Val But : una serie di iniziative ricorderà i “fusilâz” di Cercivento

di Luciano Santin.

Tra il 28 giugno e il 1 luglio, in Val But, una serie di iniziative ricorderà i “fusilâz” di Cercivento. Ci saranno ascensioni, convegni e commemorazioni in memoria di Luigi Coradazzi, Angelo Massaro, Basilio Matiz e Silvio Ortis, passati per le armi esattamente 99 anni fa, per essersi rifiutati assieme ai commilitoni del battaglione Monte Arvenis, di effettuare un assalto suicida alla Cima del Cellon. All’ordine di prendere la posizione, presidiata dagli austriaci e dominante il passo Monte Croce Carnico, attaccando in pieno giorno e senza copertura d’artiglieria, era stato controproposto dagli alpini (in gran parte montanari friulani) un blitz notturno, magari con il favore della nebbia; il suggerimento, però, era caduto nel vuoto. Vi fu un processo velocissimo (gli imputati ebbero pochi minuti per far valere le loro ragioni), a molti furono irrogate pesanti pene da scontarsi a guerra conclusa (poi sanate dall’amnistia generale), mentre a Coradazzi, Massaro, Matiz e Ortis toccò la pena capitale, in qualità di “agenti principali”. Dagli atti del dibattimento, conservati a Roma, non emergono peraltro elementi tali da corroborare questa individuazione e la condanna a morte. Anzi, è specificato che si trovavano fuori dalla baracca dove scoppiò il tumulto. Tutto lascia credere che – come del resto si è sempre detto a Cercivento – si sia proceduto a una decimazione sub specie juris. Del resto gli ordini contenuti nelle circolari dei comandi erano chiari: non è ammessa che l’avanzata o la morte. «Chi tenti ignominiosamente di arrendersi o di retrocedere, sarà raggiunto – prima che si infami – dalla giustizia sommaria del piombo delle linee retrostanti, da quello dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia stato freddato prima da quello dell’ufficiale», scrive Luigi Cadorna. «Ogni soldato deve essere convinto che il superiore ha il sacro potere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi». Ed Emanuele Filiberto di Savoia, comandante della terza Armata taglia corto: «Ho approvato che nei reparti che sciaguratamente si macchiarono di grave onta, alcuni, colpevoli o no, fossero immediatamente passati per le armi». Il “colpevoli o no” chiarisce, se mai ce ne fosse bisogno, il senso delle esecuzioni “per l’esempio”: incutere nei soldati, a prescindere da qualsiasi responsabilità, il terrore del piombo italiano, farlo apparire piú certo di quello austriaco. La “tre giorni” di Val But s’inizierà domenica 28 giugno, con la salita ai 2238 metri della Creta di Collinetta, o Cellon, la vetta che fu all’origine della querelle e della fucilazione, organizzata dalla sezione Cai di Ravascletto. Dopo l’ascensione per la “ferrata dell’amicizia” o per il facile sentiero 147, è previsto un momento di raccoglimento in vetta. Al ritorno, alle 17, al Museo della Grande guerra di Timau, andrà in scena lo spettacolo multimediale “Chê âte guere – La guere da int”, ideato e curato dal circolo culturale “La dalbide” di Cercivento. Lunedí 29 giugno, alle 17, nella sala Cesfam di Paluzza il circolo culturale “Enfretors”, in collaborazione con il Comitato “I Fusilâts di Çurçuvint” organizza un convegno sulla riabilitazione dei quattro alpini uccisi nel 1916. Il primo intervento sarà quello dell’onorevole Giorgio Zanin, relatore e primo firmatario della legge che va in questo senso, e che è stata recentemente approvata dalla Camera. Mario Flora, nipote di Silvio Gaetano Ortiz, parlerà poi delle evidenze che emergono dalla carte processuali e dalle testimonianze, mentre Gerfried Buerger, esperto di storia militare, relazionerà sulla versione austriaca dei fatti del Cellon in merito ai quali ha scritto anche Fritz Weber. Mercoledí primo luglio, al cippo che ricorda i quattro alpini, ci sarà infine la cerimonia ufficiale del ricordo, a opera del Comune di Cercivento e con il sostegno della Regione. A iniziare dalle 18.15 ci saranno interventi istituzionali, una commemorazione civile e religiosa, un omaggio di canti di montagna, l’esecuzione della “Ballata dai fusilâz”. Per vie informali era stata sollecitata la presenza di un coro degli alpini, per ricordare i quattro uccisi con i versi accorati di Stelutis e di Ta-pum; l’invito però è stato declinato, asseritamente perché l’Ana della Carnia non vedrebbe con favore l’iniziativa. Contraria alle commemorazioni, non che alle riabilitazioni, l’associazione si era detta del resto anche alcuni anni, quando Edimiro Della Pietra, all’epoca sindaco di Cercivento, aveva coraggiosamente deciso di far erigere il monumento a ricordo dei ragazzi del “Monte Arvenis”. Nel criticare l’iniziativa, l’Ana carnica aveva escluso ogni ripensamento sull’episodio: «Se sono stati ritenuti colpevoli perché istigatori, i quattro militari fucilati, la ragione ci doveva pure essere». Si erano paventati anche analoghi riconoscimenti per gli sbandati di Caporetto, e commentato: «Che Paluzza e Timau abbiano a vantare il primato di avere una piazza e una via intitolata rispettivamente a Silvio Ortis e Basilio Matiz, può importare solo agli abitanti del capoluogo e della frazione». Pare proprio che non sia cosí, e che la legittima posizione dell’associazione risulti alquanto minoritaria. Sulla vicenda di Cercivento si è mossa la presidente Serracchiani, che ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Questi, peraltro, da parlamentare, aveva presentato il libro “Compagnia fucilati”, del collega Diego Carpenedo. A Cercivento si è interessata infine la Camera dei deputati dove è stata approvata all’unanimità una legge che intende restituire l’onore ai soldati giustiziati per infrazioni connesse con la disciplina militare (il caso dei quattro alpini è stato citato come esempio nella relazione introduttiva). Cosí, tra un anno, il centenario della fucilazione potrebbe coincidere con la reintegrazione di Coradazzi, Massaro, Matiz e Ortis, nell’abbraccio della collettività nazionale. Collettività della quale l’Ana della Carnia dovrà scegliere se sentirsi o meno partecipe.