Campoformido: il dibattito sul possibile ampliamento dell’aerooporto


comandante Giuliano Mansutti
coordinatore di Aerohabitat CentroStudi
Roma

L’articolo “Il Comune: non ampliate l’aeroporto (di Campoformido)” del 16 gennaio (a firma Cristian Rigo) e la nota apparsa il 17 gennaio nelle pagine dedicate alle lettere al direttore del Messaggero Veneto (nella sezione Dibattito “Aeroporti grandi e piccoli il piano e la concorrenza” di Marco Ponti) rendono indispensabile uno specifico commento. Il contesto è sicuramente quello del Piano aeroporti nazionale, ma si confronta con l’urgenza di disporre anche nella regione Fvg non solo di una integrazione nel sistema Italia, ma soprattutto con l’indispensabilità di riflettere su congruità e compatibilità di un Piano aeroporti minori e/o aviosuperfici nel Fvg. La questione appare davvero rilevante per due fattori. Il primo rimanda all’inclusione di Ronchi dei Legionari tra gli aeroporti strategici del paese  quando appariva del tutto probabile la sua identificazione solo tra gli scali periferici e regionali (i volumi di traffico sono ben al di sotto del milione di passeggeri/anno), il secondo riguarda il finanziamento Enac (di 2,5 milioni di euro) per la ristrutturazione dello storico aeroporto ex aerobase di Udine Campoformido. Come appare evidente, infatti, se l’inclusione di Ronchi dei Legionari, probabilmente, è conseguente all’inquadramento dello scalo isontino nel polo aeroportuale del Nord-Est, gravitante sullo scalo di Venezia e Treviso, il sostegno di Enac, nel Piano degli aeroporti minori, un finanziamento ingente, ma correlato a un accordo di programma tra Regione Fvg con la stessa Enac, è finalizzato ad adeguamento e messa a norma e standardizzazione dell’infrastruttura aeroportuale di Campoformido. Ma questo è il punto e riguarda non solo il ruolo di Venezia scalo hub con Ronchi “satellite”, e si accompagna alla funzione di Campoformido quale scalo minore, interamente gestito dalla Regione secondo i recenti criteri di federalismo amministrativo. Il ruolo di Ronchi dei Legionari nel quadro dello studio “Sviluppo futuro della rete aeroportuale nazionale quale componente strategica dell’organizzazione infrastrutturale del territorio” sembra delineato, quanto precisato anche nei costi di co-marketing per il sostegno ai voli che comunque saranno a carico della stessa Regione. Assume un rilievo altrettanto significante poter disporre, anche a livello di regione, un piano di aeroporti e aviosuperfici regionali e quindi la definizione di un’eventuale collocazione storico-operativa di Campoformido, Gorizia e di restanti aviosuperfici e campi di volo. Entrambe le questioni, infatti, ruolo, costi e ruolo dello scalo Isontino, come quello della pista di volo dell’immediato hinterland della città di Udine, vanno risolte e contestualizzate in relazione a conformità e standard Icao-Enac-Eu dell’infrastruttura aeroportuale. Lo studio relativo al Piano aeroporti ha sviluppato valutazioni geo-politico-territoriali e di volumi di traffico, ma ha trascurato la verifica sugli standard delle infrastrutture aeroportuali. Non sembrerebbe essere stata svolta una qualche verifica di compatibilità e sostenibilità ambientale, tecnicamente, anche a livello regionale, per le piste di volo in Fvg. È noto che solo in seguito all’incidente di Linate del 2001 l’Italia ha avviato il recepimento materiale dell’Annesso 14 Aerodrome dell’Icao. È perciò ancora in corso l’adozione del Regolamento Enac relativo a costruzione ed esercizio delle infrastrutture aeroportuali, ovvero le piste di volo, anche quelle storiche (vedi Campoformido) quanto quelle incastrate tra agglomerati urbani e metropolitani (tra l’altro Linate, Ciampino, Capodichino, Treviso eccetera), devono essere verificate sulla rispondenza non solo nell’impatto acustico, ma nei Piani di rischio, le cosiddette Public safety zone, per incidente aeronautico. Perciò ecco che le considerazioni e gli interrogativi posti dal sindaco di Campoformido, in aggiunta alla compatibilità ambientale – impatto acustico, atmosferico, sistema fognario, tutela acque reflue e altro – è una richiesta del tutto legittima e dovuta. Un’operazione scontata e obbligata per un amministratore pubblico. Le piste storiche di 1º e 4º Stormo dell’Aeronautica italiana, vanto e gloria della storia dell’aviazione italiana, andranno commisurate e verificate sugli standard Enac, Ue e Icao anche in relazione alle edificazioni sorte (e autorizzate) in primo e secondo dopoguerra. «Gli aeroporti piccoli fanno certo più fatica a far tornare i conti – sostiene Marco Ponti – perché un piccolo scalo, nonostante disponga di attrezzature di sicurezza simili a quelle di uno maggiore», deve essere gestito, ma chi paga? Chi sostiene, chi finanzia la messa a norma di due scali “storici” ex militari del Fvg come Gorizia e Campoformido? Che fine ha fatto, fra l’altro, la società Aeroporto di Gorizia, quali prospettive riguarderanno il recupero funzionale dell’ex aeroporto militare di Campoformido? Il supporto della Regione al Progetto parco del volo ha dato risultati? Quale ruolo hanno assunto l’Aeroclub Fareast e l’Istituto Malignani? Ma perché assegnare a questi due soggetti questo compito? Perché è stato escluso l’Aeroclub friulano quando quest’ultimo sembra essere l’unico aeroclub aderente all’Aeroclub d’Italia della provincia di Udine? Perciò l’unico aeroclub titolato, eventualmente, a esercitare il trasferimento del sedime ex militare di Campoformido e perciò dell’area ex esercito. Ancora altri interrogativi. A quanto ammontano i finanziamenti già spesi per il Progetto parco del volo? Chi li ha gestiti? Con quale finalità? Il rischio che la gestione dell’ex sedime militare possa ripetere l’esperienza di Gorizia non è forse palpabile? Il futuro aviation del Fvg, in termini storici di recupero architettonico, le prospettive dell’aviazione generale e il riassetto e la fruibilità dell’aviazione commerciale, ma anche delle aziende e della formazione e di cultura aeronautica, anche dopo la riforma Gelmini, va inevitabilmente ripensato e programmato. L’inevitabile acquisizione dello scalo commerciale isontino da parte della Save di Venezia, l’ingente supporto co-marketing per i collegamenti low cost da Ronchi (in carico alla Regione), probabilmente anche di quello per il volo per Linate e Genova, il trasferimento a Verona di Air Dolomiti, dopo il fallimento di vettori insediatisi a Ronchi dei Legionari, il mancato insediamento di un Istituto aeronautico superiore in analogia a quanto autorizzato in altre regioni, determinano una serie di evidenze e un quadro di prospettive che deve essere ripensato. Occorre quindi poter ripartire da un coerente e sostenibile Piano di aeroporti minori e aviosuperfici del Fvg. Valutare innanzi tutto se l’impatto delle infrastrutture storiche di piste e aerobasi ex militari (Gorizia e Campoformido) sia compatibile con le rigorose norme e gli standard del terzo millennio, se esista infine una sostenibilità ambientale, territoriale e sociale. Oltre alle sostenibilità dei costi della stessa operazione da parte della Regione. Vanno sicuramente esaminati anche l’eventuale ruolo e il supporto alle aziende aeronautiche di velivoli ultraleggeri in Fvg quali Fly Shintesis e Alpi Aviation e, inevitabilmente, alla certificazione della rete delle aviosuperfici e dei suoi intraprendenti gestori<br />