Friuli: proteggiamo i pesci dai cormorani

di CLAUDIO POLANO

Lugubri ombre nere si stagliano anche quest’anno sopra le acque interne della nostra Regione. Mi riferisco alle principali specie di cormorani, che ormai da anni, in circa 2.000 esemplari giungono a svernare in Friuli-Venezia Giulia, provenienti principalmente da Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Germania e Polonia. Il loro arrivo coincide normalmente con il mese di ottobre/novembre e la loro (per noi sgradita) presenza si protrae fino a marzo/aprile, quando ai primi tepori primaverili, tornano per nidificare ai loro Paesi di provenienza. In pochi decenni la popolazione europea di cormorano, è passata da circa 4.000 a 200.000 coppie, soprattutto per la tutela legale assegnata a questa specie. Sottolineo che un cormorano adulto può mangiare giornalmente 400/450 grammi di pesce e quindi è molto facile capire l’incidenza di questi uccelli sulle popolazioni ittiche sia di mare sia di acque dolci. Che poi studi recenti, assolutamente rispettabili, abbiano dimostrato che alcune specie (cefali e passere) siano il cibo più riscontrato, ha solo significato statistico, in quanto gli animali sono opportunisti in termini di cibo e quindi predano di più, semplicemente le specie maggiormente presenti in laguna e nelle acque salmastre. Lo stesso dicasi per quanto riguarda le prede acquidulcicole, dove trota e temolo a esempio nel Medio Tagliamento non raggiungono il 7% delle specie predate. Ma i cormorani presenti nell’Alto Friuli trovano quasi solo salmonidi e timallidi e quindi queste saranno necessariamente le loro prede. Ecco perché a questo punto è necessario uscire dalla fredda logica dei numeri e considerare purtroppo la rarefazione di queste due specie, in parecchie acque regionali. Non servono ragionamenti scientifici per capire che se questi pesci sono poco presenti, anche la loro predazione sarà evidentemente minore! Un ragionamento che non ha bisogno di commenti. Ecco dunque che il problema “cormorano” va affrontato anche con un discorso di sfoltimento territoriale, almeno per un 10% degli svernanti, dato che le popolazioni ittiche delle acque interne, in virtù della vastità del reticolo idrografico, non si possono proteggere con reti antiuccello, con mortaretti, dissuasori acustici o altri sistemi, che fra l’altro gli uccelli imparano molto presto a conoscere e quindi a non temere. Quindi la gestione della specie e le strategie per limitarne i danni vanno ricercate nel rispetto della direttiva Cee 409/79 (meglio conosciuta come direttiva Uccelli), delle leggi nazionali 157/92 e 24/96 e infine della legge regionale 14/07. Il cormorano non è specie cacciabile, però le amministrazioni provinciali e altri enti possono autorizzare piani di abbattimento, in deroga al regime di protezione. Ciò in presenza di danni accertati o non applicabilità di soluzioni alternative, come nel caso delle acque interne, in particolare salmonicole. Va ricordato che gli abbattimenti sono sempre stati autorizzati fino all’anno scorso, anche se poi i dati finali di questi ultimi anni, per vari motivi che sarebbe opportuno approfondire, sono sempre stati di gran lunga inferiori al consentito (0 nel 2007/8 e solo 8 nel 2008/9). Concludendo il capitolo “cormorani”, a mio avviso sarebbe necessaria una sinergia fra chi gestisce la pesca e il mondo venatorio, a noi contiguo e dato che i pescatori sono anche cacciatori, per giungere, come prevede la legge, alla formazione di gruppi di cacciatori e guardie dell’ente tutela pesca, munite di licenza di caccia e previo corso di formazione, a personale in grado di effettuare gli sfoltimenti previsti almeno nelle acque di pregio. In particolare nei corsi d’acqua dove è seminata la trota marmorata e il temolo, due specie autoctone e tipici endemismi padani. Un’ultima parola sugli uccelli ittiofagi la spendo per gli ardeidi e cioè l’airone cenerino e l’airone bianco, che assieme alla garzetta, sono presenze ormai comuni nella nostra regione. Questi bellissimi uccelli, in particolare il cenerino, sono ormai nidificanti e questo porta a un ulteriore aumento dei soggetti presenti. Considerando che si cibano anche e soprattutto di pesci piccoli, sono un vero flagello nelle acque dove è effettuato il ripopolamento con il novellame di pregio, vanificando o quasi dette operazioni. Non ultimi, seppur in numero molto minore, sono le varie specie di svassi, anch’essi predatori di novellame e che a esempio nel lago di Cavazzo sono ormai stanziali, con buona pace delle locali popolazioni ittiche.