Udine: il reparto di Neurochirurgia festeggia i 50 anni con il suo fondatore Prof. Cecotto

Linear Actuator 
for NeuroSurgery – LANS
di Alessandra Ceschia

Era il 16 ottobre 1961, una data storica per l’ospedale civile di Udine, primo in Italia con Verona, a essere dotato di una Divisione neurochirurgica autonoma quale diretta emanazione della Clinica di Neurochirurgia dell’università di Padova. Si cementava così la pietra angolare di quella che sarebbe diventata una delle eccellenze nel panorama sanitario italiano. Per il professor Corrado Cecotto, che a lungo si era battuto per l’istituzione della Divisione, fra dissensi e perplessità, era la vittoria di una lunga battaglia e l’inizio di una nuova sfida che lo avrebbe condotto a organizzare la Divisione stessa e ad assumerne la direzione. Professor Cecotto, quando ha capito quale sarebbe stato il suo destino? «Ricordo perfettamente quell’attimo. Frequentavo la quinta elementare e, assieme ai miei compagni, partecipai a una proiezione organizzata dal partito fascista<br />

tre film che ci vennero proposti era Viaggio intorno al mio cervello. Fui colpito dall’immagine di un trapano che forava il cranio di un malato. Quest’ultimo, al termine dell’operazione, si risvegliava. E sentii che anch’io volevo salvare qualcuno. Vivevo a Buja, la mia era una famiglia modesta che non aveva i mezzi per farmi studiare. Fu grazie alla benevolenza di don Pacifico che riuscii a iscrivermi al liceo scientifico, dovevo fare avanti e indietro in bicicletta da Buja a Udine per frequentare il Marinelli e gravare sulla mia famiglia con spese insostenibili per le nostre possibilità. E poi arrivò la guerra e l’appello dei partigiani della Divisione Osoppo, cui non esitai ad unirmi dopo l’8 settembre 1943 per partecipare alla Guerra di Liberazione. Conseguita la maturità scientifica da privatista, mi iscrissi alla facoltà di Medicina di Padova dove conseguii la laurea, per poi frequentare la Clinica universitaria di Neurologia del professor Belloni che mi indirizzò alla Neurochirurgia. Lavorai a Padova come aiuto del professor Quarti e del professor Frugoni. Poi venni a Udine». Il suo nome è legato anche alla nascita dell’università autonoma a Udine, a tante battaglie compiute per la modernizzazione e l’industrializzazione della regione in seno al Movimento Friuli. Quali le prove più ardue? «Quelle imposte dall’etica. Nel campo della mia professione mi trovai a decidere della vita di due gemelli craniopagi, ovvero uniti a livello del cranio. Avevo la possibilità di salvarne uno, decretando la morte dell’altro. Preso da una crisi di coscienza, andai dall’arcivescovo Zaffonato per chiedergli aiuto. Mi disse che Dio dà la vita ed è Dio che la toglie. Decisi di operare. Il confronto fra scienza ed etica non ha mai cessato di essere difficile, anche quando nel 1976 il Friuli fu scosso dal terremoto e la mia casa rimase distrutta. Non ebbi esitazione e prestai servizio come medico di guardia all’ospedale pur di garantirne il funzionamento 24 ore su 24. Uno di quei drammatici giorni arrivarono da me due pazienti con un grave trauma cranico che avevano assoluto bisogno di un intervento. Si trattava di scegliere fra un ragazzo giovane e un anziano. Ne nacque una discussione fra i medici. Fui io a scegliere. Operai prima l’anziano, pensando che il ragazzo avesse più possibilità di resistere in attesa dell’operazione. Non fu facile prendere quella decisione, ma entrambi sopravvissero». Lo sviluppo della Neurochirurgia a Udine non è stato affatto semplice «Non lo è stato. Mi sono trovato a battere i pugni sul tavolo tante volte. Tanto per cominciare erano in molti a sostenere che non ce ne fosse affatto bisogno. È stato arduo ottenere una sala operatoria dedicata, operativa del 1965, cui, dal 1992 si è affiancato il nuovo ed efficiente blocco operatorio, e si è dovuto attendere fino al 1976 per la prima Tac. E poi, finalmente è stato possibile creare all’interno della Divisione una sezione di Neuro traumatologia, quindi l’Unità spinale autonoma. Un percorso che ha scandito tutta la mia carriera professionale fino al 1996 quando, dopo 45 anni di professione neurochirurgica, sono andato in pensione».