Tolmezzo: cento anni fa nasceva lo scultore Giulio Cargnelutti

Oggi  lo scultore Giulio Cargnelutti (1912-2007) avrebbe compiuto cento anni. Come era abituato a fare da una vita, sarebbe andato a mezzogiorno all’albergo Roma ( quello del mitico Gianni Cosetti) a bere due bicchieri di Tocai e al pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero, si sarebbe chiuso nel suo studio a “battere” il rame, come ormai faceva da sempre, sin da quando la famiglia acconsentì a iscriverlo all’Istituto d’Arte di Venezia, dove il giovane Giulio approfondì la storia e le tecniche artistiche, in particolare lo sbalzo dei metalli, che saranno poi il filo conduttore della sua successiva attività espressiva.

Uomo semplice e schivo, Giulio Cargnelutti aveva basato la sua vita su alcune regole chiare ed un’unica grande passione. Le regole erano quelle di un uomo di fede che amava gli aspetti genuini e autentici della quotidianità e la grande passione era l’arte, un sodalizio che l’avrebbe accompagnato dovunque, anche nei momenti più difficili, come gli riuscì di fare persino nel campo di concentramento di Buchenwald, dove fu deportato. Di quel periodo ci resta un commovente diario per immagini, eseguito da Cargnelutti su carta recuperata nel campo di prigionia, disegnato con materiale di fortuna: lapis, carboncini, sanguigne. È una testimonianza nel suo genere unica, in quanto eseguita in loco e documenta, con spontaneità ed immediatezza, le sofferenze di un’Umanità profondamente prostata nella sua esistenza materiale e nei suoi valori spirituali (il taccuino è stato pubblicato in un volume nel 2001).

Negli anni Cinquanta, la serenità ritrovata gli permise di coltivare le sue inclinazioni artistiche, sia nel lavoro, che nel tempo libero. Infatti, insegnò disegno per tutta la vita nelle scuole medie e professionali della Carnia (se lo ricordano ancora con affetto e simpatia le migliaia di suoi allievi) e fino a poco prima di morire, si dedicò allo sbalzo del rame, alla scultura su pietra e alle fusioni in bronzo.

Aveva sposato nel 1941 Eugenia Bier. La loro unione si rivelerà negli anni anche un importante sodalizio artistico. Eugenia gestirà (dal 1963 al 1988) la galleria d’arte “Il Ventaglio” a Udine e sarà sin dagli esordi la promotrice della valorizzazione e della attività espositiva del marito.

Anche grazie all’interessamento della moglie, Cargnelutti partecipò a numerose mostre in Italia e all’estero, ultima, in ordine di tempo, l’antologica realizzata nel 1991-92 in occasione del suo ottantesimo compleanno, nelle sedi di Tolmezzo e Udine.

Sue opere si trovano in prestigiose collezioni pubbliche e private: una serie di pannelli in rame nella Casa di Riposo di Tolmezzo e nel consultorio di Comeglians; tre Via Crucis di cui una per la chiesa di San Rocco di Udine, una per il Tempio di Cervignano e la terza nella Cappella POA di Piani di Luzza.

Per volontà del Comune di Tolmezzo, l’esperienza di Buchenwald è stata raccolta in un progetto itinerante con il titolo “Alla gentilezza di chi la raccoglie” La mostra, rivolta alle scuole, consta di una serie di pannelli che riportano la corrispondenza inviata da Giulio alla moglie e i disegni che ritraggono i compagni di prigionia. In mostra anche la lettera che dà il titolo alla rassegna e che Giulio riuscì a lanciare dal vagone in partenza per la Germania e che ha ispirato al nipote Mattia, in arte Brown and the leawes, “Sarà più forte della morte”, canzone diventata colonna sonora del progetto. Durante il mese di febbraio, “Alle gentilezza di chi la raccoglie” verrà esposta nella città gemellata con Tolmezzo Simbach am Inn, in Germania.

Ci si augura che questo centenario sia l’occasione per ricordarlo con una mostra antologica, che metterà in risalto un patrimonio di inestimabile valore da lui lasciato nella sua casa studio di Tolmezzo, composto da centinaia di disegni, bozzetti e da diverse decine di sculture; per tener vivo il suo ricordo e tramandare alle future generazioni l’esperienza artistica e umana di questo illustre, silenzioso ed appartato figlio della Carnia.