Udine: il binomio vincente de “Agli amici” di Godia e del dipartimento di Scienze alimentari

di FEDERICA BARELLA

All’inizio fu soltanto un uovo. Anzi un rosso d’uovo. E assieme a quell’uovo la ricerca, quasi disperata, di renderlo perfetto per il palato suo e dei suoi clienti. Ora invece è una collaborazione capace di portare Emanuele Scarello e i suoi collaboratori dell’olimpo della cucina italiana e internazionale. Da Godia alle vette dell’arte culinaria, passando attraverso i consigli e le ‘‘scoperte’’ degli esperti del corso di laurea in tecnologie alimentari dell’Università di Udine
 

 

Una collaborazione non codificata, ma assolutamente nei fatti. Tanto che lo stesso Scarello, chef che vanta una stella Michelin, venendo meno a uno dei tabù classici di ogni grande cuoco, non ha problemi a svelare alcuni suoi grandi segreti, ammettendo candidamente: «senza il professor Alessandro Sensidoni, che mi ha poi affidato a Eva Marcuzzo forse avrei realizzato ugualmente molti dei miei piatti, ma non senza quella perfezione che ho raggiunto grazie a loro». E ancora, confessa Scarello: «se il mio pasticciere Tatsuya Iwasaki l’altr’anno e quest’anno ha ricevuto il riconoscimento come migliore pasticciere d’Italia sicuramente parte del merito la si deve proprio a Sensidoni, che in qualche modo ci ha anche “provocati” proponendoci l’utilizzo di ingredienti nuovi…».
Insomma questa è la storia di due eccellenze autentiche della nostra terra per una volta unite: un cuoco pluri-premiato e l’Università friulana (con uno dei corsi di laurea storici in questo settore, il primo attivato in Italia assieme a quello di Milano), insieme per promuovere ed esaltare quell’“agro-alimentare” che tanto piace anche ai politici e agli amministratori di casa nostra.
Un matrimonio comunque “aperto” quello di Scarello con il corso di Scienze e tecnologie alimentari dell’ateneo friulano, tanto che il cuoco di Godia è solo uno degli esempi di questa concreta collaborazione. Una collaborazione prima impensata e impensabile (Scarello collaborava sì con un’università, ma quella di San Sebastian in Spagna), e ora invece più che mai decollata.
Ed ecco allora che dopo l’uovo “perfetto” è arrivata la marinatura della carne non più col sale ma col miele aromatizzato (con risultati godibile anche dalla vista oltre che dal palato), o ancora il the di mare (un infuso realizzato con alghe capace di catapultarti all’istante tra le onde o in mezzo a una laguna) e il sublime, e sublimato, asparago liofilizzato (passato direttamente da ghiacciato alla fase di liofilizzazione per scartare tutta l’acqua e salvare così tutti i preziosissimi sali minerali).
Con tanto di ricette buttate giù alla rinfusa da Scarello nel suo inseparabile e strapazzato quadernetto nero e poi arricchite da Eva Marcuzzo di formule chimiche, tempi, gradi, non più approssimati ma calcolati alla stra-perfezione, trasformazioni molecolari dopo trasformazione molecolare. Da un lato quindi l’intuizione di una nuova alchimia di gusti e sapori, dall’altra la scienza provata, testata, sperimentata. Con in mezzo una passione infinita per il cibo. «Mia madre fa tutt’ora la miglior agnello che io abbia mai mangiato. Un piatto da svenire. Da piccolo le chiedevo sempre quale è il suo ingrediente segreto. E lei mi ha sempre risposto: l’amore. E oggi le do ragione. E’ per amore per il mio lavoro, per i miei collaboratori e per i miei clienti che un giorno mi sono ritrovato a voler fare non un semplice uovo in camicia, magari sì spruzzato di tartufo, ma l’uovo in camicia “perfetto”. E dopo l’incontro con il professo Sensidoni ed Eva Marcuzzo ci sono riuscito».
A volte un piatto nuovo, come qualche dolce di Tatsuya, nasce da una provocazione. Altri restano quasi uno scherzo da laboratorio, come il cocktail “americano” destrutturato (concentrato in una specie di caramella in gelatina avvolta in una pellicola edibile). Altri piatti invece fanno parte per ora solo del futuro de “Agli amici”.
Sui progetti a venire il tandem Scarello-Marcuzzo ha le bocche cucite, ma gli occhi brillano.
E, in cucina, tra un “Roner” (apparecchio in origine utilizzato negli ospedali, e qui invece usato per cucinare in acqua a gradi programmati, regalando così all’alimento una stessa temperatura uniforme) e una pentola a pressione sottovuoto (con pompette che entrano ed escono, oltre manometri e un display digitale), i collaboratori di Scarello tirano la pasta tradizionale ma anche la sfoglia di pasta fatta solo, soltanto e unicamente col formaggio. Con i frigoriferi e i tavoli di lavoro pieni di prodotti locali. E le mani pronte a preparare il frico versione Scarello, ma pur sempre e indubbiamente frico. O il brodo di formaggio (un brodo fatto letteralmente con acqua e formaggio, presentato anche alla recente manifestazione di Eataly a New York). «La tecnologia è uno strumento – spiega Emanuele Scarello – e l’Università di Udine mi ha aiutato ad utilizzarla meglio. Ma io non voglio fare una cucina tecno-emozionale. Solo una cucina dai gusti perfetti. E la tecnologia mi aiuta in ciò. Anche perchè la cucina moderna è precisione».