Udine: bambini iperattivi 80 in cura assieme a mamma e papà

di Paola Lenarduzzi

Il problema di chi non è proprio capace di stare fermo sul banco ha una sigla precisa: Adhd. E' il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, quasi sempre – se non adeguatamente curato – premessa di devianza, abbandono scolastico e depressione. Nella nostra provincia sono oltre 80 i ragazzini con questo disturbo seguiti alla Neuropsichiatria infantile dell'Azienda sanitaria 4, al Gervasutta, servizio che è centro di riferimento per la regione e anche per il ministero della salute riguardo all'Adhd. E il programma di psicologi e operatori in questo campo, mirato a far sì che il bambino ricostruisca autostima e fiducia nelle proprie possibilità, passa soprattutto attraverso un lavoro con i genitori. «Già il fatto di definire correttamente il problema è un punto di partenza fondamentale, perchè permette di guardare il proprio figlio con altri occhi – argomenta la direttrice del servizio di Neuropsichiatria infantile dell'Ass 4, Silvana Cremaschi -. In molti casi infatti il bambino con Adhd viene bollato come aggressivo, disobbediente, bullo, aggressivo, incapace di stare con i compagni. E spesso i genitori si rivolgono al servizio con una convinzione negativa sul proprio atteggiamento: è colpa nostra, dicono, non riusciamo a farci obbedire, diventiamo incoerenti e contradditori». Da qui la necessità di riconoscere le caratteristiche del disturbo ridefinendo il comportamento del bambino non più in termini di colpa, ma di disabilità. Attraverso interventi riabilitativi ed educativi specifici, il genitore può riprendere il proprio ruolo di sostegno e rinforzo. «Assieme a mamme e papà si costruiscono strategie per motivare il bambino, valorizzarlo e proporgli esperienze che gli facciano sperimentare il senso di efficacia», così la Cremaschi spiega la scelta dei corsi di gruppo. «L'intervento dei servizi – continua – punta a fornire strumenti e strategie che aiutino a focalizzare l'interesse e la motivazione riducendo l'effetto di disturbo di altri stimoli. Tutto questo lavorando contemporaneamente sugli aspetti psicologici per rompere il muro di rifiuto e diffidenza che il piccolo si era già creato a causa dei precedenti insuccessi». Mamme e papà si sottopongono anche a sedute di gruppo tra di loro, i "parent training", nei quali si confrontano, illustrano e discutono le strategie messe in atto per aiutare i loro figli. Altro capitolo, strettamente connesso ai precedenti, coinvolge gli insegnanti. Nella cosiddetta presa in carico multimodale, oltre agli interventi diretti sul minore, di aiuto e sostegno ai genitori, si chiede la collaborazione e il confronto con maestri o "prof" per poter agire sul contesto in cui il bambino vive. «Con gli insegnanti – informa la Cremaschi – si rielaborano progetti personalizzati sul singolo con quel particolare gruppo di compagni. Gli interventi sono mirati a strutturare un percorso di apprendimento in fasi brevi per obiettivi man mano più complessi. Anche lo stile di esposizione delle lezioni viene studiato in modo accurato per catturare l'attenzione del bambino e dei suoi compagni». I farmaci vengono utilizzati soltanto per un numero ristretto di soggetti e per periodi limitati, in associazione con l'intervento psicoeducativo. La presa in carico è comunque complessa, richiede energie e impegno da più parti. Ma i risultati, secondo la Cremaschi, arrivano: «Questi interventi integrati – conclude la responsabile – riescono a evitare in questi soggetti il sovrapporsi di disturbi dell'umore e le più gravi situazioni di abbandono scolastico; possono di fatto cambiare la storia naturale del disturbo».