Udine: i 25 anni della Bibbia in Marilenghe

 

di ROMANO MICHELOTTI presidente della Patrie dal Friûl a sx nella foto

Nel 1984 la Provincia di Udine aprì le porte del salone del consiglio per presentare ufficialmente l’avvio della pubblicazione integrale della Bibie in friulano, che sarebbe poi uscita nell’arco di una decina di anni in splendidi otto volumi arricchiti da migliaia di illustrazioni desunte dal patrimonio iconografico e artistico custodito in Friuli. Una pietra miliare nella storia religiosa e culturale del Friuli storico. La pubblicazione del testo integrale della Bibbia è stata sempre un fatto di notevole importanza per ogni popolo dal punto di vista religioso, ma anche culturale e sociale. 
Nei secoli la Bibbia è stata elemento catalizzatore e unificatore determinante per tante popolazioni che attorno a questo libro sacro hanno ritrovato un senso di identità e di appartenenza sia sul piano religioso che su quelli culturale e linguistico. Basterebbe ricordare quel che fu la traduzione di Cirillo e Metodio per le popolazioni slave o, in tempi successivi, di Martin Lutero per le popolazioni germaniche. Questo riteniamo sia diventato, alla fine del ventesimo secolo, anche per il Friuli.<br />
Il 1984 non è stato solamente un punto di partenza, ma anche, prima di tutto, è stato un punto di arrivo. Per comprendere quell’evento bisogna andare agli anni subito dopo il Concilio che, tra l’altro, aprì nel mondo cattolico la porta alla riscoperta, alla valorizzazione e diffusione della Parola di Dio anche tra i fedeli, cancellando l’esclusiva che fino allora era riservata al solo clero e propose il radicale rinnovamento della liturgia che, finalmente, poteva essere celebrata usando non più il latino, incomprensibile alla stragrande maggioranza dei fedeli, ma la lingua viva di ciascun popolo.
In questo contesto il Friuli trovò la figura carismatica di pre Checo Placereani, che per primo intuì l’importanza della traduzione dei testi sacri in lingua friulana. Passo obbligato affinché i friulani potessero godere appieno della bellezza, della profondità, della ricchezza della Parola di Dio letta, ascoltata, celebrata nella lingua materna. Strada maestra da percorrere per riscattare anche la dignità, l’identità, la cultura, la lingua di questo popolo, per secoli considerato solamente sotan. Efficace ed emblematica fu la frase di pre Checo: «Un popul cu la Bibie al è un popul cul cjapiel sul cjâf». Perché il cappello in mano lo tengono solo i sotans davanti ai padroni o i miseri per chiedere l’elemosina. La Bibbia nella propria lingua dà dignità al popolo. Pre Checo diede così avvio alla traduzione di testi, non solo biblici, per fornire le comunità cristiane di strumenti e mezzi concreti per applicare il Concilio.
Dopo il terremoto, si aggregò pre Antoni Beline, che volle onorare il suo paese, Venzone, ridotto a un cumulo di macerie, con la pubblicazione de Il libri di Jop, testo che affronta in modo particolare il tema del dolore e della sventura.
In seguito si cominciò a pensare a una pubblicazione sistematica dei testi sacri. Non era facile trovare un editore disposto a farsi carico di un onere e di un rischio notevoli in un territorio con popolazione poco adusa a leggere la Bibbia e, men che meno, in friulano. Fu Ribis a guardare con ottimismo all’idea, a comprendere sì il rischio, ma anche l’importanza di un fatto straordinario e di portata storica. Ricordo, sul finire degli anni 70, i primi incontri di pre Checo e pre Antoni, co-traduttori, con l’editore Ribis, a cui partecipai, in una stanzetta di via Sauro a Udine, per concordare tutti i dettagli dell’operazione certamente lunga e complessa. L’editore, onde evitare spiacevoli sorprese e reazioni controproducenti, nel frattempo aveva cercato un appoggio da parte della gerarchia ecclesiastica, affinché non fosse considerata una Bibie poco cattolica. Venne allora istituita una commissione di biblisti che ne garantissero la fedeltà testuale; venne affidata a un gruppo di esperti la scelta delle illustrazioni e al gruppo di Glesie furlane la correzione dei testi. Tutta l’operazione vide, dunque, la luce nel 1984. Nel giro di pochi anni, pre Checo si ammalò, nel 1986 a malapena vide e prese tra le mani il primo volume fresco di stampa, pochi mesi prima di morire. Il lavoro venne continuato e portato a conclusione da pre Antoni. Destino biblico. Anche Mosè riuscì a condurre il suo popolo fino nei pressi della Terra promessa; riuscì a vederla da lontano, ma non ci entrò. A condurre il popolo nella terra agognata ci fu un altro: Giosuè.
Quale riflessione fare a distanza di 25 anni? La Bibie, il testo sacro dei cristiani, in Friuli ha avuto difficoltà a trovare alloggio fra i suoi. L’intuizione, l’impegno pluridecennale, lo sforzo diuturno e senza discontinuità spettarono a figure sì carismatiche, ma tenute sotto vigilanza dalle autorità ecclesiastiche e guardate con sospetto dai più. L’impegno e l’onere della pubblicazione vennero presi non all’interno e per volontà della Chiesa locale, ma da un editore privato, per sua iniziativa. Tant’è che anche la presentazione di tale evento storico avvenne nel palazzo della Provincia, non in quello attiguo della Curia. Ma il tempo è galantuomo! Passarono gli anni, sbollirono gli animi e, finalmente, anche gli organi ufficiali delle Chiese del Friuli compresero l’importanza della Bibbia per sostenere il popolo, per alimentare i fedeli, per ravvivare la liturgia, per inculturare la fede. E nel 1997 venne pubblicata per conto delle tre diocesi del Friuli la Bibie in volume unico. Peccato che ancor oggi si continui a utilizzarla molto poco.