Carnia: commercio, la soluzione è «Tasse diverse per le frazioni»?

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di Gino Grillo.

Se in molti paesi della Carnia il commercio montano è in difficoltà (si pensi allo sfogo del sindaco di Forni di Sopra sui negozi che continuano a chiudere), il sindaco di Arta Terme, Marlino Peresson, affronta la situazione in modo diverso. La sua amministrazione ha tenuto conto delle differenze fra i negozi nel capoluogo e quelli nelle più lontane e spopolate frazioni, applicando aliquote differenziate, nell’ambito consentito dalla legge, ma sostenendo alla fine «che questa è solo una piccola goccia per non spopolare completamente i paesi più montani» e che sarebbero necessari «interventi provenienti da enti più in alto di quelli comunali». Regione e Comunità montana della Carnia hanno provveduto anche quest’anno a concedere contributi al piccolo commercio della montagna. «Non si tratta di un vero contributo – avvisa Lino Not, commissario straordinario dell’ente sovracomunale – ma di un rimborso alle aziende per le spese di contabilità sostenute durante l’anno». Per il secondo anno consecutivo sono stati posti in bilancio circa 170 mila euro che sono andati a finanziare 119 domande di piccole aziende situate in tutto il territorio della Carnia. Un apposito complesso regolamento regola questi stanziamenti, che sostanzialmente prevede che si possano considerare meritevoli della partecipazione al bando, che viene emesso ogni anno, tutte le aziende commerciali insistenti nei comuni con meno di 3 mila residenti. In pratica tutta la Carnia, Tolmezzo escluso con i suoi quasi 10 mila abitanti. «La frazione di Fusea però – spiega il commissario – fa parte di quelle zone ammesse al contributo, in quanto vengono tenute in conto anche diverse fasce di reddito complessivo del territorio». Così capita che Enemonzo e Villa Santina ne siano esclusi, ma che nel computo entrino le aziende che operano nelle frazioni. «Solo due domande sono state escluse – ammette Not – in quanto le aziende che li avevano presentati non rispettavano i parametri previsti nel bando». Altro parametro: bar, pubblici esercizi, distributori di carburanti, negozi con altre merceologie, tabacchini e generi di monopolio non devono superare un giro d’affari di 50 mila euro annui, mentre i negozi che trattano l’alimentare, fornai compresi, debbono essere sotto la soglia dei 90 mila euro.