Tarcento: Daniela Vidoni è stata uccisa per 200 euro

dal MV di oggi

Il fiuto di un poliziotto, con un'indagine “vecchia maniera”, ha permesso di risolvere dopo quasi due mesi e mezzo il giallo della donna di Tarcento (strangolata in casa a Treviso lo scorso novembre) Daniela Vidoni, 49 anni, l'assistente per anziani la cui fine sembrava portare solo ad un vicolo cieco.
Daniela, come lui stesso ha confessato alla polizia, l'ha uccisa un vicino di casa, Mario Ruffini, un 39enne che la donna vedeva spesso – l'uomo vive con la madre e due fratelli nel palazzo di fronte a quello della vittima – e per lei svolgeva anche piccoli lavoretti <br />
«L'ho uccisa io», ha confessato agli agenti durante l'ultimo pressante interrogatorio. Motivo: un assegno di 200 euro che lui le aveva rubato ed aveva incassato. Daniela Vidoni l'aveva scoperto e voleva denunciarlo. Il fiuto da vero investigatore è quello di Roberto Della Rocca, da poco arrivato alla guida della squadra mobile di Treviso, che per giorni aveva passato i pomeriggi fino a sera tarda nel quartiere dov'era avvenuto il delitto, San Liberale, a lui sconosciuto prima dell'arrivo in città. Ma rivoltando come un calzino il quartiere, Della Rocca è riuscito a risolvere il caso dell'omicidio Vidoni, scoprendo che quel suo vicino, Ruffini, di motivi ne aveva da nascondere alla polizia. Non era un'indagine facile. Il cadavere era stato lavato nel tentativo di cancellare le tracce. L'assassino aveva prima picchiato e poi strangolato la donna; infine aveva messo il corpo nella vasca da bagno. L'omicida si era allontanato portandosi via le chiavi dell'appartamento (la porta era chiusa con una mandata) e lasciando Daniela Vidoni sul suo letto, vestita e con le scarpe allacciate. Le indagini erano partite a tutto campo. Era stato messo sotto torchio e poi rilasciato un sessantenne, ex compagno della donna, che aveva un alibi di ferro. Erano stati sentiti dei nomadi, perchè uno di loro era stato visto con la vittima in un bar poco prima dell'omicidio. Il chiodo fisso era che la vittima conoscesse l'assassino e lo avesse fatto entrate in casa. L'ipotesi era giusta. Secondo la ricostruzione della polizia, Ruffini – in passato denunciato per il furto di un “gratta e vinci” in una tabaccheria -, aveva incassato l'assegno di 200 euro intestato a Daniela dopo averlo rubato mentre era in casa della donna per dei piccoli lavori. Sul quel denaro incassato in banca l'indagato aveva cercato di tergiversare, tentando di cavarsela con frasi contraddittorie. Ma anche le risposte sui suoi movimenti non avevano convinto gli uomini della mobile. Daniela e Mario – è il racconto fatto dall'indagato – si erano incontrati per caso nel pianerottolo nel palazzo di lei. La donna l'aveva affrontato dicendogli che l'avrebbe denunciato per l'assegno. Ruffini, impaurito, avrebbe tentato un accomodamento, convincendo la donna a discutere del fatto nella sua casa. Ma una volta entrato nell'appartamento l'avrebbe aggredita e uccisa.