Udine: malati di Sla senza assistenza, un appello alla mobilitazione friulana

di LUANA DE FRANCISCO

Lui, che da quasi otto anni vive paralizzato nel letto di casa, si considera comunque fortunato. Perchè lui, a differenza della maggior parte degli altri malati di Sla in regione, può contare sulla disponibilità di un comunicatore oculare – l’apparecchio che consente di scrivere con gli occhi – e sull’assistenza della moglie. E tutti gli altri? Quelli che, da anni, si sentono tagliati fuori dal mondo e che una famiglia in grado di aiutarli non ce l’hanno? Stefano Marangone, 43 anni e un passato da calciatore, è preoccupato . «Molti miei compagni di malattia – ci racconta attraverso un’accorata e-mail – decidono di lasciarsi morire». Da qui, il suo appello alla solidarietà dei friulani.

«A quelle tante persone – ricorda Stefano – che si sono sempre dimostrate sensibili verso chi soffre». A cominciare proprio da lui, che con la moglie Paola Ecoretti, 42 anni, maestra elementare, abita a Rivignano. E che dalla gente del paese, così come dagli amici, i conoscenti e i tanti friulani di buon cuore, ha ricevuto appoggio e contributi anche economici a favore delle iniziative benefiche di volta in volta promosse a sostegno dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica. É di nuovo a tutti loro, i suoi corregionali, che ora Stefano si rivolge, per invitarli a partecipare alla manifestazione di protesta organizzata a Roma, il 21 giugno, in occasione della Giornata mondiale per la Sla.
Obiettivo: ottenere il riconoscimento a un’assistenza domiciliare e ad alta specialità che soltanto personale adeguatamente addestrato e qualificato può garantire. Ma che, a tutt’oggi, ancora nessun protocollo prevede. Con evidente e grave disagio per i malati e, nondimeno, per le loro famiglie, costrette – quando le condizioni lo permettono – a sobbarcarsi gli oneri di un’assistenza continua e pesante sia dal punto di vista fisico, sia sul piano psicologico. Oltre che, naturalmente, economico.
«La progressione della Sla, purtroppo, non aspetta nessuno, tanto meno che si facciano le leggi e ci si decida a elaborare percorsi di continuità assistenziale ospedale-territorio», scrive Marangone, ripercorrendo a sua volta le tappe di un calvario personale cominciato otto anni fa, con i primi sintomi a una gamba, diventata stranamente più debole, e alla parola, improvvisamente disarticolata. «In Italia – continua Stefano, dettando il proprio pensiero al comunicatore oculare –, la Sla colpisce circa 5 mila persone, mentre in regione a soffrirne siamo un centinaio. Con il tempo, chi finisce nella sua tenaglia perde la facoltà di muoversi, comunicare, nutrirsi e respirare autonomamente. Le capacità cognitive, invece, restano intatte». Un destino inesorabile e che travolge inevitabilmente anche coloro che vivono attorno al malato.
«Molti miei compagni e compagne di malattia – continua Stefano – si sentono abbandonati o di peso. E così, sempre più spesso, decidono di non continuare a vivere, rinunciando alla Peg (il tubicino inserito nello stomaco per l’alimentazione, ndr) e alla Tracheostomia (per la ventilazione meccanica, ndr). Lo so, per averli conosciuti attraverso i Forum: alcuni se ne sono già andati, altri sono determinati a farlo. Sono decisioni agghiaccianti – continua –, prese per lo più per non pesare sulle loro famiglie o per il fatto di non avere una rete familiare in grado di occuparsi di loro, ma anche per il rifiuto di considerare vita lo stare attaccati a una macchina».
Eppure, pur scartando come illusoria l’ipotesi della guarigione, Stefano sa che anche così, immobilizzati nel letto con un tubo attaccato alle vie respiratorie e un altro nello stomaco, il futuro esiste anche per loro. Quello che manca, per rendere l’“assurdo” accettabile, è un’adeguata programmazione sanitaria. Ed è proprio questo che la mobilitazione romana intende strappare al governo. «Le mie condizioni, purtroppo, non mi permetteranno di essere presente – dice Stefano –, ma Paola ci andrà e spero davvero che a seguirla siano in tanti. Adesso più che mai, è necessario mandare un segnale preciso a chi ci governa, affinchè sia chiaro che la disabilità non è un impedimento allo sviluppo del Paese, come ha infelicemente affermato il ministro Tremonti, bensì un valore aggiunto, per il quale vale la pena battersi». Sbloccare le procedure burocratiche, ecco quello che ci vorrebbe per restituire un po’ di sollievo a tutti. «Chiederemo l’approvazione e la concreta entrata in vigore dei Livelli essenziali di assistenza – spiega Stefano –, un passaggio indispensabile per poter procedere all’elaborazione di un serio progetto di continuità assistenziale e di assistenza domiciliare ad alta complessità uniformi e omogenei su tutto il territorio nazionale. Oggi, al contrario, esistono differenze enormi all’interno della nostra stessa regione, anche nell’erogazione dei seppur esigui contributi tra distretto e distretto». Tutti provvedimenti, inutile dirlo, “strombazzati” da tempo e a più riprese. E infine rimasti chiusi in qualche cassetto, superati da chissà quale altra urgenza.