Pordenone: Preside delle medie adotta la divisa


Una maglietta o una felpa con il logo della scuola a indicare appartenenza, identità, ma anche serietà e per lasciare fuori dalle aule le diversità griffate. È la proposta che Teresa Tassan Viol, dirigente della scuola media Centro storico di Pordenone   oltre 400 iscritti dei quali il 30 per cento di origini straniere – ha presentato ai componenti del Consiglio d’istituto, trovando «un terreno favorevole».

È un percorso educativo, quello che ha in mente la dirigente, per far sì che questa sorta di nuovo vestito sia «un elemento che rinforza il legame scuola-alunno, oltre a creare ordine ed equità tra i ragazzi, troppo spesso orientati su modelli effimeri». La Centro storico è considerata una scuola non facile, soprattutto in virtù dell’alta percentuale di stranieri, «anche se molti – ci tiene a precisare la preside – sono di seconda generazione». <br />

In istituto le diversità rischiano di non essere solo ricchezza. Tra i corridoi le differenze possono essere anche una maglietta firmata o un paio di sneakers; il loro possesso stabilisce l’appartenenza a un gruppo o ne decreta l’esclusione. «I rapporti tra compagni sempre più spesso sono incentrati sul vestito – sottolinea la dirigente scolastica – sulla griffe indossata. Ho letto dei temi nei quali il ragazzo che scriveva spiegava che i compagni lo prendevano in giro e lo mortificavano per come si veste, magari solo perchè non aveva i jeans uguali ai suoi compagni». Mortificazioni che pesano e che necessariamente devono costringere la "scuola" a riprendere il suo ruolo di educatrice nel vero senso della parola, magari cominciando proprio dalle divise.

Teresa Tassan Viol vede nella divisa – maglietta o felpa che sia – il primo passo di un lungo percorso, anche se la dirigente della Centro storico ha un timore. «Mi frena soltanto il costo – afferma – Non posso pensare di far spendere cifre elevate ai genitori, assolutamente». D’altronde l’idea prospettata dalla dirigente, una maglietta o, al massimo, una felpa con il logo della scuola, non sembra "costosa". Un capo senza fronzoli che gli alunni possono indossare durante l’orario scolastico per identificare la scuola di appartenenza e lasciare fuori griffe e manie modaiole, imparando a valutare i compagni per quello che sono e non per come appaiono.

«È un buon inizio di un programma progressivo che dalla felpa porta alla divisa, come quella che indossano le infermiere piuttosto che i piloti», commenta la psicologa Maria Piera Nicoletti. Certo, non sarà la maglietta a cambiare il mondo o a risolvere il problema degli abiti di marca. «Bisogna far capire ai ragazzi che quello che conta non sono i jeans o la camicia di Armani piuttosto che di Diesel, ma quello che c’è sotto. Quindi ben venga la felpa con il logo della scuola, ma è importante che i docenti discutano con gli studenti e spieghino loro la differenza tra contenuti e immagine». Importante poi, lo sottolinea Nicoletti, è che «la scuola come sistema educativo rappresenti un secondo nucleo che dia senso di appartenenza ai ragazzi, salvaguardando principi educativi e formativi».

L’idea della divisa a scuola era venuta ancora l’anno scorso al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, una delle proposte all’interno della riforma scolastica. Ma non se n’è fatto nulla, anche se l’intento della Gelmini era proprio quello di mettere un freno alle sfilate modaiole nei corridoi delle scuole e a tutto quello che ne consegue. «Partendo dalla maglietta si può guardare avanti, chissà», conclude la preside della Centro storico.