Villesse: all’Ikea nascono dubbi sui permessi, ma per sindaco e Regione tutto a norma

«Il lavoro delle 250 persone impiegate all’Ikea di Villesse non è a rischio: l’insediamento resterà dov’è perchè realizzato nell’assoluto rispetto delle norme». Così il sindaco di Villesse, Simonetta Vecchi, commenta la notizia apparsa su Il Piccolo di Trieste; un articolo in cui si contesta al colosso svedese l’assenza della Via (valutazione di impatto ambientale) arrivando al punto di ipotizzare una demolizione del complesso.
«Leggo stupefatta l’articolo – continua il sindaco –. Il centro Ikea è a norma ed è stato realizzato secondo le indicazioni del Piano attuativo approvato dalla Giunta Regionale, peraltro corredato da una lunga serie di prescrizioni in materia ambientale; prescrizioni da noi puntualmente recepite. Se ci fossero dei dubbi in tal senso, la corposa documentazione è a completa disposizione di chi voglia consultala, stampa compresa. In fase di rilascio dei permessi per la costruzione della II fase del parco commerciale – spiega ancora Vecchi –, la società promotrice dell’intervento, secondo la normativa attualmente in vigore, ha formalizzato il procedimento di screening di Via, ricomprendendo nell’indagine, per ovvie ragioni, anche il primo insediamento. Per quanto riguarda le problematiche di tipo ambientale, permettetemi, con una certa soddisfazione, di far presente che il sistema viario locale ha subito un indubbio miglioramento e l’aumento dei flussi non mai prodotto alcun problema né a Villesse né, tantomeno, nei paesi limitrofi. A scopo cautelativo, inoltre, sono state anche condotte due campagne di monitoraggio sulla qualità dell’aria nel 2007 e nel 2010».<br />
Il sindaco di Villesse conclude: «Siamo quindi assolutamente sereni e stiamo lavorando in piena sinergia con Regione e privati, nel pieno rispetto della complessa normativa di settore, cercando di ridurre al minimo l’impatto ambientale dell’insediamento».

 

«Non sussiste alcun rischio di demolizione della sede Ikea di Villesse», ha aggiunto il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani. La documentazione presa in esame dalla stampa è ampiamente superata». Infine, Ikea Italia: «L’area sulla quale sorge il negozio di Villesse è stata acquistata nel 2008 da Arco Srl con tutte le autorizzazioni previste dalle leggi vigenti all’epoca. Ikea Italia condurrà ovviamente tutte le verifiche necessarie circa le autorizzazioni ottenute, anche se è certa di aver agito nel rispetto di tutte le norme».

Una risposta a “Villesse: all’Ikea nascono dubbi sui permessi, ma per sindaco e Regione tutto a norma”

  1. In questo omento si fa un gran parlare dell'Ikea di Villesse a rischio di demolizione, ma i ns. Politici premono affinchè non accada, prendendo a pretesto i lavoratori, ma loro sanno che con quello che si prende all'Ikea, nessuno arriva a fine mese, leggete sotto., e pensate alle parole del Sindaco di Villesse, proferite durante l'inaugurazione dell'Ikea, "sono stati assunti i ns. cittadini di Villesse.

    Si ma come sono stati assunti?

    Certi Politici fanno solo demagogia!!!!!

     

     

     

    Ikea, non si vive di solo part-time

     

    Tra il 70 e l’80% degli addetti ha contratti orari settimanali. L’imposizione dei week end

     

     

     

    Sarebbe ingeneroso definirla una semplice azienda di arredamento. Come scritto recentemente dal settimanale americano Business Week, Ikea è piuttosto «un artefice dello stile di vita della gente», un’icona globale di design a basso prezzo, una scelta con cui i clienti intendono esprimere il loro «essere arrivati, avere buon gusto, riconoscere il valore delle cose». Difficile contraddire l’apologia: con i suoi 160 milioni di copie per il 2006, il catalogo Ikea è il libro più stampato al mondo, unica iniziativa editoriale ad aver mai strappato il secolare primato alla Bibbia.

     

    Il marchio è forte e conosciuto, l’azienda è solida e in continua espansione; si pensi ai 18 miliardi di dollari di fatturato previsti nel 2005 nei 226 negozi sparsi in 33 Paesi al mondo. Ma il lavoro? È ambito, sicuro, ma tragicamente part-time. Per incontrovertibile scelta aziendale.

     

     

     

    «All’Ikea si sta bene, l’ambiente è giovane, dinamico ed informale – racconta Franz, dipendente di Genova – ma con contratti da 16 o da 18 ore settimanali nessuno ci tira la fine del mese. Abbiamo provato tutti a chiedere il tempo pieno, ma la risposta è sempre quella: non c’è spazio. Anche se in ogni reparto veniamo affiancati da nuove persone, prese a tempo determinato ma a ciclo continuo».

     

    Nei nove negozi che Ikea ha finora aperto in Italia lavorano poco meno di 5mila persone (saranno 10mila nel giro di cinque anni a seguito di nove nuove aperture). Escludendo responsabili e capi-reparto, la quasi totalità degli addetti è part-time, con percentuali che oscillano tra il 70% e l’80% della forza lavoro a seconda dei punti vendita considerati. «Se si escludono gli studenti che fanno solo i weekend – continua Franz – abbiamo tutti un secondo lavoretto, spesso in nero, per mettere insieme un normale stipendio mensile. Qualcuno fa il cameriere, qualcun altro l’imbianchino, niente di che: con gli orari irregolari e incostanti che abbiamo, è difficile conciliare due impieghi diversi».

     

    Tanto più che il problema non riguarda solo l’imposizione del part-time, ma anche le diseguaglianze e l’eccezionale brevità che lo caratterizzano. Innanzitutto tra vecchi e nuovi assunti passa lo spartiacque delle domeniche obbligatorie: per i primi sono previste due domeniche al lavoro su tre, pagate con una maggiorazione oraria del 130%; ai secondi sono imposti tutti i weekend del mese e con una maggiorazione oraria del 30%. «Alla fine del mese la differenza in busta paga tra i dipendenti della prima e dell’ultima ora supera anche i 200 euro» tira le somme Francesca, neo-assunta in uno dei negozi milanesi.

     

    Inoltre da Ikea molti contratti sono da 16 o 18 ore settimanali da ripartire solo su sabato e domenica, nei casi più fortunati da 20 o da 24 ore settimanali da ripartire su tre giorni. «I collaboratori con uno spiccato e sincero orgoglio d’appartenenza», come recita il cartello-obiettivi affisso nei locali riservati al personale, rischiano così di dover lasciare l’azienda a cui «orgogliosamente» appartengono: se agli addetti a 24 ore è assicurato uno stipendio mensile che non arriva ai 600 euro mensili, è facile immaginare quanto le altre retribuzioni a tempo parziale siano inadeguate per chi del proprio lavoro deve vivere.

     

    «È in fase di rinnovo il contratto integrativo del gruppo – spiega Flora Carlini, dirigente nazionale Filcams Cgil – per il quale stiamo cercando un accordo che alzi gli orari di lavoro dei dipendenti part-time. In particolare chiediamo contratti minimi da 20 ore settimanali, riservando quelli da 16 ai soli studenti che ne facciano richiesta. Purtroppo Ikea è tanto organizzata sul part-time quanto i suoi dipendenti vorrebbero ottenere un full-time piuttosto che cercarsi un secondo lavoro».

     

    La conferma arriva dal responsabile delle risorse umane di Ikea Italia, Alessandro Gallavotti: «Il part-time corrisponde ad una necessità dell’azienda. I nostri negozi sono aperti al pubblico sette giorni su sette a orario continuato, il che significa 80 ore settimanali a cui vanno aggiunte altre 60 ore settimanali a porte chiuse per il riempimento e la messa a punto dei negozi. Abbiamo inoltre dei picchi incredibili nel weekend, quando si presentano quotidianamente 20mila visitatori e siano anche costretti a chiudere l’affluenza per ragioni di sicurezza. La gestione di tanti part-time è molto complessa, ma è l’unica compatibile con le esigenze di questa azienda»

     

    

     

    Adesso viene il sospetto che faranno, in Regione FVG, una deroga, proprio per l'Ikea, ma auspico che la Magistratura sappia indagare a 360 gradi, indirizzando le bordate in Regione e presso il Comune di Villesse, dove chi doveva vigilare non lo ha fatto, e chiamano il Friuli "terra dei lavoratori"!

     

    In uno Stato di Diritto, l'ikea deve essere abbattuta, e le persone responsabili di questo scempio devono essere incriminate, finiamola con il buonismo.

     

    Il problema della mancanta V.I.A. e del rischio ambientale, è dovuto al fatto che l'Ikea sorge in prossimità di una falda acquifera ed in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, detta zona ZR.
    Morale, li non si poteva e doveva costruire, adesso tutti tremano, perchè l'altarino è stato scoperto e tutti hanno paura di rimanere impigliati.
    In uno Stato di Diritto, o in altre parti d'Italia questa mancanza della VIA, non è sanabile, innumerevoli casi ( Roma con delle villette ne 2010, ricordate il servizio di Stricia la Notizia?, San Felice del Circeo 2010, Brindisi) dimostrano che prima si sequestra e poi si abbatte.
    Ho affermato, in altre parti d'Italia, qui in Friuli si credono tutti migliori degli altri e fanno quasi tutto fuori norma, tanto il Politico di turno che mette a posto, si trova!

     

    M. Sc. Ettore Guido Basiglio Ribaudo

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