parlare di Internet. In questo brumoso e infermabile ramificarsi di informazioni, in questo preteso abbattimento di ogni distanza, c’è anche però chi si pone seriamente il problema di salvaguardare come può la fisionomia originaria di antiche culture che oggi rischiano seriamente di scomparire. Già, perché il mito di comunicare con chiunque e ovunque ha avuto come primo ed immediato risultato la necessità, come si diceva, di trovare una lingua comune; e così la possibilità di sopravvivenza di una lingua o di un dialetto non dipende ormai da altro che dal maggiore o minore numero dei suoi parlanti. Si tratta di un problema antico; ma la vertiginosa sparizione di lingue e dialetti a cui assistiamo in questi ultimi decenni non ha precedenti nella storia. Semplicemente, chi non impiega una lingua parlata da almeno qualche milione di persone è destinato ad essere escluso, a vivere confinato e bloccato in un’isola immobile quando tutto, intorno a lui, diventa Oceano, correnti in continuo movimento che si spostano in ogni direzione. Eppure queste numerosissime, estremamente diversificate lingue parlate nel nostro pianeta sono tutte ugualmente importanti testimonianze della varietà della vita, della relazione millenaria, fisica e spirituale, tra l’uomo e i luoghi in cui è vissuto, per cui la perdita di ognuna di esse significa anche la perdita – irrimediabile – di un sentimento e di una conoscenza profonda delle cose. Il rischio, un rischio sempre più reale, è dunque quello che, assieme alle parole, si perda anche ciò che esse nominavano.

    Per quel che riguarda alcuni linguaggi ritenuti particolarmente significativi si è tentato, in Italia, di salvaguardarli con apposite leggi di tutela. Leggi che però forse, se ci riusciranno, salveranno come abbiamo detto soltanto alcuni dei linguaggi a rischio d’estinzione presenti nel nostro paese. Ricordiamo allora che da molti secoli questi nostri territori sono stati caratterizzati anche dalla presenza di altri (non meno significativi e meritevoli di tutela) linguaggi. Parliamo delle parlate medievali tedesche in alcune località della Carnia e di quelle – legate al mondo slavo o sloveno a seconda della loro vetustà, isolamento fisico o ragioni storiche – della Val di Resia, delle valli del Natisone, fino ad arrivare al Carso monfalconese. Vi sono poi altre tre comunità, le cui parlate sono state definite “venete autoctone”, nel senso di luoghi in cui il veneto non è stato semplicemente il linguaggio adottato dagli strati più abbienti, com’è successo nelle città di Udine o Palmanova ad esempio, ma – come minimo da almeno quattro, cinque secoli – è diventato il linguaggio impiegato dalla maggioranza della popolazione, dai contadini all’alta borghesia. Ci riferiamo a cittadine come Grado e Marano ed alla Bisiacarìa. Ma non si può dimenticare il triestino, il pordenonese e le altre parlate di tipo veneto. Linguaggi che non godono, al momento attuale, né da parte dello Stato né da parte della Regione, di alcuna forma di tutela. Questo nonostante si tratti di parlate di straordinario interesse, secondo il parere di molti studiosi italiani ed esteri. Parlate ancora ricchissime di antichi termini veneti ma, anche, di alcuni straordinari relitti lessicali friulani e sloveni medievali. Si tratta, difatti, di vere e proprie “isole linguistiche” che hanno continuato ad impiegare, nel loro isolamento, parole altrove abbandonate ormai, a volte, già da alcuni secoli. Hanno impiegato questi linguaggi per dar voce ai loro sentimenti più profondi, tra l’altro, grandi poeti come il gradese Biagio Marin – candidato al Nobel e tradotto in ogni parte del globo – fino ad arrivare tra gli altri, in anni più recenti, alla celebre cantante monfalconese Elisa, che ha esordito cantando in bisiaco. Tutti questi elementi dovrebbero essere più che sufficienti a spingere la nostra Regione a cercare di salvaguardare in ogni modo questo straordinario patrimonio – linguistico e culturale – che contribuisce a rafforzare in modo ancora più forte la sua “specialità” rispetto ad altre regioni della penisola.

    Il friulano, lo sloveno con le altre parlate slave, il tedesco e gli idiomi storici veneti: diademi luminosi e rari, di cui mai vorremmo vedere la nostra regione spogliata.

    Ivan Crico

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